Un pool di ricercatori delle università di Osaka e di Cambridge, ha cercato di scoprire la causa del dolore da arto fantasma, dolore cronico in soggetti con un arto amputato e con severe lesioni a carico dei nervi. Lo studio ha permesso di ipotizzare la possibilità di un trattamento che si serva dell’intelligenza artificiale, in luogo delle terapie farmacologiche.
La sindrome dell’arto fantasma è una condizione che colpisce individui a cui è stato amputato un arto a seguito di numerose cause, alcune delle più diffuse legate a patologie di tipo vascolare. Essa consiste nella “sensazione” dell’arto amputato, che viene percepito come presente e si può accompagnare a sensazioni di dolore anche molto forti attribuite proprio all’arto mancante. Questa condizione è nota come dolore da arto fantasma.
Il dolore da arto fantasma e la riorganizzazione cerebrale
Un gruppo di ricerca dell’Università di Osaka in Giappone, in collaborazione con l’Università di Cambridge, ha scoperto che la causa del dolore da arto fantasma che caratterizza i soggetti affetti da questa sindrome sarebbe da ricercare nella “riorganizzazione” dei circuiti cerebrali. In particolare, vi sarebbero circuiti difettosi nella corteccia sensomotoria. Essa dovrebbe processare gli impulsi sensoriali e l’esecuzione dei movimenti. Nel caso di un’amputazione, vi sarebbe una discrepanza tra il movimento e la percezione del movimento.
Nello studio è stata utilizzata un’interfaccia cervello-macchina che permetteva a 10 soggetti di controllare, attraverso il pensiero, cioè attraverso l’attività cerebrale, un braccio meccanico, grazie alla decodifica dell’attività neurale collegata all’azione mentale che permetteva ad essi di muovere l’arto fantasma.
Risultati e conclusione
E’ stato dimostrato che, quando i soggetti cercavano di associare il movimento della macchina a quello dell’arto mancante, il dolore aumentava; quando invece il movimento era associato al braccio integro, il dolore diminuiva. Il cambiamento è stato associato al fatto che la corteccia sensomotoria dell’emisfero deputato al controllo dell’arto fantasma risentisse del fenomeno sopracitato, motivo per cui i soggetti venivano, tramite l’interfaccia cervello-macchina, “addestrati” ad utilizzare la corteccia sensomotoria dell’emisfero opposto, collegato all’utilizzo dell’arto sano. Quando i soggetti imparavano a controllare l’arto artificiale in questo modo, ne traeva vantaggio la plasticità (l’abilità del cervello di riorganizzarsi e di imparare nuove abilità) della corteccia sensomotoria, dimostrando un collegamento tra plasticità e dolore.
Anche se i risultati lasciano ben sperare, gli effetti del trattamento sono solo temporanei e richiedono al momento dei costi troppo elevati.
Tuttavia, lo studio mette in risalto la possibilità di poter creare, in futuro, un trattamento basato su queste tecniche e secondo Seymour e colleghi, questo passo potrà essere fatto tra i prossimi cinque-dieci anni.