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Disturbo Ossessivo Compulsivo e rischio di suicidio

E' stato dimostrato come l'alessitimia e il senso di responsabilità eccessivo possano predisporre i pazienti con disturbo ossessivo compulsivo al suicidio.

Di Marika Di Egidio

Pubblicato il 07 Lug. 2016

Aggiornato il 02 Lug. 2019 12:37

E’ credenza comune che i pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) non siano a rischio di suicidio. Vari studi contraddicono tale convinzione, suggerendo che una percentuale compresa tra il 5% e il 25 % di soggetti con DOC ha tentato il suicidio almeno una volta nella vita. I pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo, inoltre, presentano una maggiore incidenza di idee suicidarie rispetto alla popolazione non clinica (Alonso et al, 2010; Balci et al. 2010; Torres et al., 201; Dhyani et al., 2013).

 

Alessitimia e senso di responsabilità come fattori di rischio per il suicidio nei pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo

Tra i fattori associati al rischio di suicidio nei pazienti con Disturbo ossessivo compulsivo sono identificabili alessitimia ed eccessivo senso di responsabilità.
Il termine alessitimia è stato introdotto per descrivere un insieme di caratteristiche cognitive e affettive osservate in soggetti con disordini psichiatrici e psicosomatici (Sifneos, 1996). L’alessitimia è un costrutto multidimensionale costituito da quattro elementi fondamentali: a) difficoltà a identificare (DIF) e descrivere (DDF) i sentimenti, b) difficoltà nel distinguere i sentimenti dalle sensazioni corporee, c) riduzione della fantasia, d) pensiero concreto e scarsamente introspettivo (Taylor et al., 1997). Gli alessitimici potrebbero presentare disregolazione emotiva, ossia l’incapacità di autoregolare e inferire le proprie emozioni a causa della mancata consapevolezza delle stesse (Panayiotou et al., 2015).
A causa di tali deficit gli alessitimici mostrano, generalmente, livelli d’ansia significativi, depressione, distress psicologico, sintomi somatici e disturbi della sfera emozionale (De Berardis et al., 2010).

L’alessitimia è presente nel 20%-40% di pazienti con Disturbo ossessivo compulsivo e risulta associata a maggiore severità del disturbo, scarso insight (De Berardis et al., 2005; Carpenter et al., 2011), aumentato rischio suicidario (De Berardis et. al, 2008). In effetti, vari studi mettono in luce associazioni positive tra alessitimia e pregressi tentativi di suicidio, anche in assenza di sintomi depressivi (Hintikka et al., 2004; De Berardis et al.,2008). La sofferenza psicologica risulta spesso intollerabile per l’individuo alessitimico, che può trovare evidenti difficoltà a verbalizzare e descrivere i propri sentimenti. I soggetti alessitimici potrebbero allora essere spinti a esprimere tale sofferenza con un atto suicidario (Pompili, 2010; De Berardis et al., 2013).

Il ruolo del senso di responsabilità nel DOC è stato ampiamente indagato. La responsabilità, è stata definita da Salkovskis et al. (2000) come:[blockquote style=”1″] la convinzione di avere il potere di determinare o prevenire esiti negativi cruciali.[/blockquote] Nel modello cognitivo del Disturbo ossessivo compulsivo l’eccessivo senso di responsabilità è stato identificato come uno dei principali componenti cognitivi, rappresentando un fattore di vulnerabilità e di mantenimento del disturbo (Smari et al., 2008).

E’ stato ipotizzato che l’eccessivo senso di responsabilità potrebbe essere correlato a una maggiore severità del Disturbo Ossessivo Compulsivo, a sintomi depressivi, a sentimenti di colpa e impulsività (Arnzt et al., 2010) e a un aumento dell’ideazione suicidaria, soprattutto nei soggetti DOC più vulnerabili, ad esempio quelli fortemente alessitimici.
Tuttavia, a oggi, la relazione tra alessitima, senso di responsabilità e ideazione suicidaria in pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo è stata scarsamente studiata.

Lo studio su alessitimia, senso di responsabilità e rischio suicidario nei pazienti con DOC

A tal proposito risulta particolarmente interessante il lavoro di De Berardis et. al (2015), “Alexithymia, responsibility attitudes and suicide ideation among outpatients with obsessive-compulsive disorder: An exploratory study”. Gli obiettivi del lavoro di De Berardis et al (2015) sono stati essenzialmente due: da un lato, valutare le possibili differenze cliniche tra pazienti alesstimici e non alessitimici relativamente a severità del disordine, insight, senso di responsabilità e ideazione suicidaria; dall’altro indagare le variabili cliniche associate all’ideazione suicidaria.

Il campione e gli strumenti

Lo studio è stato condotto su un campione di 104 soggetti di età compresa tra i 18 e i 45 anni con diagnosi di Disturbo Ossessivo Compulsivo. La diagnosi è stata effettuata mediante assessment clinico basato sulla somministrazione della Structured Clinical Interviews for DSM-IV Axis I Disorders (SCID-I), della Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS) e della Toronto Alexitimia Scale – 20 (TAS-20).
Sono stati esclusi i soggetti con disabilità intellettiva, quelli che facevano uso di sostanze e gli individui che presentavano altri disturbi psichiatrici in comorbilità.

I soggetti sono stati reclutati in vari centri di salute mentale del Nord e Centro Italia.
La severità del Disturbo ossessivo compulsivo è stata valutata mediante la somministrazione della Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale (Y-BOCS), una scala somministrata dal clinico per la valutazione della severità di ossessioni e compulsioni, indipendentemente dal numero e dal tipo di ossessioni e compulsioni presenti. La valutazione dell’item #11 della Y-BOCS è stata presa in considerazione come misura del livello di insight del soggetto. Punteggi ≥ 3 all’item #11 della Y-BOCS rappresentavano la soglia per determinare il confine tra consapevolezza e mancata consapevolezza di malattia (insight scarso o assente).

L’alessitimia è stata valutata utilizzando la versione italiana della Toronto Alexithiymia Scale (TAS-20). Un punteggio ≥ 61 è stato considerato indicativo di alessitimia. La TAS-20 ha una struttura a tre fattori: il Fattore 1 valuta la capacità di identificare i sentimenti e distinguerli dalle sensazioni corporee che accompagnano gli stati di attivazione emotiva (difficoltà nell’identificazione dei sentimenti [DIF]); il Fattore 2 riflette l’incapacità di comunicare sentimenti ad altre persone (difficoltà nella descrizione dei sentimenti [DEF]); il Fattore 3 valuta il pensiero orientato all’esterno (EOT). Il 26% (n=27) del campione ha ottenuto punteggio ≥ 61 ed è stato considerato positivo per l’alessitimia.

Per valutare l’ideazione suicidaria, sono stati presi in considerazione i punteggi ottenuti dai soggetti alla Scale of Suicide Ideation (SSI), una scala a tre punti somministrata dal clinico, con item in grado di indagare l’intenzione suicidaria. Maggiore è il punteggio totale ottenuto alla scala, maggiore è la severità dell’ideazione suicidaria. Un punteggio ≥ 6 è stato utilizzato come soglia di cut-off per identificare un’ideazione suicidaria clinicamente significativa. Il 28.8% (n=30) dei pazienti è stato considerato positivo per questa variabile.
La Responsability Attitude Scale (RAS), un questionario di 26 item, è stato utilizzato per valutare atteggiamenti e credenze relative al senso di responsabilità.
La Montgomery Asberg Depression Rating Scale (MADRS) è stata infine utilizzata per valutare la presenza di eventuali sintomi depressivi.

Analisi dei risultati

Le analisi statistiche condotte sul campione – costituito da 52 maschi e 52 femmine con età media di 32.1 ± 8.0 anni, con durata media di malattia di 9.9 ± 6.8 anni ed età media di insorgenza del disturbo compresa tra 22.2 ± 6.0 anni – hanno evidenziato che nove partecipanti (8.7%) avevano già tentato il suicidio in qualche momento della propria vita mentre dodici soggetti presentavano una storia familiare positiva (11.5%) per il suicidio. Il confronto tra individui con e senza alessitimia, controllati per genere, età, età di insorgenza dei sintomi, durata di malattia e punteggi alla MADRS, ha evidenziato che i pazienti alessitimici ottenevano punteggi più elevati alla Y-BOCS (sia nella sottoscala ossessioni, sia nella sottoscala compulsioni), alla RAS e alla SSI rispetto ai soggetti non alessitimici. I pazienti con alessitimia, inoltre, mostravano minore consapevolezza di malattia e maggiore ideazione suicidaria rispetto ai controlli. Le analisi hanno inoltre evidenziato un’associazione tra scarso insight, punteggi elevati alla RAS e alla sottoscala DIF della TAS-20 e maggiore ideazione suicidaria.

In base alle conoscenze attualmente disponibili sull’argomento, lo studio di De Berardis et al. (2015) è il primo ad aver esaminato la relazione tra alessitimia, eccessivo senso di responsabilità e ideazione suicidaria in pazienti con Disturbo Ossessivo Compulsivo.
In generale, i risultati della ricerca di De Berardis et al. (2015) mettono in luce come i pazienti con alessitimia mostrino maggiore severità del Disturbo ossessivo compulsivo insight ridotto, responsabilità eccessiva e maggiore intensità dell’ideazione suicidaria; questi dati potrebbero essere spiegati facendo riferimento al concetto di “alessitimia secondaria acuta” (Frebergers, 1977). L’alessitimia secondaria acuta può essere spiegata come un fenomeno stato-dipendente, transitorio, che compare a seguito dell’esposizione ad eventi stressanti e che tende a diminuire con la risoluzione dell’episodio stesso.

Visto che nello studio di De Berardis et al (2015) i soggetti DOC alessitimici evidenziano punteggi più elevati alla Y-BOCS e minore insight rispetto ai non alessitimici, è plausibile ipotizzare che punteggi alti alla RAS (elevato senso di responsabilità) e alla SSI (intensa ideazione suicidaria) riflettano un fenomeno stato-dipendente, probabilmente correlato alla maggiore severità del DOC e allo scarso insight di malattia. In effetti, un ridotto insight è associato a forme più severe di Disturbo ossessivo compulsivo (Fontenelle et al., 2013).

Inoltre, l’associazione tra la dimensione DIF (identificare sentimenti) della TAS-20 e l’ideazione suicidaria emersa nello studio di De Berardis et al. (2015) è in linea con i dati di precedenti ricerche che hanno dimostrato come la dimensione DIF della TAS-20 risulti correlata a elevata ideazione suicidaria anche in assenza di sintomi depressivi (Marasco et al., 2011; Carano et al., 2012; Sakuraba et al., 2005).

Conclusioni

A differenza di altri disordini psichiatrici, l’eccessivo senso di responsabilità (che potrebbe essere letto in termini di responsabilità sociale) manifestato dai soggetti DOC potrebbe derivare da un’ipervalutazione del pensiero altrui (Moritz et al., 2013) ed essere correlato alla presenza di un intenso senso di colpa rispetto alle difficoltà emotive esperite da tali soggetti nell’ambito delle relazioni sociali (Mazza et al., 2010). E’ interessante notare che i risultati dello studio di De Berardis et al. (2015) supportano l’idea che gli individui con maggiori difficoltà a identificare i propri sentimenti (DIF) e scarso insight manifestino un eccessivo senso di responsabilità, che a sua volta correla positivamente con una più intensa ideazione suicidaria. Su queste basi, è possibile ipotizzare che la presenza di alessitimia in pazienti DOC potrebbe essere correlata a una cronica incapacità di fronteggiamento di situazioni stressanti, anche quando lo stressor è lieve (ipotesi dell’alessitimia secondaria) (Martin, 1985; Alkan et al., 2013). Questa scarsa resistenza alle situazioni stressanti potrebbe essere associata a una maggiore severità del disordine (alessitimia secondaria acuta) (Freyberger, 1977) e, di conseguenza, a un eccessivo senso di responsabilità, che potrebbe peggiorare ulteriormente i sintomi DOC, innescando un circolo vizioso (Ghassemzadeh et al., 2005).

In effetti, la difficoltà nel differenziare i sentimenti e distinguerli dalle sensazioni corporee e dall’arousal emotivo potrebbe interferire con l’abilità di tali pazienti di proteggersi adeguatamente da eventi di vita stressanti e con la gestione del senso di responsabilità (Rachman, 1993). Visto che un senso di responsabilità eccessivo può innescare o incrementare sentimenti di colpa (Mancini et al., 2006) e considerato che tali sentimenti potrebbero essere particolarmente problematici e severi in individui con alessitimia, è possibile che tali variabili incrementino ulteriormente il rischio di suicidio.

Quindi, visto che è stato dimostrato che la colpa patologica è associata a un aumentato rischio di suicidio (Sani et al., 2011), gli individui con alessitimia potrebbero sviluppare colpa patologica in conseguenza all’eccessivo senso di responsabilità e alla maggiore severità dei sintomi DOC, determinando rischio di suicidio anche in assenza di sintomi depressivi clinicamente significativi.

Lo studio di De Berardis et al. (2015) ha natura esplorativa e pertanto ha vari limiti che dovrebbero essere evidenziati. Anche se la severità del DOC e l’ideazione suicidaria sono stati analizzati usando scale di valutazione somministrate e valutate da clinici, alessitimia e senso di responsabilità sono stati valutati con scale di valutazione self-report. Inoltre è stato impiegato un disegno di ricerca trasversale che limita le conclusioni circa la causalità: lo studio manca di dati follow-up. In effetti la natura trasversale della ricerca non permette di trarre conclusioni definitive su quale elemento (alessitimia o responsabilità) possa essere quello primario. Inoltre, la ridotta ampiezza del campione non permette di generalizzare i risultati.

Nonostante questi limiti e la necessità di ulteriori ricerche sull’argomento è comunque possibile affermare che i dati emersi dalla ricerca di De Berardis et al. (2015) presentano importanti risvolti per la pratica clinica: i professionisti della salute mentale dovrebbero essere consapevoli del fatto che l’assenza di sintomi depressivi clinicamente significativi non è sufficiente ad escludere la presenza di ideazione suicidaria in pazienti DOC; tale dimensione dovrebbe essere sempre indagata, soprattutto in presenza di alessitimia, scarso insight ed eccessivo senso di responsabilità.

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