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Alessitimia: i progressi negli ambiti della teoria, della ricerca e degli strumenti di valutazione

L'alessitimia consiste in una difficoltà nell'identificare e descrivere i sentimenti, scarse capacità immaginative e stile cognitivo orientato all'esterno.

Di Rossana Piron

Pubblicato il 24 Giu. 2015

Aggiornato il 17 Set. 2018 09:38

Rossana Piron, OPEN SCHOOL Studi Cognitivi, Modena

L’alessitimia deriverebbe da un crollo del processo referenziale, causato da condizioni avverse durante l’infanzia, come traumi o conflitti.

L’alessitimia è un costrutto della personalità complesso e multidimensionale ed è stato associato a diversi disturbi medici e psichiatrici. Fu descritto per la prima volta nel 1948 da Jurgen Ruesch nell’articolo “The infantile personality” (Ruesch, 1948), e successivamente introdotto nella comunità scientifica da Nemiah e Sifneos (1970) nella prima metà degli anni Settanta.

Fino agli anni Ottanta erano stati pubblicati solamente 120 articoli sull’argomento, oggi se ne contano più di 1800, grazie alla diffusione di recenti studi empirici e di nuovi strumenti di valutazione.

Alle origini il costrutto dell’alessitimia fu associato alle malattie psicosomatiche classiche, successivamente anche ad altri quadri psicopatologici come il disturbo post-traumatico da stress, l’uso di sostanze, disturbi alimentari e disturbi di personalità. Per questo motivo è considerato un costrutto transdiagnostico.

 

Le caratteristiche peculiari dell’alessitimia:
– difficoltà nell’identificare i sentimenti e nel distinguere i sentimenti dall’attivazione fisica di natura emozionale;
– difficoltà nel descrivere agli altri i sentimenti;
– ridotta capacità immaginativa e scarsità di fantasie;
– stile cognitivo orientato all’esterno. 

I progressi relativi alla teoria delle emozioni negli ultimi quindici anni hanno contribuito a una comprensione più ampia dell’alessitimia. Di particolare rilievo è stata la teoria del codice multiplo di Bucci (1997) sull’elaborazione delle emozioni, in linea con le ultime ricerche in ambito delle scienze cognitive e delle neuroscienze. Secondo questa teoria, le emozioni derivano da processi sub-simbolici (sensazioni viscerali e sensoriali) collegati con l’arousal fisiologico e da elementi simbolici (immagini e parole) che vengono rappresentati nella mente. Il collegamento tra sensazioni somatiche e rappresentazione mentale avverrebbe grazie ad un processo referenziale, che permette ai processi sub-simbolici di tradursi in un concetto logicamente organizzabile e mentalmente rappresentabile.

L’alessitimia deriverebbe da un crollo del processo referenziale, causato da condizioni avverse durante l’infanzia, come traumi o conflitti (Bucci, 2008). La qualità dell’attività referenziale può essere esplorata clinicamente attraverso l’ascolto della narrazione del paziente, la quale tende a evocare immagini e affetti nell’ascoltatore quando l’attività è alta, e a suscitare un senso di monotonia e piattezza emotiva quando l’attività referenziale è bassa.

Contributi di ricerca sull’alessitimia

Superato il campo della medicina psicosomatica, la ricerca si è poi spostata su altri ambiti di interesse, come gli studi evolutivi e l’attaccamento, studi di brain imaging e indagini sulla correlazione tra alessitimia e mentalizzazione. Sembra che l’alessitimia sia associata a stili di attaccamento insicuro, in particolare insicuro-distanziante, ma anche a stili preoccupati e timorosi (Montebarocci et al., 2004; Troisi et al., 2001). L’attaccamento insicuro è stato associato a una ridotta mentalizzazione, intesa come capacità di leggere e comprendere gli stati mentali propri a altrui, inclusi i sentimenti, le credenze e le intenzioni (Fonagy e Target, 1997). Recentemente Fonagy, Bateman e Luyten (2012) hanno evidenziato la stretta correlazione esistente tra mentalizzazione e alessitimia.

Diversi studi in ambito cognitivo e metacognitivo hanno indagato la correlazione tra l’alessitimia e diverse condizioni psicopatologiche, l’abuso di sostanze e tratti di personalità. Sebbene non ci siano studi empirici che dimostrino una relazione diretta tra il costrutto e i disturbi di personalità, è però stato accertato il legame con alcuni tratti della personalità. In uno studio su pazienti ricoverati per alcolismo, l’alessitimia risulta correlata in modo positivo con tratti di personalità evitante, schizoide e antisociale (De Rick, Vanheule, 2007). Più recentemente, uno studio su pazienti ricoverati in una clinica per il trattamento di disturbi di personalità ha evidenziato che un maggior livello di alessitimia era presente in pazienti con elevati tratti di personalità del cluster C del DSM-IV, rispetto a quelli con bassa alessitimia (Nicolò et al., 2011).

Per quanto riguarda la ricerca sperimentale, pare che i livelli del neuropeptide ossitocina abbia un ruolo nel determinare il riconoscimento delle espressioni facciali. Sono state condotte delle ricerche per indagare se il livello di ossitocina possa migliorare la mentalizzazione in soggetti con elevati livelli di alessitimia. Un recente studio sperimentale (Luminet et al., 2011) ha confrontato le prestazioni di soggetti con alti e bassi livelli di alessitimia al Reading the mind in the eyes test: è un test formato da trentasei fotografie di volti con espressioni facciali emotive complesse. Per ogni fotografia, veniva chiesto ai partecipanti di scegliere tra diversi quattro stati emotivi. Dallo studio è emerso che i soggetti con un basso livello di alessitimia avevano buone prestazioni sia con la somministrazione di ossitocina, sia in condizione placebo, mentre i soggetti con alti livelli di alessitimia avevano prestazioni di gran lunga migliori con la somministrazione di ossitocina rispetto al gruppo di controllo. I risultati dello studio quindi evidenziano che l’ossitocina migliorerebbe la capacità di riconoscimento delle emozioni altrui, in particolare di quelle negative.

Strumenti di valutazione dell’alessitimia

Lo strumento maggiormente utilizzato per la valutazione dell’alessitimia su ampia scala è la TAS-20. Si tratta di un questionario di auto-somministrato formato da 20 item e diviso in tre scale fattoriali: difficoltà a identificare i sentimenti, difficoltà a esprimere i sentimenti agli altri e stile cognitivo orientato all’esterno. Manca la valutazione della ridotta capacità di fantasticare e di accedere ad altri processi immaginativi. Trattandosi di un questionario di auto-valutazione, il limite dello strumento sembra essere quello di chiedere una valutazione dei processi mentali a pazienti che per definizione hanno poca consapevolezza e scarsa capacità introspettiva (Lumley et al., 2007).

Al fine di migliorare la qualità della ricerca, il gruppo di Toronto di Bagby e collaboratori (2006) ha sviluppato un nuovo strumento, la Toronto Structured Interview for Alexitymia (TSIA). A differenza degli strumenti self-report, le interviste strutturate permettono al clinico di verificare e di esplorare la qualità della risposta dell’intervistato e di indagare eventuali dubbi sulla loro veridicità (Perry, 1992).

 

L’intervista è formata da 24 item, sei item per ognuna delle quattro dimensioni dell’alessitimia:

DIF (difficulty identifying feeling), difficoltà a identificare i sentimenti (item 1.5.9.13.17.21): riguarda la difficoltà o la confusione nell’identificare emozioni e sentimenti, o nella distinzione tra sentimenti diversi;
DDF (difficulty describing feeling), difficoltà a descrivere i sentimenti agli altri (item 2.6.10.14.18.22): tale difficoltà è valutata esplorando la capacità dell’intervistato di esprimere verbalmente le emozioni e di utilizzare il linguaggio per comunicare i propri sentimenti;
EOT (externally-oriented thinking), stile cognitivo orientato all’esterno (item 3.7.11.15.19.23): gli item valutano lo stile di pensiero dell’intervistato, in particolare se il pensiero è orientato più sugli eventi esterni, persone e luoghi, rispetto alle esperienze interne.
IMP (imaginal processes), processi immaginativi (item 4.8.12.16.20.24): gli item valutano la capacità dell’intervistato di dedicarsi a fantasie o ad altre attività immaginative. Alcuni item riguardano il fantasticare, altri riguardano l’utilizzo dell’immaginazione e il grado di interesse verso queste attività.

Ciascun item viene segnato su una scala a 3 punti, alcuni item fanno riferimento alla frequenza, altri all’intensità. Il punteggio totale varia da 0 a 48, e i punteggi più alti indicano un alto livello di alessitimia. La TSIA è considerata ad oggi lo strumento principe per la valutazione dell’alessitimia, è già stata tradotta in diverse lingue, tra cui l’italiano. La traduzione è stata curata da Caretti (2011) dopo essere stata validata sul piano psicometrico.

Il progresso nella ricerca e lo sviluppo di nuovi strumenti di valutazione hanno permesso di uscire da una visione categoriale del costrutto, per rinforzare gli aspetti dimensionali. Non esiste più la differenza tra pazienti alessitimici e non alessitimici, ma il costrutto è visto come un raggruppamento di caratteristiche cognitive e affettive, che possono accompagnare molti quadri diagnostici con diversa frequenza e intensità.

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Rossana Piron
Rossana Piron

Tecnico di Riabilitazione Psichiatrica, Psicologa clinica

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