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Effetto Placebo: un viaggio tra mente e corpo. Intervista a Fabrizio Benedetti

Intervista a Fabrizio Benedetti, professore ordinario di neurofisiologia e fisiologia umana all’Università di Torino ed esperto di effetto placebo

Di Gaspare Palmieri

Pubblicato il 16 Apr. 2015

Gli psicoterapeuti devono prendere coscienza che, così come avviene in farmacoterapia, anche in psicoterapia c’è un effetto placebo. Quindi, non tutte le psicoterapie sono realmente efficaci. Alcune agiscono solo mediante un effetto placebo.

Chi lavora in ambito psichiatrico e psicoterapico non può non tenere in considerazione come le aspettative del paziente rispetto ai trattamenti abbiano un ruolo importante, che spesso condiziona l’esito della cura. Questo fenomeno è alla base del cosiddetto effetto placebo, che ha recentemente attirato l’interesse dei ricercatori in quanto esempio di affascinate e complessa interazione tra mente e corpo, in cui gli eventi mentali sono in grado di influenzare aspetti biologici e organici.

Recentemente mi è capitato di leggere il bel libro di Fabrizio Benedetti, “L’effetto placebo, breve viaggio tra mente e corpo” (Carocci, 2012), che tratta questo argomento in modo scientificamente rigoroso, seppure con un taglio divulgativo. L’autore, professore ordinario di neurofisiologia e fisiologia umana all’Università di Torino ed esperto di effetto placebo a livello internazionale, ha accettato di rispondere ad alcune domande per State of Mind. 

Gaspare Palmieri (GP): Nei trial clinici degli antidepressivi emerge come la risposta al placebo possa arrivare fino al 40%. In che modo uno psichiatra dovrebbe tenere in considerazione questo dato nella propria pratica clinica?

Fabrizio Benedetti (FB): In una classica meta-analisi del 1998 di Kirsch e Sapirstein, la risposta placebo è stata stimata del 75%. In effetti, di questo 75%, il 25% è remissione spontanea, mentre il 50% è un effetto psicologico (la risposta placebo vera!). Quindi, sembra che solo il 25% sia un effetto farmacodinamico. Le implicazioni sono che verosimilmente la psicoterapia è più efficace rispetto alla farmacoterapia.

GP: Sembra che nella risposta a certi farmaci le aspettative di guarigione giochino un ruolo fondamentale. C’è un modo per indagarle anche in modo strutturato con interviste e test affidabili? Avrebbe senso usarle rutinariamente anche per calibrare meglio le prescrizioni?

FB: Le aspettative vengono oggi valutate sempre più nei trial clinici moderni, ma nella pratica medica sembra un po’ più complicato.

GP: Nel libro dedica un capitolo all’effetto placebo in psicoterapia. Che ripercussioni può avere questo fattore nella pratica psicoterapeutica?

FB: Le ripercussioni sono che gli psicoterapeuti devono prendere coscienza che, così come avviene in farmacoterapia, anche in psicoterapia c’è un effetto placebo. Quindi, non tutte le psicoterapie sono realmente efficaci. Alcune agiscono solo mediante un effetto placebo.

GP: Può tracciare, alla luce dei suoi studi, una sorta di profilo di paziente su cui l’effetto placebo dovrebbe funzionare maggiormente? Esistono test psicometrici utili in questo senso?

FB: Ci sono almeno due meccanismi. Primo, l’apprendimento gioca un ruolo fondamentale: chi ha ricevuto in passato trattamenti efficaci, in genere diventa un buon placebo responder. Secondo, alcuni genotipi rispondono meglio di altri, e ciò tutto sommato non sorprende, visto che molti neurotrasmettitori sono coinvolti nella risposta placebo. Quindi, una variante genetica di un neurotrasmettitore è ovvio che influisca anche sulla risposta placebo.

GP: Per via delle ovvie complicazioni etiche, pare che siamo ancora molto lontani dall’uso del placebo come terapia, tranne forse in certi casi anedottici. D’altra parte l’informare il paziente che si tratta di un placebo farebbe perdere buona parte dell’effetto sulle aspettative. Sembra un dilemma di non facile risoluzione…

FB: L’uso del placebo nelle corsie ospedaliere e negli ambulatori medici è molto comune in tutto il mondo e nella maggior parte dei casi non viene detto al paziente che si tratta di un placebo. Recentemente, alcuni studi hanno dimostrato che anche nel caso in cui si dica al paziente che si tratta di un placebo, un piccolo effetto rimane. E’ la componente inconscia della risposta placebo.

GP: Nel suo libro analizza anche il fenomeno placebo nella vita di tutti i giorni, dove la realtà viene vissuta a seconda del significato che noi le attribuiamo. Ricorda un approccio molto in linea con le teorie psicologiche del costruttivismo, cosa ne pensa?

FB: Certamente sì. Siamo noi ad interpretare il mondo che ci circonda, e la realtà vera spesso non è come quella che noi percepiamo.

 

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