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Terapie solidali supervisionate: alla ricerca dell’identità professionale

La Scuola Cognitiva di Firenze offre la possibilità di terapie solidali condotte da specializzandi in formazione supervisionati da terapeuti esperti.

Di Guest

Pubblicato il 26 Giu. 2017

Gli specializzandi della Scuola Cognitiva di Firenze (SCF) hanno l’occasione di seguire i loro primi pazienti nell’ambito del Servizio di Terapia Solidale del Centro Clinico della scuola. Accedono a tale servizio quelle persone che presentano un disagio psicologico e che per motivi economici non possono ricorrere a una cura psicologica più accessibile.

Alessia Lucia Bitonti

 

Terapie solidali: un’occasione di crescita personale e professionale

Molti pazienti che si rivolgono al servizio e che decidono di intraprendere un percorso psicoterapeutico vengono affidati agli specializzandi del terzo e del quarto anno della scuola. Gli psicoterapeuti in formazione vengono affiancati e seguiti da supervisori esperti in incontri di gruppo a cadenza settimanale della durata di un’ora e mezza.

Lo studente in formazione è alla ricerca della propria identità professionale e le Terapie Solidali supervisionate sono un ottimo contesto di crescita personale e professionale. Le supervisioni diventano un luogo di confronto rispetto a quelle che sono, nella maggior parte dei casi, le prime esperienze cliniche e a tutto ciò che ruota intorno ad esse.

La psicoterapia cognitivo comportamentale (TCC) è uno specifico orientamento della psicoterapia, di comprovata efficacia, sviluppato da A.T. Beck nei primi anni ’60. E’ un trattamento di breve durata e orientato al presente, teso alla risoluzione di problemi attuali e alla modificazione di pensieri e comportamenti disfunzionali (Beck, 1964; Beck et al., 1979). Nel corso degli anni di studio, apprendiamo le molteplici teorie, i modelli di funzionamento psicopatologico, i protocolli e le tecniche di trattamento che appartengono alla TCC.

All’inizio della nostra formazione pratica impariamo ad utilizzare le tecniche di base e, altrettanto fondamentale, a concettualizzare il caso. Le supervisioni stimolano la riflessione sulla concettualizzazione, personalizzandola maggiormente sul paziente singolo. Inoltre, il repertorio di tecniche padroneggiate è ancora abbastanza limitato, e oltre a ciò, risulta complesso integrare la concettualizzazione con l’applicazione delle tecniche.

Alla luce di queste difficoltà sperimentate, inizialmente ho tentato di ottenere dai supervisori quella che secondo me doveva essere la risposta “perfetta” ai problemi, di concettualizzazione e di intervento, che via via si presentavano in terapia. Questa aspettativa però era eccessivamente rigida. È probabile che non arrivi la soluzione definitiva, quella che ti illumina e risolve tutto. Ciò contribuisce ad incrementare la sensazione di confusione, già grande quando si è alle prime armi! Cosa posso fare? Cosa devo fare? Le domande e i dubbi sono legittimi, ma l’illusione che ci sia una risposta precisa e assoluta li rende di fatto poco risolvibili.

Ma è proprio la riflessione, condivisa in supervisione, sul funzionamento del paziente che ci rende sempre più abili nella formulazione del caso; e parallelamente, la possibilità di mettere in pratica un ventaglio sempre più ampio di tecniche ci permette di padroneggiarle in modo più adeguato.
E’ attraverso questi processi di riflessione, confronto, condivisione e pratica che impariamo ad integrare sempre più abilmente la concettualizzazione all’applicazione delle tecniche, rendendo dunque tale applicazione sempre più flessibile ed efficace.

E’ altresì importante, oltre a tutto ciò, curare in supervisione tutti quegli aspetti relativi alla relazione terapeutica. La pratica clinica permette di esperire con sempre maggiore consapevolezza il proprio personale modo di stare all’interno della relazione, facilitando inoltre la presa di consapevolezza di possibili punti di collusione con il paziente e il superamento di impasse nella terapia. Ogni terapeuta in formazione tenderà a sviluppare le proprie competenze e l’identità professionale, in base a quelle che sono le sue naturali predisposizioni e in base al suo stile di personalità e relazionale.

La supervisione aiuta il terapeuta a rendere più fine e personalizzata la concettualizzazione del caso, sostenendo l’applicazione efficace e non meccanica delle tecniche e a comprendere e affrontare, mediante ragionevoli accorgimenti di good-practice, la riflessione e la discussione con il paziente delle sue difficoltà.

Le supervisioni infine diventano luogo di riflessione, di cambiamento e di crescita personale e professionale, favorendo la consapevolezza del proprio stile relazionale e terapeutico, e supportando l’armonizzazione delle caratteristiche personali e relazionali che andranno a definire l’identità professionale.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Beck, A. T. (1964), “Thinking and depression: 2. Theory and therapy”. In Archives of General Psychiatry, 10, pp. 561-571.
  • Beck, A. T., Rush, A. J., Shaw, B. F., Emery, G. (1979), Terapia cognitiva della depressione. Tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 1987.
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