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La motivazione al trattamento in psicoterapia

La motivazione al trattamento risulta un prerequisito per iniziare un trattamento psicoterapico ed è un elemento dinamico e modificabile - Psicoterapia %%page%%

Di Silvia Pomi, Vania Galletti

Pubblicato il 30 Dic. 2015

Aggiornato il 08 Lug. 2019 12:49

Precedenti ricerche hanno individuato la motivazione al trattamento come un fattore significativo nella valutazione della trattabilità; tuttavia, la motivazione non è un predittore statico, ma uno stato di prontezza o desiderio di cambiare, che può variare da un momento o situazione all’altra.

Vania Galletti, Silvia Pomi, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MODENA

[blockquote style=”1″]Sembra sempre impossibile fino a quando non viene fatto. [/blockquote] (Nelson Mandela)
Anche Spanò et al. (2012) riferiscono che il fattore predittivo più importante per un esito positivo della terapia è la motivazione al trattamento nei pazienti.

E vista la scarsità della letteratura in materia, nella loro ricerca hanno standardizzato un test in un day hospital psichiatrico a Roma che potesse indagare la motivazione al trattamento. I risultati mostrano come la motivazione sia il fattore predittivo positivo più importante nella valutazione preliminare di una psicoterapia breve: i risultati in terapia è più probabile che siano rapidi e favorevoli se i pazienti sono motivati al cambiamento e se appaiono impegnati insieme con il terapeuta.
Il cambiamento risulta infatti essere importante in ogni contesto e soprattutto di primaria importanza nell’ambito della cura alla persona. Ma come funziona tale percorso e da cosa dobbiamo partire per attuarlo?

 

La motivazione: definizione e caratteristiche psicologiche

Indispensabile è possedere un buon livello di motivazione, definita come uno stato interno che attiva, dirige e mantiene nel tempo il comportamento di un individuo (Motiva – Azioni). Da un punto di vista psicologico può essere vista come l’insieme dei fattori dinamici aventi una data origine che spingono il comportamento di un individuo verso una data meta; secondo questa concezione, ogni atto che viene compiuto senza motivazioni rischia di fallire.

È possibile fare una prima distinzione tra motivazioni biologiche, innate, che fanno riferimento a elementi fisiologici, ed elementi motivazionali di tipo psicologico-cognitivo, il cui dispiegamento è avvenuto durante l’esperienza. Il meccanismo motivazionale si esplica come continuo interagire di questi due elementi.

Motivazione intrinseca ed estrinseca

Un’altra distinzione fondamentale avviene attraverso i concetti di motivazione intrinseca ed estrinseca: per motivazione intrinseca si intende quella spinta a fare, generata da caratteristiche ed esperienze personali dell’individuo (es. quando un alunno si impegna in un’attività perché la trova stimolante e gratificante di per se stessa).

La motivazione estrinseca è quella che si determina in una certa situazione in base a spinte esterne (es. quando uno studente che si impegna in attività per scopi diversi dalla mansione stessa, esempio per prendere un buon voto in matematica così da avere il permesso di andare alla festa).

 

Il Modello Transteoretico di Cambiamento

Secondo il Modello Transteoretico di Cambiamento (TTM) di Carlo DiClemente e James Prochaska (1982), gli stadi del cambiamento, possono essere sintetizzati come segue:

– Precontemplazione: il soggetto, in questa fase, non ritiene di dover modificare il proprio comportamento in quanto non lo vede come un problema. Si lavora, quindi, per accrescere la consapevolezza del soggetto e le informazioni sul problema nonché aumentare le possibilità di cambiamento.

– Contemplazione: qui il soggetto è parzialmente consapevole del proprio problema; da un lato prende in considerazione il cambiamento, dall’altro lo rifiuta. La motivazione al cambiamento non coincide, infatti, con l’impegno in tal direzione. Si lavora, quindi, per valutare l’ambivalenza della situazione e considerare la progettualità esistente. Utile, a tal fine, la Bilancia decisionale, strumento atto a promuovere comparazione tra aspetti positivi e negativi di un particolare comportamento, favorire consapevolezza ed attivare il cambiamento.

– Determinazione: il soggetto giunge a tale stadio quando decide di porre fine al proprio comportamento problematico. Si interviene, allora, per trovare strategie comportamentali adeguate, percorribili, appropriate e rivalutare le intenzioni espresse.

– Azione: rappresenta l’insieme di attività messe in atto dall’utente al fine di modificare il proprio comportamento. Si tenta, quindi, di promuovere una nuova esperienza, mettere meglio a fuoco gli obiettivi e realizzare un programma che rispetti il più possibile gli intenti del singolo.

– Mantenimento e ricaduta: si stabilizza il nuovo comportamento e la minaccia di ricaduta diminuisce progressivamente. Si lavora per: accrescere capacità di problem-solving, lavorare sull’irrazionalità di pensieri svalutativi, imparare a vedere la ricaduta come ostacolo prevedibile e gestibile.

Data l’importanza che il fattore motivazione ha sull’esito della terapia risulta interessante interrogarsi su come questo aspetto emerga nelle diverse patologie.

La natura relazionale della motivazione al trattamento

Treasure e Ward (1997) ritengono che la motivazione al trattamento non dovrebbe essere considerata un attributo del paziente, ma il risultato di un processo interpersonale tra paziente e terapeuta.

[blockquote style=”1″]Affinché una psicoterapia abbia successo paziente e terapeuta debbono cooperare impegnandosi ciascuno in compiti specifici in funzione di scopi condivisi. La relazione terapeutica è il contesto che influisce, positivamente o negativamente, sulla motivazione di entrambi a dedicarsi a quest’impegno[/blockquote] (Dimaggio, Semerari, 2003).

 

Motivazione al trattamento nei disturbi di asse II

Per quanto concerne i disturbi di asse II, Scagliusi (2013) in una ricerca sui Disturbi Gravi di Personalità parla di scarsa motivazione al trattamento, il paziente infatti non si ingaggia in un percorso di cura, non esternalizza, nonostante le evidenze della realtà, comportamenti e/o atteggiamenti, tentando paradossalmente di mantenere il proprio equilibrio disfunzionale. Appare consigliabile per un terapeuta dotarsi di un approccio relazionale strutturato, strategico e tecnico, che tramite specifiche abilità sia teso a mantenere la relazione, il contatto con il paziente pur in presenza di elevate resistenze; a gestire i comportamenti e gli atteggiamenti di resistenza al cambiamento; a verificare e monitorare lo stato della motivazione al cambiamento del paziente; ad attivare la motivazione al cambiamento del paziente, promuovendone la responsabilizzazione e l’orientamento ai vari strumenti di cura (farmacoterapia, psicoterapie, qualsiasi altro intervento di cura e riabilitazione).

In uno studio di Bilici et al. (2014) sono stati osservati pazienti con disturbo di personalità associati all’abuso di sostanze (maggiormente eroina). Da questa ricerca emerge come la presenza di un disturbo di personalità con abuso di sostanze e punteggi di depressione elevati correlino con un livello più basso di motivazione al trattamento. Molto rilevante in questa tipologia di pazienti è stato tenere in considerazione se la richiesta d’aiuto fosse forzata o volontaria. Gli autori infatti evidenziano l’importanza di trovare dei modi per incoraggiare i pazienti a un ricovero volontario piuttosto che indirizzato dal volere di altri.

Altre ricerche di Van Beek et al. (2008) invece sostengono che in pazienti con disturbi di personalità la motivazione è un fattore che risulta preservato, e risulta strettamente correlato al livello di angoscia e sofferenza provato.
Questa tesi viene confermata anche in uno studio di Yan et al. (2011) dove emerge che pazienti con disturbo schizotipico di personalità hanno una motivazione al trattamento non distante da quella di pazienti senza disturbi di personalità con i quali erano confrontati.

 

Motivazione al trattamento nei disturbi di asse I

Per quanto concerne i disturbi di asse I alcune ricerche sulla motivazione al trattamento confermano l’importanza di questo fattore negli esiti del trattamento.
Per quanto riguarda i disturbi d’ansia e dell’umore il cambiamento è difficile e costellato da ambivalenze, che includono momenti di stallo e motivazioni opposte, e i soggetti ansiosi si sentono sovente combattuti: pur coscienti dei problemi creati dall’ansia e desiderosi di liberarsene, sono vittime delle abitudini, ben radicate e dure a morire, a dispetto dei problemi che creano (Westra et al. 2011).

 

Motivazione al trattamento nei disturbi alimentari

In uno studio di Hillen et al. (2015) con pazienti affetti da anoressia nervosa (AN), emerge che la motivazione al cambiamento è un importante predittore di esito per quanto riguarda l’aumento di peso e il miglioramento della psicopatologia dei disturbi alimentari. In particolare, i pazienti giovani sono caratterizzati da un basso livello di motivazione per il recupero e percepiscono più coercizione nell’ospedalizzazione. Per questo motivo, una migliore comprensione delle variabili che influenzano la disponibilità al cambiamento può contribuire a sostenere i pazienti nell’atto di modificazione del comportamento e nel rimanere motivati ​​per il trattamento.
Quello che emerge dallo studio è che pazienti con un BMI superiore al ricovero e quelli con sintomi specifici del disturbo alimentare più gravi sembrano essere meno motivati ​​a cambiare, la questione cruciale della motivazione a cambiare dovrebbe essere affrontato con questi pazienti durante il processo terapeutico.

In uno studio di Schmidt et al. (2000) si è approfondito un aspetto della motivazione al trattamento in pazienti con attacco di panico, precisamente la compliance agli homework previsti dalla terapia cognitivo- comportamentale. Quello che è emerso è che la buona motivazione e l’alta qualità (a discapito della quantità) degli esercizi svolti a casa sono dei predittori di un buon esito della terapia.
In uno studio condotto da Nickel et al. (2005) su donne con Disturbo d’ansia generalizzato è stato riscontrato che lavorare sulla motivazione prima del trattamento o di un eventuale ricovero sia importante per migliorare gli esiti della terapia.

[blockquote style=”1″]Cercare di cambiare le abitudini delle persone e il loro modo di pensare è come scrivere nella neve durante una tormenta. Ogni 20 minuti dovete ricominciare tutto da capo. Solo con una ripetizione costante riuscirete a creare il cambiamento.[/blockquote]
(Donald L. Dewar)

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