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Marcatori biologici e comportamento suicidario: nuove prospettive di studio

E' stato dimostrato come in pazienti con precedenti tentativi di suicidio vi siano più alti livelli di DNA mitocondriale rispetto al gruppo di controllo.

Di Ilaria Loi

Pubblicato il 27 Dic. 2016

Alti livelli di DNA mitocondriale sono stati rilevati in campioni di plasma di soggetti con alle spalle tentativi di suicidio.

 

I marcatori biologici dei pazienti depressi con tendenze suicidarie

In uno studio recente, i ricercatori delle università svedesi di Lund e Malmo, in collaborazione con quella della California di San Francisco, hanno misurato, tramite strumentazione in vitro (cell-free system), i livelli di DNA mitocondriale presenti all’interno del plasma sanguigno, correlandolo con una significativa iperattivazione a livello del sistema cerebrale deputato all’elaborazione dello stress, o asse ipotalamo-ipofisi-surrene (asse HPA), in soggetti con tendenze suicidarie. Questo marcatore potrebbe quindi essere efficacemente utilizzato in futuri studi psichiatrici volti alla comprensione della patofisiologia sottostante il comportamento suicidario e la depressione.

I mitocondri sono organelli citoplasmatici presenti all’interno delle cellule eucariote, estremamente importanti per lo svolgimento di una serie di funzioni cellulari, quali l’apoptosi e la necrosi per quanto riguarda la morte cellulare, la regolazione dei radicali liberi, la regolazione dell’espressione genica e la trasduzione di segnali implicati nella proliferazione e nella differenziazione cellulare. Ogni mitocondrio possiede anche il proprio genoma, ereditato dal DNA mitocondriale materno ed implicato nei processi di produzione energetica.

La struttura mitocondriale, inoltre, risulta essere altamente suscettibile allo stress cronico: alti livelli di cortisolo, ormone cruciale per il sistema cerebrale deputato all’elaborazione dello stress, persistenti nel tempo, comportano una riduzione del potenziale di membrana dei mitocondri ed un’aumentata sensibilità all’apoptosi.

Proprio a tal proposito, studi precedenti (Cai et al., 2015; Nicod et al., 2015) avevano già messo in luce come soggetti affetti da disturbo depressivo maggiore mostrassero maggiori livelli di DNA mitocondriale all’interno dei leucociti, cellule immunitarie, presenti in campioni di sangue e saliva, correlando tali livelli con eventi di vita stressanti. Inoltre, studi sugli animali (Gong et al., 2011) avevano già mostrato come maggiori livelli di cortisolo fossero correlati a maggiori livelli di DNA mitocondriale a livello plasmatico e a disfunzioni a livello di aree cerebrali quali l’ippocampo e il talamo, implicate, tra le altre cose, nell’elaborazione di stimoli stressogeni. Lindqvist e collaboratori, per la prima volta, hanno indagato questo aspetto in coorti di pazienti psichiatrici.

 

Lo studio

Più nello specifico, gli autori di questo studio hanno comparato le analisi di 37 pazienti ospedalizzati in cliniche psichiatriche per tentato suicidio con quelle di altrettanti soggetti sani di controllo. L’età media dei pazienti si aggirava intorno ai 40 anni e circa il 70% del campione, sia quello sperimentale sia quello di controllo, era costituito da donne.

Rispetto ai soggetti di controllo, i pazienti mostravano livelli di DNA mitocondriale a livello plasmatico notevolmente elevati. Inoltre, i ricercatori hanno anche rilevato una correlazione significativa tra i livelli di DNA mitocondriale e i livelli di cortisolo presenti nel sangue, valutati tramite il test al Desametasone e segnale di un’iperattivazione dell’asse HPA, così come già rilevato in studi precedenti su pazienti depressi ed ansiosi.

Secondo gli autori, per quanto riguarda i pazienti con tendenze suicidarie, tali indici biologici, presenti in concentrazioni così elevate, sarebbero dovute all’esposizione per prolungati periodi di tempo a gravi fattori stressogeni. In questo senso, alti livelli di cortisolo porterebbero ad un malfunzionamento non solo a livello corticale, ma anche a livello cellulare e ad una disfunzione mitocondriale, che, a sua volta, porterebbe al rilascio di elevati livelli di DNA mitocondriale all’interno del flusso sanguigno.

In conclusione, per quanto non si possa affermare che questo marcatore biologico sia in grado di prevedere chi proverà a mettere in atto tentativi di suicidio, anche perché comune a diverse patologie psichiatriche e anche somatiche caratterizzate da un’esagerata risposta allo stress (ad es. diabete, cancro, traumi), la rilevazione dei livelli di DNA mitocondriale a livello plasmatico potrebbe aiutare ad identificare quei soggetti vulnerabili a condizioni psichiatriche quali ansia e depressione, che, sottoposti ad ingenti livelli di stress, potrebbero essere considerati a rischio suicidario, riuscendo così a predisporre adeguati trattamenti preventivi.

Quindi, nel complesso, quanto emerso suggerisce come lo stress psicologico, rilevato tramite la misurazione dei livelli di cortisolo presenti nel flusso sanguigno, associato a tendenze suicidarie, potrebbe lasciare una traccia rilevabile a livello biologico sotto forma di alti livelli di DNA mitocondriale. Inoltre, come futura prospettiva d’indagine, Lindqvist e collaboratori vorrebbero studiare come i livelli di questo marcatore varino in seguito a psicoterapia, a trattamenti farmacologici e ad interventi sullo stile di vita di pazienti depressi e con tendenze suicidarie.

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