Chemsex: uomini che fanno uso di specifiche sostanze psicotrope con l’obiettivo di avere esperienze sessuali con altri uomini: da Londra un fenomeno in crescita che colpisce la comunità gay e non solo.
Lorena Lo Bianco
“Sex & Drugs and Rock & Roll” cantava l’artista londinese, Ian Dury, nel 1977. Quasi quarant’anni dopo, l’assioma che unisce sesso e uso di sostanze stupefacenti è ancora del tutto valido. Sempre dalla scena londinese, polo europeo nel commercio di droghe (come sottolineato anche da Roberto Saviano), proviene quel fenomeno chiamato Chemsex : termine colloquiale, diffuso all’interno della comunità gay, per descrivere l’uso di sostanze psicoattive, in particolare mefedrone, GHB/GBL e metanfetamine, durante i rapporti sessuali. Queste tre sostanze producono un effetto rilassante che in alcuni casi facilita (sia fisicamente che psicologicamente) delle pratiche sessuali, come il sesso anale, ancora oggi appesantite da una forte stigmatizzazione sociale.
Chemsex in Italia
Il fenomeno del chemsex sta prendendo piede anche in Italia, come riportato dall’associazione Lgbt Plus di Bologna che, per prima, lo ha inquadrato e ha prodotto una brochure informativa dedicata ai “consumatori”. La mancanza di dati al riguardo e l’insorgenza dei primi casi di problematiche legate al chemsex (sono già 7 i casi riportati dal Sert negli ultimi 6 mesi ) ha spinto il tossicologo dell’Ausl di Bologna, Salvatore Giancane, a lanciare un’indagine su Facebook, alla voce “Piacere chimico”, per analizzare il mondo dei cosiddetti “chill-out party”.
Per le associazioni come quella bolognese, il focus è incentrato sulla prevenzione e sui rischi derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti; riducendo il grado di inibizione di chi ne fa uso, esse aumentano la probabilità di sottovalutare i rischi di alcune pratiche sessuali. Sebbene non sia possibile dimostrare che l’abuso di sostanze chimiche durante i rapporti sessuali causi comportamenti sessualmente rischiosi, risulta evidente una forte associazione fra i due fenomeni, come riportato anche dalla letteratura a riguardo (Fisher et al, 2011; Forrest et al, 2010). E’ altresì’ importante sottolineare come l’assunzione di queste droghe insieme ad altre sostanze chimiche (come certi farmaci per l’HIV) aumenti il rischio di overdose e in certi casi di decesso.
Capire il fenomeno chemsex: Perché colpisce maggiormente la comunità gay (o meglio, perché viene associato con il sesso omosessuale)?
Nonostante sia difficile fare una generalizzazione, data l’eterogeneità (per età, ceto sociale, identità e orientamento sessuale) del campione, il chemsex è prettamente legato al sesso fra uomini.
È importante fare una distinzione fra l’uso di droghe in sé, che in seguito porta ad un’attività sessuale, e il chemsex: in quest’ultimo, il desiderio di avere un rapporto sessuale rappresenta la spinta motivazionale che porta all’uso di stupefacenti.
Secondo molti studiosi questo principio è uno dei punti cardine per capire questo comportamento e perché esso coinvolga principalmente il genere maschile.
La maggior parte delle teorie si sofferma soprattutto sulle ripercussioni psicologiche del minority stress e dell’omofobia interiorizzata (Mayer., 1995), che colpiscono particolarmente uomini gay e bisessuali o uomini che si identificano come eterosessuali ma praticano sesso con altri uomini. In questi casi l’uso di droghe è vissuto come un modo per liberarsi da limitazioni, interne o esterne, e mettere in pratica i propri desideri sessuali. Non raramente, infatti, i frequentatori dei chemsex party sono persone che conducono una doppia vita.
Un altro approccio per capire il fenomeno potrebbe essere quello socio-relazionale. Secondo il professor Kane Race (University of Sidney), non si tratta di un fenomeno del tutto nuovo, piuttosto una modernizzazione nelle pratiche di socializzazione all’interno della comunità LGBT. Attività che prima si svolgevano in luoghi pubblici come saune e discoteche, sono state gradualmente rilocate all’interno di abitazioni private, e grazie all’uso delle dating app, rese più semplici da organizzare.
In accordo con quanto detto, il vice presidente dell’associazione Plus Onlus, Giulio Maria Corbelli, ci dà una sua lettura del fenomeno:
“È un modo per ritrovarsi. Il chemsex è diverso dal rimorchiare in discoteca – dove pure quelle sostanze sono comuni – perché supera il culto dell’immagine che c’è in discoteca o in altre forme di socializzazione gay. Il chemsex viene letto da alcuni come una reazione al senso di esclusione che è possibile provare nell’ambiente gay, da altri come una moda”.
Impatto delle droghe su piacere sessuale e relazioni affettive
Nel Regno Unito, dove ormai il chemsex è un fenomeno culturalmente radicato (non è raro trovare nella descrizione utente su Grindr la dicitura “chems friendly”), i servizi di salute mentale stanno iniziando ad indagare la dipendenza psicologica prodotta da questo comportamento, oltre a quella fisiologica causata dalle sostanze chimiche.
Sebbene inizialmente le droghe vengono viste dai consumatori come un medium per avvicinarsi all’altro e trovare un’immediata intimità, molti di questi riportano una riduzione nell’empatia verso l’altro, privilegiando invece la ricerca di una soddisfazione personale (Bourne et al, 2015). Altri ancora riportano le enormi difficoltà nell’avere rapporti sessuali o relazioni drug-free; come in qualsiasi dipendenza il chemsex può portare ad una assuefazione che produce una costante ricerca di stimoli sempre più forti per poter soddisfare i propri desideri sessuali.
Chi cerca di disintossicarsi da questo tipo di dipendenza molto spesso si ritrova a dover ridefinire il proprio concetto di intimità e la visione del rapporto con l’altro.
Infine, nonostante il fenomeno sia circoscritto agli ambienti gay maschili, alcune review riportano anche all’interno della comunità lesbica un meccanismo simile. Sebbene mefedrone, ghb e metanfetamine non vengano massicciamente usate, fra le donne è più frequente l’associazione tra cannabis e sesso, che comporta minori rischi diretti ma potrebbe ugualmente portare ad un aumento di comportamenti sessualmente a rischio.
Tipicamente la ricerca scientifica che indaga l’utilizzo di stupefacenti all’interno della comunità gay maschile si è focalizzata sul rapporto fra droghe e l’aumento di comportamenti sessualmente rischiosi (Carey et al., 2009). Sono molto pochi invece gli studi che si sono interessati al ruolo che le sostanze psicotrope hanno all’interno della vita sessuale dei consumatori e quali sono i danni che essi potrebbero fronteggiare, al di là della salute sessuale. Per esempio ad oggi non esistono chiari protocolli (se non alcune buone pratiche) a supporto di coloro che sentono il bisogno di “controllare” l’uso di queste sostanze. Speriamo che in un immediato futuro si possa sopperire alla lacuna presente all’interno del panorama clinico e di ricerca.
Chemsex, supporto e informazione
Per chi volesse approfondire l’argomento, segnaliamo l’evento organizzato dalla Sezione Cultura del CIG – Arcigay Milano in collaborazione con PLUS Onlus (BO):“Chemsex, supporto e informazione – Che cos’è, i dati sull’Italia, dipendenza?” che si svolgerà Martedì 22 Novembre alle 21:00 presso CIG Arcigay Milano – Via Bezzecca 3.
I relatori, Giulio Maria Corbelli ed Emiliano Costa – operatore della Sezione Salute del CIG, parleranno dei motivi per cui questo fenomeno è così in espansione nella comunità gay, delle sostanze psicoattive usate e dei modi d’uso. Partendo da storie reali si discuterà di come questo fenomeno complesso può influire nella vita personale di un individuo.
VIDEO: Chemsex (2015), official trailer
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La rubrica fluIDsex è un progetto della Sigmund Freud University Milano.