Lo studio effettuato dalla Dottoressa Pamela Leong e recentemente pubblicato dalla rivista Gender, Place & Culture, prende in analisi la modalità con cui uomini e donne esprimerebbero la propria mascolinità o femminilità in quel luogo anonimo e apparentemente privato che sarebbero i bagni pubblici.
I graffiti nei bagni, che si tratti di disegni o di parole, costituirebbero un efficace mezzo di comunicazione tra sconosciuti: scritti in un momento privato con la consapevolezza che diventeranno pubblici essi trasmettono idee, immagini e addirittura sostegno. Utilizzando dati raccolti in 10 bagni dell’università (5 maschili e 5 femminili), lo studio esamina le differenze di genere nei pattern di comunicazione, a partire dall’analisi dello stile e del contenuto dei graffiti.
I dati ci mostrano che, mentre lo stile comunicativo delle donne tende ad essere di tipo supportivo e centrato sulla relazione, quello maschile è infarcito di insulti e commenti a sfondo sessuale. Inoltre, un’analisi delle catene di “botta e risposta” contenute nei graffiti, suggerisce che le gerarchie di potere sono stabilite e mantenute anche in un luogo anonimo, senza che sia necessaria la presenza fisica degli interlocutori.
Il primo grande studio sui graffiti nei bagni fu effettuato dal famoso docente Alfred Kinsey negli anni Cinquanta, il quale scoprì che la maggior parte dei graffiti dell’università era ad alto contenuto sessuale, ma che la sessualità si definiva diversamente tra gli uomini e le donne: gli argomenti nei bagni maschili ruotavano attorno ad atti ed organi sessuali, nei bagni delle signore ci si concentrava maggiormente sulla sessualità in termini relazionali e tendenzialmente non osceni. Successive ricerche effettuate in questo campo rilevarono poi che, verso gli anni Settanta e Ottanta, anche i graffiti del gentil sesso si spostavano su argomenti e terminologie più volgari, introducendo inoltre contenuti politici e politicizzati, in pari con i vari movimenti di emancipazione delle donne avvenuti in quegli anni.
Insomma, a 60 anni dallo studio di Kinsey, Pamela Leong, assistente docente di Sociologia presso la Salem State University, torna sull’argomento e scopre che le donne sono molto più prolisse, autrici del 70% dei graffiti totali. I maschi si esprimono in termini più espliciti, aggressivi e crudi, con riferimenti frequenti ai genitali femminili e commenti omofobi, introducendo di tanto in tanto insulti e battute; le donne tendono invece a occupare i muri con sfoghi riguardanti difficoltà relazionali, pensieri e sentimenti privati, supporto e risposte ad altre “pittrici e scrittrici dei bagni”. Inoltre discutono spesso dei propri movimenti intestinali, esprimendo il disagio di parlarne in pubblico ed essere giudicate su affari tanto privati.
E’ noto che commenti estremi ed irriverenti sono diffusi tramite l’utilizzo dei graffiti; ma quello che Leong tiene a sottolineare è che, nonostante tutto, anche questa pratica comunicativa tende a rinforzare stereotipi in merito alla virilità maschile ed alla subordinazione femminile. Afferma la studiosa:
[blockquote style=”1″]Anche negli spazi anonimi si usa differenziare i sessi disprezzando qualsiasi cosa sia femminile … questo mostra e rinforza le gerarchie di potere esistenti.[/blockquote]
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BIBLIOGRAFIA:
- Leong, P. (2015). American graffiti: deconstructing gendered communication patterns in bathroom stalls. Gender, Place & Culture.