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Anziani e memoria: il problema dei falsi ricordi

Nella vecchiaia, oltre al problema della perdita della memoria, si assiste alla formazione di falsi ricordi nel cervello.

Di Martina Bandera

Pubblicato il 04 Apr. 2018

Un problema comune nella vecchiaia è la progressiva perdita della memoria ma ora un team di ricercatori della Penn State University ha suggerito che un ulteriore problema è rappresentato dai falsi ricordi.

 

I falsi ricordi nella vecchiaia

Con la vecchiaia il nostro cervello è più propenso a utilizzare un tipo specifico di memoria, chiamata memoria schematica che permette di ricordare lo schema ovvero il senso generale di un evento ma non i suoi dettagli. Questa modalità tuttavia può portare a difficoltà nel distinguere tra il ricordo di un avvenimento realmente accaduto e il ricordo di un qualcosa che la persona pensa sia accaduta ma che in realtà non si è realizzata: un falso ricordo.

Il cervello riceve continuamente migliaia di informazioni e una memoria efficiente aiuta a organizzare tutti questi dati; le persone anziane si affidano troppo agli schemi per recuperare le informazioni e questo li condurrebbe a credere ai falsi ricordi portandoli ad una maggior confusione.
Così come le persone invecchiano fisicamente in modo diverso, anche nell’invecchiamento cerebrale le differenze individuali ricoprono un ruolo importante soprattutto nel modo in cui i soggetti recuperano i falsi ricordi.

Nancy Dennis co-autrice dello studio ha dichiarato “Se vogliamo davvero capire i problemi legati alla memoria nell’invecchiamento, dobbiamo comprendere i falsi ricordi. Ciò che abbiamo scoperto in laboratorio è che quando si osserva l’attività cerebrale durante il recupero dei ricordi nei soggetti anziani, assistiamo ad un aumento dell’attività nel giro temporale medio o superiore che è la sede dei falsi ricordi”.

I ricercatori hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per monitorare l’attività cerebrale di un gruppo di anziani con un’età media di 75 anni. Ai partecipanti è stato richiesto di memorizzare 26 diverse immagini ritraenti scenari comuni. Successivamente sono state mostrate immagini di oggetti raggruppati in tre categorie: oggetti presenti nella scena mostrata precedentemente, oggetti relativi allo scenario mostrato ma non rappresentati nelle immagini e oggetti non comunemente associati alla scena target. Il team di ricerca ha chiesto quindi agli anziani quali oggetti, secondo loro, erano presenti nelle immagini al fine di determinare se i soggetti ricordavano correttamente l’informazione o avevano creato un falso ricordo.

I risultati hanno mostrato attivazioni dell’ippocampo durante il recupero delle informazioni, in particolar modo diverse sub-regioni, di questa parte del cervello, potrebbero essere responsabili dell’elaborazione e del recupero dei ricordi relativi agli oggetti realmente osservati nella scena e anche dei falsi ricordi. I ricercatori hanno osservato inoltre che l’elaborazione della memoria si verificava in una diversa sub-regione dell’ippocampo, spostandosi dalla parte anteriore (tipica dei soggetti giovani) a quella posteriore (osservata nel gruppo sperimentale) suggerendo quindi differenze correlate all’età.

Dennis ha concluso “Se l’età è l’unica spiegazione alle differenze interindividuali trovate non c’è molto che possiamo fare, ma se invece lo schema influenza la memoria creando i falsi ricordi, come i risultati cerebrali mostrano, potremmo essere in grado in futuro di sviluppare interventi che permettano agli anziani di concentrarsi maggiormente sui dettagli allontanandosi dall’utilizzo della sola memoria schematica e riducendo così i falsi ricordi”.

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