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Siamo artefici della nostra stessa ansia?

Spesso, siamo proprio noi stessi a far scaturire eccessiva ansia.Questo però può ricordarci che siamo in grado di lavorare sui nostri pensieri

Di Chiara La Spina

Pubblicato il 21 Gen. 2016

E’ dimostrato che, spesso, siamo proprio noi stessi a far scaturire eccessiva ansia. L’ansia ci assale per le cose che ci diciamo o su cui ci iperfocalizziamo o per come, ad esempio, ci lasciamo trattare dagli altri.

Questo non vuol dire che noi siamo colpevoli o sbagliati; piuttosto, può ricordarci che possiamo essere in grado di lavorare sui nostri pensieri e prenderci cura di noi stessi con più gentilezza, in modo da migliorare la situazione. Fondamentale è identificare cosa fa raggiungere il picco alla nostra ansia; una volta scoperto ciò si può lavorare per ridurla.

Il terapeuta Casey Radle, specializzato nella cura di ansia e autostima presso l’Eddins Counseling Group a Houston (Texas), illustra quali sono tre modalità tipiche in cui cadiamo e con cui finiamo per amplificare la nostra ansia:

  • Considerare i nostri dubbi, fatti

Questo si verifica, ad esempio, quando ci troviamo ad uscire con una persona che ci piace davvero. Noi la invitiamo ad un nuovo appuntamento, ma se, dopo un po’ di ore, non riceviamo nessun segnale (messaggio, chiamata…) dall’altro, secondo Radle, iniziamo ad interpretare gli eventi, e quello che accade dentro di noi potrebbe riassumersi in questo tipo di pensiero: ‘Oh mio Dio, lui/lei non è interessato a me e non vuole vedermi mai più. Io non sono abbastanza per lui/lei, e ho sprecato la mia chances per questa relazione. Come ho potuto essere così stupido da pensare che qualcuno di così meraviglioso avrebbe voluto stare con uno come me?’

E così iniziamo a sentirci respinti, prima ancora di sapere cosa l’altra persona stia pensando o prima di darle la possibilità di rispondere. Lasciamo che siano le nostre insicurezze a scrivere la negativa narrazione degli eventi, senza alcuna informazione reale, assumendo che tali insicurezze siano dure e fredde verità.

  • Prevedere il peggio

In questo modo possiamo descrivere ciò che avviene quando la nostra mente finisce in un luogo buio e cavernoso, pieno di tutti gli scenari peggiori e più catastrofici possibili e ci fa inevitabilmente saltare a conclusioni terribili quali: esami finali falliti, incidenti aerei e cari delusi…

Possiamo aspettarci il peggio a livelli estremi – attendendoci, per esempio, lo schianto dell’aereo su cui siamo in volo – o in modo più sottile. Ad esempio: arrivi a lavorare e il tuo capo dice che vuole un incontro con te più tardi. Non ti dice il motivo e questo, secondo Radle, giustifica il tuo iniziare a ripeterti: ‘Finirò nei guai. Il mio capo vuole licenziarmi, già lo so’.

Ecco che di nuovo, ancora prima di partecipare alla riunione, si è già dato per scontato tutto quello che accadrà, e niente di ciò che viene previsto ha carattere positivo.

  • Ignorare le nostre esigenze

E’ proprio così: trascurare i nostri bisogni di base può rinforzare l’ansia. Per esempio: Stai dormendo abbastanza? Stai nutrendo il tuo corpo con nutrienti adeguati? Stai prendendo pause regolari?

E’ dura essere rilassati quando si è in giro, con la quarta tazza di caffè in mano, trascinati qua e là dalla lista di cose da fare, insicuri su quale sia l’ultima volta che si è stati seduti.

Lo stesso vale, in termini di ansia, per la mancata demarcazione e preservazione dei confini. Per esempio: Lasci che gli altri ti scavalchino e ti mettano i piedi in testa? Dici ‘sì’ quando in realtà vorresti dire ‘no’? Rimani in situazioni o relazioni che non sono giuste per te?

Cosa può aiutarci? Secondo quanto suggerito da Radle, quello che può aiutarci è:

  • Fare a noi stessi dei discorsi d’incoraggiamento e parlarci con un tono maggiormente compassionevole;
  • Considerare, quando non conosciamo interamente i fatti, molteplici scenari, evitando di riempire i pezzi mancanti in modo da realizzare una narrativa che rafforzi il pensiero ansioso;
  • Quando ci accorgiamo di saltare a conclusioni affrettate o di tentare la lettura delle menti altrui, ricordarci, in modo gentile, che sono cose che non possiamo proprio conoscere;
  • Onorare i nostri bisogni: dormire abbastanza, prendersi delle pause, impegnarsi in attività divertenti, rispondere alle proprie esigenze fisiche, emotive, mentali e spirituali;
  • Stabilire dei confini e denunciare apertamente quando questi vengono varcati da qualcuno: non possiamo aspettarci che la gente li conosca istintivamente; dobbiamo comunicarli in modo chiaro e se abbiamo bisogno di maggiori informazioni, aiuto, tempo o altro, non dobbiamo aver paura di chiedere.

Quindi, se vi ritrovate, con pensieri o azioni, in uno dei precedenti esempi, sapete che le cose possono cambiare partendo proprio da voi stessi, e, se avete bisogno di un po’ di supporto in più, non esitate a consultare un terapeuta.

 

 

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