Non sempre riusciamo ad avere il pieno controllo a livello percettivo delle nostre emozioni, come nel caso della paura: Joseph LeDoux scoprì che l’ amigdala aveva il ruolo fondamentale di sistema di allarme del cervello per far fronte all’emergenza.
La percezione cosciente delle emozioni è una delle principali caratteristiche che contraddistingue l’essere umano dall’animale. Mentre gli animali provano le emozioni in modo più istintivo, l’uomo ha sviluppato dei circuiti neuronali che permettono di riconoscere le emozioni consapevolmente; questo meccanismo è funzionale a livello biologico perché consente di effettuare un piano d’azione in base alla situazione posta davanti.
Tuttavia non sempre riusciamo ad avere il pieno controllo a livello percettivo delle nostre emozioni. Vi è mai capitato di provare paura scambiando, in un primo momento, un cordone, un cavo o una fune per un serpente? Perché questo accade?
Nonostante ci manchino le informazioni necessarie per riconoscere visivamente uno stimolo, il nostro corpo agisce prima della nostra mente. Questi automatismi sono fondamentali per la sopravvivenza dell’essere umano, perché permettono di reagire velocemente a una situazione potenzialmente minacciosa.
Il ruolo dell’ amigdala nella paura
L’ amigdala è un raggruppamento di diversi nuclei localizzati in profondità dei lobi temporali degli emisferi cerebrali e connessi reciprocamente con l’ipotalamo, l’ippocampo e il talamo. E’ la regione cerebrale più strettamente connessa alle emozioni, essa è formata da nuclei del complesso basolaterale, un nucleo centrale e la stria terminale.
Il principale destinatario delle afferenze sensoriali che raggiungono l’ amigdala è il complesso basolaterale (nuclei basolaterali); questi ricevono informazioni che provengono da due fonti: i nuclei sensoriali del talamo e le aree sensoriali primarie della corteccia cerebrale.
Dal complesso basolaterale le informazioni vengono trasmesse al nucleo centrale, che è la principale zona efferente dell’ amigdala. Il nucleo centrale proietta all’ipotalamo laterale e alle regioni del tronco dell’encefalo che regolano le risposte del sistema nervoso autonomo agli stimoli con valenza emozionale. Tramite queste connessioni la stimolazione elettrica del nucleo centrale provoca aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della frequenza del respiro, al pari di quanto si osserva nel condizionamento della paura.
La paura è uno stato emozionale che si attiva per motivare l’organismo a fronteggiare eventi che lo minacciano (Öhman, 2000).
Il neurobiologo Joseph LeDoux, studiando l’anatomia cerebrale attraverso tecniche di neuro-formazione di immagini, scoprì che l’ amigdala aveva il ruolo fondamentale di sistema di allarme del cervello in grado di padroneggiare, nell’arco di una frazione di secondo, il lobo prefrontale (in cui ha sede la razionalità) per far fronte all’emergenza. Secondo la teoria di LeDoux, i nostri organi di senso (vista, udito, olfatto..) ricevono dall’ambiente informazioni che segnalano la presenza o la possibilità di un pericolo: ad esempio un serpente o qualcosa che gli assomiglia. Tali informazioni raggiungono l’ amigdala attraverso percorsi diretti provenienti dal talamo (strada bassa) e da percorsi che vanno dal talamo alla corteccia e dalla corteccia all’ amigdala (strada alta). La via talamo-amigdala è più breve e il sistema di trasmissione è più veloce. La strada bassa, non sfruttando l’elaborazione corticale fornisce all’ amigdala solo una rappresentazione rozza ed imprecisa dello stimolo, innescando così una risposta meramente emotiva e consentendo al cervello di cominciare a rispondere al possibile pericolo.
Questo percorso consente di rispondere a stimoli potenzialmente pericolosi, prima di sapere esattamente cosa siano. Come ricorda LeDoux, da un punto di vista della sopravvivenza, è meglio reagire a delle circostanze potenzialmente pericolose come se lo fossero, che non reagirvi affatto.
Tuttavia LeDoux ci avvisa che questo secondo circuito non funziona sempre correttamente: considerato che le connessioni neurali di ritorno, dalla corteccia all’ amigdala, sono molto meno sviluppate di quelle di andata, dall’ amigdala alla corteccia, è maggiore l’influenza dell’ amigdala sulla corteccia che non il contrario e, pertanto, spesso stentiamo a controllare razionalmente le nostre emozioni. L’interpretazione emotiva precede quella cognitiva-razionale: di fronte a una minaccia quindi, il primo ad avere paura è sempre il nostro corpo, non la nostra mente.
Per capire le dinamiche dell’attivazione della paura nel cervello umano, Carlsson et al. (2004) hanno reclutato partecipanti che avevano paura di serpenti o ragni (non entrambi), per uno studio con la PET attraverso stimoli nascosti.
Durante le scansioni, i soggetti venivano esposti a ripetute presentazioni di immagini di ragni, serpenti o funghi che erano efficacemente o non efficacemente mascherati. In confronto a una condizione di controllo, dove i funghi erano efficacemente mascherati, l’ amigdala sinistra si attivava sia per stimoli spaventosi (es. serpenti), sia per stimoli paura– rilevanti ma non paurosi specifici (es. ragni). Questo implica che l’ amigdala inizialmente risponde all’impulso di potenziale minaccia invece che allo stimolo pauroso specificatamente definito.
Se il tempo di esposizione veniva prolungato, a tal punto da permettere una percezione conscia dello stimolo, nella condizione non mascherata si osservava una forte attivazione bilaterale dell’ amigdala allo stimolo spaventoso (serpente), mentre nella condizione di esposizione a uno stimolo paura-rilevante non spaventoso (chi ha paura di serpenti ed è esposto a ragni) non si notava alcuna attivazione significativa.
In supporto all’ipotesi di LeDoux (1996,2000), Morris et al. (1999) hanno esaminato un paziente con lesioni alla corteccia visiva primaria, per testare se l’ amigdala può essere attivata indipendentemente dalla corteccia, come postulato nel concetto di “via bassa” proposto da LeDoux.
Il paziente esaminato da Morris et al. (2001) non riportava sensazioni visive per oggetti presentati nell’area danneggiata. Tuttavia mostrava un’affidabile attivazione nell’ amigdala destra a facce spaventose presentate nel campo corticale cieco, un’analisi suggeriva che questa attivazione inconscia era mediata dal collicolo superiore e dal pulvinar. La visione cieca (“blindsight”) può essere mediata da una percorso visivo parallelo attraverso il collicolo superiore e il pulvinar, nucleo del talamo (Weiskrantz, 1986).
Una lesione che interessi a tutto spessore l’area visiva primaria (o V1 o area 17) può causare il prodursi, nella nostra specie e negli altri primati, di una zona di cecità assoluta detta scotoma (dal greco σχότος = oscurità). Essa può essere circoscritta come una macula del campo visivo, ignorata dal soggetto, o interessare tutta l’area striata di un emisfero, dando luogo ad emianopsia, oppure estendersi alla corteccia occipitale di entrambi gli emisferi, determinando la completa perdita della visione.
E’ possibile che la cecità causata da queste lesioni, pur essendo assoluta per la coscienza della persona colpita, consenta prestazioni superiori in compiti che richiedono il controllo visivo rispetto a quelle che avrebbe un non vedente per altre cause.
Nonostante queste lesioni, pazienti con “blindsight” presentano abilità residue nel rilevare stimoli visivi, suggerendo che l’informazione può essere ancora processata, anche se in maniera non cosciente. Morris et al. (2001) hanno usato la risonanza magnetica funzionale per dimostrare l’ attivazione aumentata dell’ amigdala in risposta a volti emozionalmente espressivi in un paziente con visione cieca.
Per concludere, grazie alle evidenze riportate dagli esperimenti in letteratura, si fa sempre più concreta l’ipotesi di un’ amigdala che si attiva per stimoli emozionalmente salienti al di fuori dell’attenzione cosciente. Conferme importanti provengono non solo da studi di laboratorio ma anche da pazienti con lesioni all’ amigdala e soprattutto da pazienti con “blindsight”, che hanno dimostrato, nonostante una lesione alla corteccia visiva, di rispondere fisiologicamente a stimoli minacciosi presentati nell’emicampo visivo cieco. E’ rassicurante pensare che l’uomo, sebbene sia l’essere cosciente e pensante per antonomasia, conservi dei meccanismi istintivi primitivi per far fronte a delle minacce. Anche se molto spesso è possibile che lo stimolo non sia realmente pericoloso, non dobbiamo smettere di ascoltare il nostro corpo per non rischiare di perdere questi automatismi.
Perché come afferma il neuroscienziato LeDoux: “meglio trattare un bastone come un serpente, che accorgersi troppo tardi che il bastone in realtà è un serpente”.