Secondo uno studio finanziato da Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) e dal National Institute of Mental Health (NIMH), utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI) è possibile identificare i pattern di attivazione delle connessioni cerebrali ai fini di una diagnosi precoce dell’ autismo.
Conoscere le funzioni cerebrali del bambino può essere utile per prevedere con precisione quali neonati ad alto rischio potrebbero essere diagnosticati come affetti da autismo.
Secondo uno studio finanziato da Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development (NICHD) e dal National Institute of Mental Health (NIMH), utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI) è possibile identificare i pattern di attivazione delle connessioni cerebrali ai fini di una diagnosi precoce del disturbo autistico; infatti, l’autore dello studio Emerson e colleghi, hanno potuto prevedere con maggior accuratezza se un bambino di 6 mesi avrebbe sviluppato autismo a 24 mesi di età.
Le caratteristiche dell’autismo
Il disturbo dello spettro autistico (DSA) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da deficit nella comunicazione, nell’interazione sociale e da pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi che emergono tipicamente verso i 24 mesi di età.
L’autismo colpisce circa 1 su 68 bambini negli Stati Uniti. I fratelli dei bambini con diagnosi di autismo hanno un rischio maggiore di sviluppare tale disturbo. Anche se la diagnosi e l’intervento precoce potrebbero contribuire a migliorare i risultati a lungo termine, attualmente non esiste alcun metodo per diagnosticare la malattia prima che i bambini mostrino i sintomi comportamentali.
Come dichiarato da Diana Bianchi, Direttrice NICHD, studi precedenti hanno dimostrato che le anomalie neuroanatomiche tipiche dell’autismo si strutturano prima che emergano i sintomi comportamentali tipici, di conseguenza, se studi futuri confermeranno questi risultati, la rilevazione delle differenze cerebrali potrà consentire ai medici di diagnosticare e trattare l’autismo precocemente.
La fMRI per individuare precocemente l’autismo
In un recente studio pubblicato su Science Translational Medicine, un team di ricercatori dell’University of North Carolina a Chapel Hill e Washington University School of Medicine in St. Louis, si è concentrato sulla connettività funzionale del cervello studiando come le regioni cerebrali lavorino insieme durante lo svolgimento di diversi compiti e durante la condizione di riposo in neonati di 6 mesi ad alto rischio.
Utilizzando l’fMRI su 59 bambini di 6 mesi con un elevato rischio familiare per Disturbi dello Spettro Autistico (aventi cioè fratelli maggiori affetti da autismo) è stato possibile effettuare le scansioni cerebrali mentre i neonati erano in una condizione di riposo naturale. Essi sono stati ritenuti ad alto rischio perché avevano dei fratelli più grandi affetti da autismo.
All’età di 2 anni, 11 dei 59 neonati di questo gruppo sono stati diagnosticati con tale disturbo.
I ricercatori hanno utilizzato una tecnologia computerizzata dotata di un algoritmo basato su un “apprendimento automatico”, addestrato per separare i risultati delle immagini funzionali in due gruppi “con autismo” e “senza autismo” e per prevedere diagnosi future. Questo metodo ha identificato l’82% dei neonati che avrebbero sviluppato autismo (9 su 11) ed ha identificato correttamente tutti i neonati che non lo avrebbero sviluppato.
Un’altra analisi ha testato quanto questi risultati possano effettivamente essere applicati anche ad altri casi e l’esito raggiunto mostra che il programma automatico è in grado di prevedere diagnosi per gruppi di 10 neonati con un’accuratezza pari al 93%.
In conclusione, dallo studio i ricercatori hanno trovato 974 connessioni funzionali cerebrali in neonati di sei mesi associati a comportamenti correlati con l’autismo (comportamento sociale, linguaggio, sviluppo motorio e comportamento ripetitivo). I risultati suggeriscono che una singola scansione fMRI possa prevedere accuratamente l’autismo tra i neonati ad alto rischio.
Queste evidenze dovranno, tuttavia, essere replicate su campioni molto più ampi ma rappresentano già un passo importante verso la precoce individuazione di soggetti con autismo prima che sviluppino i caratteristici sintomi comportamentali. In futuro, le neuroimmagini potranno essere uno strumento utile a supportare la diagnosi di autismo e di conseguenza, aiutare il medico curante a valutare il rischio di sviluppare l’autismo in bambini in età precoce.