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Le barriere linguistiche nella comunicazione tra figli adolescenti e genitori immigrati

La barriera linguistica tra figli e genitori immigrati condurrebbe a conseguenze negative su autocontrollo e comportamenti aggressivi negli adolescenti

Di Chiara Ajelli

Pubblicato il 19 Lug. 2016

Per la maggior parte dei genitori a volte può essere piuttosto difficile parlare con i figli adolescenti. Ancor di più lo è quando genitori e figli parlano lingue diverse, uno scenario piuttosto comune per un elevato numero di famiglie immigrate negli Stati Uniti.

 

Un recente studio dell’Iowa State University ha evidenziato come questa barriera linguistica può condurre a severe conseguenze negative per quel che concerne l’autocontrollo e i comportamenti aggressivi negli adolescenti. Proprio per questo Schofield, l’autore principale dello studio, sostiene che migliorare la comunicazione tra genitori e figli potrebbe avere importanti implicazioni sociali.

Per giungere a queste conclusioni Schofield e colleghi hanno utilizzato i dati raccolti da alcune osservazioni di interazioni tra madri e figli di origine messicana. Gli autori hanno osservato che nel campione composto da madri e figli che parlavano la stessa lingua la disciplina positiva e la calda genitorialità da parte delle madri portavano ad un aumento dell’autocontrollo e ad una diminuzione dell’aggressività nell’adolescente. Nel campione composto invece da madri e figli che parlavano lingue diverse, gli adolescenti mostravano un minor autocontrollo e una maggiore aggressività.

Un dato molto importante che è emerso dallo studio è che in presenza di questa barriera linguistica la comunicazione quotidiana non risultava un problema. I meccanismi scatenati dalla presenza della differenza linguistica derivavano da conversazioni più complesse, come ad esempio l’esposizione di regole da parte dei genitori o l’esposizione di alcune preoccupazioni da parte degli adolescenti. Schofield ipotizza che questo possa essere dovuto dal fatto che gli adulti danno per scontata la comprensione reciproca che si viene ad instaurare nel corso di una conversazione, processo che dall’altra parte i ragazzi stanno ancora cercando di imparare e capire.

Come fa notare Schofield, i genitori vogliono sempre assicurarsi che i loro figli capiscano il motivo per cui si stanno comportando in un determinato modo, spiegare le loro azioni e vedere se sono stati coerenti e incoerenti, ma là dove c’è una barriera linguistica tutto questo slitta in secondo piano. A lungo andare può accadere che il ragazzo si stanchi di provare ad abbattere l’ostacolo della lingua, abbandonando così la comunicazione con i genitori.

Gli adolescenti, non rivolgendosi più ai genitori iniziano a confidarsi in modo esclusivo con i loro coetanei. Questo non significa che i figli non si sentano amati o che i loro genitori siano cattivi, vi è semplicemente una difficoltà ad affrontare argomenti e questioni complesse.

Ciò che più preoccupa gli studiosi è il fatto che nei casi gli adolescenti siano figli di immigrati che parlano una lingua differente da quella dei genitori, questa disconnessione comunicativa con i genitori diventa uno scenario quotidiano e nella norma.

Per evitare che questo accada è necessario abbattere questa barriera linguistica intrafamiliare. Secondo Schofield questo si potrebbe fare sostenendo i genitori immigrati ad imparare la lingua del paese in cui sono residenti, non che quella dei loro figli – immigrati di seconda generazione-, e sostenere i figli adolescenti ad imparare in misura maggiore la loro lingua madre. Si tratta di un progetto di fondamentale rilevanza in quanto negli Stati Uniti più di 16 milioni di bambini sono figli di almeno un genitore immigrato.

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