expand_lessAPRI WIDGET

Valutare l’ attaccamento adulto: l’Adult Attachment Interview – Introduzione alla Psicologia

L' Adult Attachment Interview è un'intervista che definisce i modelli rappresentativi interni del sé e delle figure di attaccamento in età adulta.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 21 Set. 2017

Adult Attachment Interview: George, Kaplan e Main (1987), sulla base dei tre pattern di attaccamento, hanno ipotizzato la possibilità di differenziare i modelli di attaccamento adulto. Per questo, hanno sviluppato uno strumento, l’ Adult Attachment Interview, questionario semi-strutturato in cui si registrano le interviste che saranno classificate secondo diversi parametri. L’ Adult Attachment Interview ha permesso di definire tre modelli rappresentativi interni del sé e delle figure di attaccamento in età adulta e conseguentemente consente una classificazione degli adulti in altrettante categorie

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

 

L’ attaccamento adulto e i modelli operativi interni

Per John Bowlby i legami emotivamente sicuri hanno un valore fondamentale per la sopravvivenza.
Bowlby teorizzò che i bambini, durante i primi anni di vita, partendo da esperienze relazionali precoci costruiscono dei “Modelli Operativi Interni” (MOI). I MOI sono strutture cognitive che guidano le relazioni sociali modellando la percezione sociale e il comportamento.
Queste rappresentazioni interne tendono a persistere nel tempo, sebbene nuove esperienze potrebbero trasformare i modelli esistenti modificandoli (Vaughn, Egeland, Sroufe e Waters, 1979).

Mary Ainsworth (1982), più tardi, è riuscita a supportare la teoria di Bowlby con dati empirici, e per prima individuò tre distinti pattern di attaccamento attraverso una situazione appositamente ideata in laboratorio: la Strange Situation Procedure (SSP).

La Ainsworth, dall’osservazione di gruppi di bambini che si ricongiungevano alla madre dopo essere stati separati, individuò un primo gruppo di bambini che manifestava sentimenti positivi verso la madre, un secondo che mostrava relazioni marcatamente ambivalenti ed un terzo intratteneva con la madre relazioni non espressive, indifferenti o ostili.

In un secondo momento, Main e Solomon (1990) hanno introdotto una quarta categoria, relativa ai bambini che, al momento del ricongiungimento con la madre, manifestavano comportamenti non riconducibili a nessuno dei tre pattern descritti. In questa categoria i bambini erano disorientati e confusi sia nelle intenzioni sia nei comportamenti. Per questo, tale pattern venne definito attaccamento disorganizzato/disorientato.

Questi pattern comportamentali infantili furono validati da numerose osservazioni longitudinali, raccolte sugli stessi soggetti. Ainsworth evidenziò che le madri dei bambini sicuri tendono a fornire adeguate risposte ai segnali dei loro bambini; le madri dei bambini evitanti, invece, tenderebbero a essere fredde e poco accoglienti, mentre le madri dei bambini ansiosi sarebbero inadeguate nelle risposte.

I bambini sviluppano entro i primi 8 mesi di vita uno stile di attaccamento, che si completa entro il loro secondo anno. L’indicatore per eccellenza che il legame di attaccamento è stabilito, si identifica nell’angoscia da separazione. Possono anche verificarsi attaccamenti multipli, che nel corso dello sviluppo sono suscettibili di variazioni.

Non è chiaro quando avvenga esattamente il passaggio dall’attaccamento genitoriale a quello tra i pari. Nell’adolescenza, però, l’attaccamento attraversa un periodo di transizione. L’adolescente si allontana intenzionalmente dalla relazione con i genitori e familiari, per costruire relazioni nuove con coetanei, relazioni amicali e amorose.

Negli anni ‘80 i modelli derivati dalla Strange Situation di Ainsworth, Blehar, Waters e Wall (1978), hanno stimolato un filone di studi sull’attaccamento delle relazioni adulte. L’assunto di base da cui si partì era che i MOI si costituiscono in base alle esperienze reali che i bambini hanno con le figure di attaccamento (Bowlby, 1973). I bambini, dunque, interiorizzano questi modelli che, successivamente, diventeranno la base sulla quale costruire le relazioni nell’età adulta.

Secondo Weiss (1982), l’ attaccamento adulto e quello dei bambini sono diversi tra loro. Infatti, l’attaccamento infantile è “complementare” perché la figura di attaccamento offre cure ma non ne riceve, mentre il bambino cerca, ma non offre, sicurezza. Al contrario, l’ attaccamento adulto dovrebbe essere tipicamente reciproco: entrambi i partner danno e ricevono protezione. Inoltre, per l’adulto, la figura di attaccamento è un pari e, ancora, nelle relazioni amorose è implicata anche la sfera della sessualità. Le relazioni amorose sono le relazioni di attaccamento più importanti della vita adulta (Brown e Harris, 1978; Quinton, Rutter e Liddle, 1984).

Hazan e Shaver (1987) sostengono che nell’età adulta l’amore sia simile al sentimento provato dal bambino per la madre. Ipotizzano, inoltre, che i tre pattern di attaccamento della Ainsworth si ripresentino anche nelle relazioni di coppia e le differenze individuali determinino le differenti modalità con cui i soggetti si rappresentano le relazioni di attaccamento sviluppate durante l’infanzia.

L’ Adult Attachment Interview

George, Kaplan e Main (1987), sulla base dei tre pattern di attaccamento, hanno ipotizzato la possibilità di differenziare i modelli di attaccamento adulto. Per questo, hanno sviluppato uno strumento, l’ Adult Attachment Interview, questionario semi-strutturato in cui si registrano le interviste che saranno classificate secondo diversi parametri. L’ Adult Attachment Interview ha permesso di definire tre modelli rappresentativi interni del sé e delle figure di attaccamento in età adulta e conseguentemente consente una classificazione degli adulti in altrettante categorie:

Adulti Sicuri (“F”, free): sono soggetti che mostrano valutazioni coerenti nella narrazione delle loro esperienze, anche in presenza di un’infanzia difficile o segnata da eventi traumatici.
Dimostrano di aver libero accesso ai ricordi dell’infanzia, non hanno pregiudizi e non operano una selezione di quello che viene riferito. Presentano consapevolezza del passato e raccontano facilmente anche eventi spiacevoli.

Adulti Distanzianti (“Ds”, dismissing): sono soggetti che tendono a fornire descrizioni generalizzate dei propri genitori ma non riescono a supportare tali definizioni con ricordi specifici. Se è presente il ricordo di un’esperienza difficile, a questa è attribuito scarso o nessun peso nella vita.
Hanno uno stile narrativo economico e scarno delle loro esperienze infantili e dai loro racconti è difficile individuare le emozioni sottostanti.

Adulti Preoccupati (“E”, entangled): sono soggetti ancora fermi con i ricordi alle esperienze precoci con i propri genitori che descrivono estensivamente ma con modalità incoerente e confusa. Dai loro racconti si evince un’inversione di ruolo con i propri genitori che non costituiscono pertanto una base sicura. Presentano una seria difficoltà a definire le emozioni.

Esistono anche altre due possibili codifiche derivanti dall’ Adult Attachment Interview:

Adulti Irrisolti (“U”, unresolved): sono soggetti che non hanno risolto le esperienze traumatiche legate all’attaccamento, possono presentarsi coerenti nei loro racconti, ma fanno affermazioni decisamente non plausibili a proposito delle cause e delle conseguenze di eventi traumatici, quali
la perdita di una figura di attaccamento.

– Non classificabile (CC, cannot classify): utilizzata per descrivere i trascritti delle interviste che non soddisfano pienamente i criteri per l’inserimento in una delle tre categorie “centrali” dell’attaccamento.

Un ulteriore approfondimento delle rappresentazioni di attaccamento fu compiuto da Bartholomew. Bartholomew (1990) mise in evidenza l’importanza di considerare l’effetto dell’immagine interna che ciascuno ha di sé e degli altri sulle rappresentazioni di attaccamento, in linea con il pensiero di Bowlby (1973), sapendo che i modelli operativi interni differiscono proprio in termini di immagine di sé e degli altri. Partendo da questo presupposto, Bartholomew individuò quattro modalità prototipiche di attaccamento derivanti dalla combinazione dei due livelli di immagine di sé (positiva e negativa) con i due livelli di immagine degli altri (positiva e negativa).

Quindi, i quattro prototipi di attaccamento individuati da Bartholomew sono:
(a) Prototipo Sicuro: deriva da una equilibrata combinazione tra intimità e autonomia. I soggetti
sicuri affrontano le relazioni con facilità in quanto in essi la sensazione di essere amabili (immagine positiva di sé) si combina perfettamente con l’idea che le persone sono in genere ben disposte e sensibili.
(b) Prototipo Preoccupato: indica livelli di preoccupazione elevati per le relazioni. I soggetti preoccupati tendono ad essere estremamente bisognosi di sostegno e di attenzione; a livello comportamentale ed emotivo sono instabili e ipersensibili. Inoltre sono portati a svalutarsi e ad essere eccessivamente dipendenti dall’approvazione altrui, tendendo ad idealizzare gli altri.
(c) Prototipo Distaccato/Svalutante: indica la negazione dell’intimità. I soggetti evitanti di tipo distaccato/svalutante esprimono esageratamente indipendenza e invulnerabilità; hanno una visione negativa degli altri rispetto ad una percezione positiva di se stessi. Per mantenere questa immagine positiva si distanziano emotivamente dagli altri e, con il tempo, sono portati a vedersi come pienamente autonomi. Pertanto essi raggiungono l’autonomia e il sentimento di autostima a spese dell’intimità.
(d) Prototipo Timoroso: indica la paura dell’intimità. I soggetti timorosi hanno una visione negativa sia di se stessi, sia degli altri; desiderano il contatto sociale e l’intimità, ma non si fidano degli altri e ne temono il rifiuto, per cui evitano le situazioni sociali.

A ogni prototipo è possibile avvicinarsi per gradi, poiché la maggior parte degli individui mostra più modalità di attaccamento durante l’arco della vita.
Bartholomew (1993) creò il Relationship Scale Questionnaire, per valutare la presenza delle quattro modalità prototipiche di attaccamento adulto.

 

Realizzato in collaborazione con la Sigmund Freud University, Università di Psicologia a Milano

Sigmund Freud University - Milano - LOGORUBRICA: INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ainsworth, M. D. S., Blehar, M., Waters, E. e Wall. S. (1978). Patterns of attachment: A psychological study ofthe Strange Situation. Hillsdale, NJ: Earlbaum.
  • Ainsworth, M. D. S. (1982). Attachment: Retrospect and prospect. In C. M. Parkers e J. Stevenson-Hinde (a cura di), The piace of attachment in human behavior (pp. 3-30). New York: Basic Books.
  • Barholomew, K. (1990). Avoidance of intimacy: An attachment perspective. Journal of Social and Personal Relationships, 7, 147-178.
  • Bartholomew, K. (1993). From childhood to adult relationship: attachment theory and research. In: S. W. Duck, (a cura di) Learning about relationships (pp. 30-62). London: Sage.
  • Bartholomew, K. (1997). Adult attachment processes: individual and couple perspectives. British Journal of Medical Psychology,70, 249-163.
  • Barholomew, K. e Horowitz, L.M. (1991). Attachment Styles Among Young Adults: A Test of a Four-Category Model. Journal of Personality and Social Psychology, 6, 2, 226-244.
  • Bartholomew, K. e Horowitz, L.M. (1995). Analisi di un modello a quattro categorie. In L. Carli (a cura di), Attaccamento e Rapporto di Coppia (pp. 229-273). Milano: Cortina.
  • Bowlby, J. (1973). Attachment and loss, Vol. 2: Separation. New York: Basic Books (Trad. it. Attaccamento e perdita, Vol. 2: La separazione dalla madre. Torino: Boringhieri, 1975).
  • Bowlby, J. (1980). Attachment and loss, Vol. 3: Loss. New York: Basic Books (Trad. it. Attaccamento e perdita, Voi. 3: La perdita della madre. Torino: Boringhieri, 1983).
  • Bowlby, J. (1982). Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Bowlby, J. (1988): Dalla teoria dell’attaccamento alla psicopatologia dello sviluppo, Rivista di Psichiatria, 2.
  • Brown, G. W. e Harris, T. (1978). Social origins of depression. London: Tavistock.
  • Cotugno, A., Intreccialagli, B. (a cura di) (1994). La coscienza e i suoi disturbi, Melusina Editrice, Roma.
  • George, C., Kaplan, N., Main, M. (1987). The adult attachment interview. University of California, Berkeley. Manoscritto non pubblicato
  • Hazan, C. e Shaver, P. R. (1987). Conceptualizing romantic love as an attachment process. Journal of Personality and Social Psychology, 52, 511-524.
  • Main, M. e Solomon, J. (1990). Procedures for identifying infants as disorganised/disoriented during the Ainsworth Strange Situation. In M. Greenberg, D. Cicchetti e E. M. Cummings (a cura di) Attachment in the pre-school-years (pp. 161-182). Chicago: university Press
  • Main, M., Kaplan, N. e Cassidy (1985). Security in infancy, childhood and adulthhood: A move to a level of representation. In I. Bretherton e E. Waters (a cura di), Growing points of attachment theory and research. Monographs of the Society for Reserach in Child Development, Vol. 50 (pp. 66-104). Chicago: University of Chicago Press.
  • Quinton, D., Rutter, M. e Liddle, C. (1984). Istitutional rearing, parenting difficulties and marital support. Psychological Medicine, 14, 107-124.
  • Van Ijzendoorn, M. H. (1992). Integenerational transmission of parenting: A review of studies of nonclinical populations. Development Review, 12, 76-99.
  • Vaughn, B., Egeland, B., Sroufe, L. A. e Waters, E. (1979). Individual differences in infant- mother attachment at twelve and eighteen months: Stability and change in families under stress. Child Development, 50, 971-975.
  • Weiss, R. S. (1982). Attachment in adult life. In C. M. Parkes e J. Stevenson-Hinde (a cura di), The piece of attachment in human behaviour (pp. 171-184). New York: Basic Books.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
I motivi per studiare la psicologia - Introduzione alla psicologia
I motivi per scegliere di studiare psicologia – Introduzione alla psicologia

Gli studi di psicologia permettono di acquisire una serie di competenze diverse che variano dal comportamento osservato alla fisiologia del cervello.

ARTICOLI CORRELATI
Separazioni e impatto sul benessere psico-fisico dei minori

Le separazioni sono una realtà sempre più diffusa e l’impatto sui figli e sulla loro salute psico-emotiva resta innegabile

Conversazioni con Giovanni Liotti su trauma e dissociazione Volume 2 (2024) – Recensione

Ardovini, La Rosa e Onofri ci propongono un distillato del pensiero di Liotti sulla centralità dell’alleanza nella relazione terapeutica

cancel