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Napoli in treatment #NIT la Psico Fiction: un’intera città in Psicoterapia

La psico-fiction va in onda sui canali televisivi di Videometrò news network e sul sito internet www.napolintreatment.it e le relative pagine fb e twitter.

Di Redazione

Pubblicato il 12 Mag. 2015

Pietro Crescenzo

Napoli è la prima Città al mondo ad andare in psicoterapia con Napoli in Treatment, inedito format di video-comunicazione, ideato da Roberta De Martino.

Ebbene sì, attenzione cari colleghi psicologi e psicoterapeuti che prima o poi potrebbe bussare alla porta del vostro studio un’intera Città. E’ quello che accade al dottor Cimone, protagonista di Napoli in treatment, nuovo format ideato dalla psicologa psicoterapeuta e giornalista Roberta De Martino, promosso dall’associazione di promozione sociale Le Leggi del Mondo e finanziato dalla Fondazione Banco di Napoli.

La psico-fiction, scritta dalla stessa De Martino, insieme alla psicologa e psicoterapeuta Annalisa Cocozza, va in onda sui canali televisivi di Videometrò news network (in onda nelle metropolitane, cumane e funicolari di Napoli) e sul sito internet www.napolintreatment.it e le relative pagine fb e twitter, create ad hoc per il progetto.

D'Errico e Borruto Pierfrancesco Napoli in Treatment

Nelle venti puntate, che andranno in onda in quattro flash di un minuto circa ciascuno, si “vedrà” la signora Partenope (interpretata dall’attrice Rosaria De Cicco) arrivare affannata nello studio dello psicologo psicoterapeuta Antonio Cimone (interpretato da Francesco Mastandrea) in preda a mille ansie e lamentele. Toccherà al saggio Cimone allargare lo sguardo della sua paziente mostrandole, attraverso una psicoterapia di gruppo, accanto alle sue tante problematiche (affrontate con le metafore dei sintomi) legate all’emergenza rifiuti, l’inquinamento, la precarietà, i trasporti ecc., le tantissime risorse che, già attive in Città, si stanno occupando della risoluzione dei suoi disagi.

L’obiettivo, ambizioso, di questo progetto è di costituire un nuovo modo di fare comunicazione che, seguendo i principi dell’approccio sistemico-relazionale, provi a dare rilevanza non solo all’out-put del processo informativo ma anche e soprattutto al feed-back: una comunicazione circolare che cura le relazioni creando connessioni. La “struttura che connette” (Bateson, 1977) fa da sfondo e da organizzatore del processo psicologico di Napoli in Treatment, che si pone come raccordo e link tra realtà differenti e, spesso, mal comunicanti.

Coniugando psicologia, giornalismo e arte il giovane staff di NIT –variegato e multidisciplinare –si propone di ampliare e rafforzare le reti dei sistemi di convivenza, supportando e collegando le realtà virtuose del territorio napoletano e aiutando la difficile “paziente” a guardare da diversi punti di vista problemi vecchi e nuovi.

Francesco Mastandrea alias Cimone sul set

Il processo psicologico che è alle fondamenta di Napoli in Treatment ha visto il coinvolgimento di diversi noti professionisti psicologi e psicoterapeuti tra cui il direttore del Corso di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica e professore alla Sapienza, Renzo Carli (supervisore esterno al progetto), il presidente dell’Ordine degli Psicologi della Campania, Antonella Bozzaotra e il didatta e direttore della sede di Napoli dell’ IIPR (Istituto Italiano di Psicoterapia Relazionale), Giovanni Madonna che hanno monitorato la creazione del format fin dai suoi primi passi supervisionando la costruzione del copione della dottoressa De Martino e della dottoressa Cocozza, entrambe psicoterapeute e allieve didatte dell’I.I.P.R.

La psico-fiction, girata dai talentuosi fratelli Angelo e Pierfrancesco Borruto (BBros Production), sta avendo già un ottimo successo di pubblico. Ad incuriosirsi non solo gli “addetti ai lavori” ma tanti cittadini napoletani e non solo che sembrano essere attratti da questo nuovo modo di prendersi cura dei sistemi di convivenza con ironia e il coinvolgimento della cittadinanza tutta. Partenope, come capita spesso a ognuno di noi, oscilla costantemente tra un’immagine di sé come “bellissima cartolina” o di “bruttissima spazzatura”.

Toccherà al dottor Cimone, secondo il modello teorico dell’ecologia della mente, tenere affianco immagini tanto frammentate in nome di una più salutare immagine integra.

[blockquote style=”1″]Napoli non va in psicoterapia perché è una Città più bisognosa delle altre ma perché Città autentica e forse maggiormente disposta a mettersi in discussione non negando le proprie criticità[/blockquote] sottolinea la dottoressa De Martino. Sarà forse proprio per questo che il cast di NIT, costituito anche dalla psicologa Serena Ripa e dalla dottoressa in storia e filosofia Stefania Cangiano, è riuscito a confrontarsi con più di 25 “pazienti” (cittadini, associazioni e rappresentanti delle Istituzioni) per riflettere con loro su come migliorare le proprie pratiche di lavoro per il benessere della Città. NIT mira a promuovere il “senso di appartenenza” (Carli R., 2003) come memoria della propria identità e come fattore indispensabile dalla cura, come motore della cultura locale per promuovere convivenza.

Mastandrea(Cimone) e P. Borruto

Napoli in treatment è una vera e propria rivoluzione d’amore che ha mobilitato tante energie e talenti gratuitamente per il solo benessere di Partenope. Tra di essi vanno menzionati il web designer Josè Compagnone, il grafico Carlo Manna, il segretario di produzione Davide D’Errico dell’associazione Addà Passà ‘a nuttata e le giornaliste Adele Brunetti e Caterina Piscitelli.

[blockquote style=”1″]Il messaggio che Napoli in Treatment vuole inviare ai napoletani, ma anche a chi napoletano non è, è di reimparare a desiderare, assieme, in una relazione che si allontani dall’invidia individualista e chiusa in se stessa[/blockquote] spiega saggiamente il professor Renzo Carli. Penso che il messaggio di Napoli in Treatment aiuti a pensare emozioni, aiuti a desiderare. Desiderio, nel suo etimo, vale de-sidera, in altri termini “togliere lo sguardo dalle stelle”, o se si vuole dall’onnipotenza, per accettare il limite della nostra dimensione reale. Ma a ben vedere, desiderare, nella sua accettazione del limite, significa un allontanamento dalla falsità perversa che segna la nostra cultura attuale. Significa recuperare utopia e follia. 

 

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