expand_lessAPRI WIDGET

Le responsabilità nell’abbandono, nota al post di Umberta Telfener

Nell'abbandono le responsabilità sono sempre al 50%? La Dottoressa Sandra Sassaroli commenta il post della sua collega Umberta Telfener.

Di Sandra Sassaroli

Pubblicato il 18 Mag. 2016

Cara Umberta Telfener,

vecchia amica, commento al tuo blog ‘Per chiudere una relazione è necessario l’amore’, in cui spingi l’acceleratore sul: ‘valore aggiunto dell’addio, che apre nuove strade’,  ti cito:

Riuscissimo a non volerne a chi se ne va (chiunque abbia provocato l’abbandono le responsabilità sono sempre al 50%), la separazione potrebbe essere reale e lo spazio per l’altro disponibile.

Solo questo punto del tuo bel post mi trova in disaccordo. Questa idea, derivata dalla terapia sistemica per come la conoscevo, che partiva dal sistema e finalmente, in modo innovativo a quei tempi, puntava sulle responsabilità individuali condivise. Sulla distribuzione equa di queste responsabilità per ricominciare. Ed era importante.

Oggi invece non sottoscriverei al 100%  la frase ‘chiunque abbia provocato l’abbandono le responsabilità sono sempre al 50%‘. Questa distribuzione di responsabilità così calibrata oggi mi sembra ideologica, cerchiobottista e forse a volte dannosa per i nostri pazienti.

Se si era fragili, se non si era in grado di capire bene da giovani come sarebbe stata la distribuzione delle forze nella coppia con il passare del tempo, se l’altro invecchia più baldamente o diventa cocainomane, se la vita si sviluppa in una direzione non prevista, con un figlio disabile che l’altro non sa e non vuole trattare, o con malattie psichiche o organiche, ecco non sempre mi viene in terapia questa distribuzione. A volte scoprirsi scemi, vittime, fragili e piangere per questa fragilità senza considerarla una colpa è importante, e anzi può essere, questo sì, l’inizio di un percorso di salvazione che tu indichi con lucidità nella seconda parte del tuo blog.

A volte quando in terapia, a una persona abbandonata, ferita, il terapista spinge troppo sulla responsabilità, mi sembra veramente un modo che potrebbe essere difettoso di empatia. Le vittime esistono magari non 100 a 1 ma spesso 70 a 30 e chi si trova dalla parte del trenta, vuole piangersi addosso per un po’, sentirsi compreso, prima di potere guardare negli occhi la sua responsabilità che è sempre collegata con temi dolorosi che non poteva vedere.

Questi nostri pazienti fregati dalla vita, a volte hanno bisogno di compassione e vicinanza, prima di potere guardare con lucidità la loro parte di condivisione nel disastro relazionale che stanno attraversando, e poi, e poi giustamente piangere piangere e poi risorgere come tu bene spieghi.

 

LEGGI L’ARTICOLO ‘PER CHIUDERE UNA RELAZIONE È NECESSARIO L’AMORE’ DI UMBERTA TELFENER

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

Tutti gli articoli
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Disturbo ossessivo compulsivo da relazione: quando l'ossessione riguarda i rapporti sentimentali
Disturbo ossessivo compulsivo da relazione: quando l’ossessione riguarda i rapporti sentimentali

Il disturbo ossessivo compulsivo da relazione si manifesta con dubbi ossessivi riguardo le relazioni sentimentali e compulsioni agite per alleviare l'ansia

ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel