Il gruppo di ricerca EXPLORA della Ghent University in Belgio mostra come la risposta più bassa del cervello all’udire il proprio nome non sia presente solo nei bambini a rischio di una diagnosi di autismo, ma anche negli adulti con una diagnosi di autismo. Lo studio è stato condotto dalla dottoranda Annabel Nijhof, sotto la supervisione dei professori Roeljan Wiersema e Marcel Brass. Questo studio non era mai stato condotto prima in individui adulti con una diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
La risposta cerebrale di chi è affetto da autismo quando sente il proprio nome
Solitamente quando si sente qualcuno pronunciare il proprio nome, a prescindere dal luogo in cui si trova, scatta una risposta orientativa forte e questo è considerato un aspetto importante e di successo per quanto riguarda le interazioni sociali. Le persone percepiscono l’udire il proprio nome come l’intenzione di un altro individuo di attirare la propria attenzione.
Studi precedenti hanno dimostrato come i bambini che sono a rischio di una diagnosi di autismo rispondono meno di fronte all’ascolto del proprio nome.
Questo potrebbe essere dovuto proprio al fatto che i sintomi principali del disturbo dello spettro autistico (ASD) riguardano l’interazione sociale e la comunicazione. Ed è proprio una diminuita risposta orientativa all’ascolto del proprio nome uno dei più forti predittori per lo sviluppo di un disturbo dello spettro autistico.
Il gruppo di ricerca EXPLORA della Ghent University in Belgio mostra come la risposta più bassa del cervello all’udire il proprio nome non sia presente solo nei bambini a rischio di una diagnosi di autismo, ma anche negli adulti con una diagnosi di autismo.
Lo studio è stato condotto dalla dottoranda Annabel Nijhof, sotto la supervisione dei professori Roeljan Wiersema e Marcel Brass. Questo studio non era mai stato condotto prima in individui adulti con una diagnosi di disturbo dello spettro autistico.
Lo studio
Lo studio si è occupato del confronto tra un gruppo di adulti con disturbo dello spettro autistico e un gruppo di controllo, costituito da adulti senza una diagnosi di autismo.
I partecipanti allo studio sono stati posti in uno scenario sperimentale nel quale, mentre veniva registrata la loro attività cerebrale, venivano pronunciati i nomi propri dei soggetti, il nome di altri sconosciuti ed il nome di persone conosciute, senza che fosse chiesto loro di rispondere a questi richiami.
Risultati
Dai risultati è emerso che, come previsto, nei soggetti senza disturbo dello spettro autistico la risposta cerebrale all’udire il proprio nome, rispetto all’udire il nome di altri adulti, era molto più forte. Ma per quanto riguarda i soggetti con diagnosi di autismo questo effetto preferenziale nei confronti del proprio nome era totalmente assente.
A livello cerebrale, questa differenza del gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo era correlata ad una diminuita attività della giunzione temporale-parietale destra.
Studi precedenti si sono occupati di collegare la giunzione temporale-parietale destra ai processi di distinzione sé-altro e di mentalizzazione degli stati mentali altrui, processi esperiti diversamente dai soggetti con diagnosi di autismo, rispetto a soggetti senza questo tipo di diagnosi.
Applicazione dello studio
Questo studio è stato il primo a dimostrare la diversità di risposta nel cervello di adulti con disturbo dello spettro autistico all’udire il proprio nome, indicativi di deficit centrali nei processi di distinzione sé-altro, associati ad una disfunzione della giunzione temporale-parietale destra.
Questi risultati sono dunque molto importanti per aprire una serie di studi sulla possibilità di utilizzare la risposta neurale atipica al proprio nome come potenziale marker biologico dei disturbi dello spettro autistico.