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Il cervello dei videogamer cronici evidenzia una iperconnettività: pregio o difetto?

Nei soggetti con dipendenza da gioco online sarebbe presente una iperconnettività a livello cerebrale che si associa a maggiore impulsività e distraibilità.

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 15 Gen. 2016

Aggiornato il 11 Gen. 2018 11:29

La dipendenza da gioco online o Internet Gaming Disorder è una condizione psicologica caratteristica di quei soggetti che sono ossessionati dai videogames. Tali pazienti si rivolgono allo specialista della salute mentale poiché arrivano persino a smettere di mangiare e a ridurre le ore di sonno, trascorrendo molto tempo davanti allo schermo del PC o della TV.

Un recente studio svolto su 106 ragazzi sud-coreani (età compresa tra 10 e 19 anni) con diagnosi di dipendenza da gioco online, ha evidenziato una maggiore connettività tra le aree corticali di questi pazienti rispetto alla popolazione di riferimento. Attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI), infatti, è stato possibile confrontare l’attività cerebrale dei pazienti con quella di 80 soggetti di controllo, considerando come misura di connettività funzionale le aree simultaneamente attive e a riposo.

E’ bene capire che in determinati casi l’iperconnettività tra due aree è un fatto positivo, in quanto promuove migliori performance cognitive. Proponendo un esempio, nei pazienti considerati da questo studio emergeva una iperconnettività tra le aree deputate all’analisi degli stimoli visivi o uditivi e il cosiddetto salience network, ovvero una rete neurale che sottende i processi attentivi necessari a cogliere gli stimoli rilevanti (“salienti” appunto) in mezzo a tutti quelli proposti dal contesto ambientale. Potremmo perciò supporre che i videogamer possiedano una migliore capacità di dirigere l’attenzione verso gli stimoli target e di riconoscere le nuove informazioni nell’ambiente, peculiarità che permetterebbe loro di reagire velocemente alle difficoltà del gioco.

In altri casi, invece, l’iperconnettività si associa ad una maggiore distraibilità ed impulsività, due qualità non propriamente funzionali al raggiungimento degli obiettivi. In aggiunta a ciò, i pazienti considerati nello studio evidenziavano una maggiore connettività anche tra la corteccia prefrontale dorsolaterale e la giunzione temporo-parietale, un pattern già riscontrato in pazienti afflitti da schizofrenia, sindrome di Down e autismo.

Secondo Jeffrey Anderson, uno degli autori della ricerca, i pro di questa aumentata connettività tra le aree potrebbero essere difficilmente separabili dai problemi che li accompagnano, motivo per il quale non è ancora chiaro se una consistente fruizione di videogiochi sia veramente migliorativa delle capacità cognitive.

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