La robotica è l’insieme delle discipline che si pongono come obiettivo la costruzione di esseri artificiali; e non tutte queste discipline hanno caratteristiche esclusivamente tecnologiche. Così come le scienze della vita si interessano dello studio degli organismi viventi, così la robotica si propone di costruire e progettare esseri artificiali mutuando da scienza e tecnologia suggestioni e competenze di cui ha bisogno.
«Nello specifico i comportamenti del robot sono le predizioni derivate dalla teoria usata per costruire il robot e, se il robot si comporta come un essere umano, la teoria è confermata.»
Parisi (2013)
Parole chiave: robotica, robot, automa, intelligenza artificiale, psicologia del senso comune, biomimetismo, mentalizzazione.
La differenza tra biologico e artificiale è spesso percepita dal senso comune come una battaglia in cui l’ordine sociale si decompone insieme ai cadaveri: incendi, fame, carestie, sofferenza, terrore e morte. Scenari che legano inconsci presagi di un “mondo messo a fuoco” da una sorta di “razzismo” artificiale: il robot contro la specie umana.
Le nostre paure provengono soprattutto da una non definita descrizione di cosa sia (e, quindi, cosa può fare) un robot.
In realtà, dagli stupendi automi meccanici del Settecento, fatti di legno e cuoio, ai cagnolini-robot per l’intrattenimento della Sony, ogni epoca ha avuto i robot che sono l’espressione più elevata del particolare momento tecnologico in cui sono stati costruiti (Metta, Sandini, Tagliasco, 2012).
In cosa consiste la robotica
La robotica è l’insieme delle discipline che si pongono come obiettivo la costruzione di esseri artificiali; e non tutte queste discipline hanno caratteristiche esclusivamente tecnologiche. Così come le scienze della vita si interessano dello studio degli organismi viventi, così la robotica si propone di costruire e progettare esseri artificiali mutuando da scienza e tecnologia suggestioni e competenze di cui ha bisogno.
La robotica spesso si è ispirata, più o meno consciamente, alla biologia [Biomimetismo]. A volte ha cercato di emulare le prestazioni più sofisticate dell’essere umano (sfruttando la mediazione dell’intelligenza artificiale); altre volte ha tratto ispirazione da organismi relativamente semplici (richiamandosi alla prima cibernetica e alle reti neurali).
La robotica autonoma è la scienza che studia i metodi per progettare e realizzare robot intelligenti in grado di svolgere dei compiti utili, di un certo livello di difficoltà, interagendo in un ambiente fisico senza richiedere l’intervento umano. Trae fortemente ispirazione dai sistemi autonomi naturali dato che sono i sistemi autonomi per antonomasia e sono in grado di svolgere in modo efficace una grande varietà di compiti in ambienti complessi e ostili. In alcuni casi, infatti, lo sviluppo di robot autonomi ha l’obiettivo di costruire delle macchine artificiali con caratteristiche fisiche e comportamentali analoghe agli organismi naturali, accrescendo così lo studio e la comprensione dei principi alla base dell’intelligenza biologica naturale e dei processi cognitivi e comportamentali degli organismi, tra cui animali e l’uomo (Carboni, 2002).
Possibili definizioni di robot
In realtà, la definizione di robot, è talmente ampia che anche un forno a micro-onde può essere considerato un robot. Altri studiosi, come Mackworth (1977), presidente della American Association for Artificial Intelligence, ritengono che i robot debbano avere uno scopo, ed agire in accordo ad esso.
Brooks (1986) ritiene:
«Per me un robot è qualcosa che ha qualche effetto fisico sul mondo, ma lo fa in base a come si percepisce il mondo e come il mondo cambia intorno ad esso. Si potrebbe dire che la lavastoviglie è un sistema robotico per i piatti di pulizia (…) Innanzitutto non ha alcuna azione di fuori dei confini del suo corpo. In secondo luogo, non conosce i piatti al suo interno (…) Non ha una comprensione del mondo che lo circonda in qualsiasi tipo di modo significativo».
I punti critici, per Brooks, sono quindi la possibilità di agire sul mondo, la capacità di percepirlo e, in definitiva essere situato nel mondo e percepirlo.
Wooldridge e Jennigs (1995), elencano le tre caratteristiche più importanti dei sistemi intelligenti: 1) Reattività: gli agenti intelligenti percepiscono l’ambiente e sanno rispondere ai cambiamenti che occorrono per raggiungere gli obiettivi fissati. 2) Proattività: gli agenti intelligenti sono capaci di comportamenti finalizzati all’obiettivo anche prendendo autonomamente l’iniziativa. 3) Abilità sociali: gli agenti intelligenti sono capaci di comunicare con altri agenti per raggiungere gli obiettivi.
Ma forse la migliore definizione è quella di Engelberger (2012), considerato uno dei padri della robotica, che, intervistato, disse «Non so definire cosa sia un robot, ma lo so riconoscere quando ne vedo uno!».
Una frase che rimanda al concetto di “mentalizzazione” e, dunque, alla predisposizione umana di attribuire al robot una forma di consapevolezza in cui, il robot avendo una mente, potrà dedurre a sua volta che altri l’abbiano (Lombardo, 2017); si richiama così a fine articolo lo scenario iniziale: il binomio di possibilità ha radice nella domanda “A cosa può servire tale consapevolezza?”. In altri termini il robot, essendo dotato di una mente – ovvero, comportandosi come l’uomo – sarà al servizio di esso o contro la specie umana?