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La scelta di determinare se un volto è animato o no dipende dalla nostra socievolezza

La tendenza a categorizzare i volti come animati dipende dallo status socio-relazionale dell’individuo e dalle motivazioni per le future interazioni sociali

Di Ioana Cristina Marchis

Pubblicato il 03 Ott. 2014

FLASH NEWS

Un recente studio pubblicato su Psychological Science sostiene che sentirsi non socievoli può ridurre la capacità di determinare se un oggetto è inanimato o meno.

In quanto esseri sociali, possediamo una motivazione intrinseca a prestare attenzione alle interazioni sociali; questo bisogno di essere connessi, di appartenere  ad una rete sociale fa parte integrante della natura umana influenzando il benessere fisico e mentale delle persone.

A questa ricerca hanno partecipato 30 studenti universitari che sono stati sottoposti ad un compito in cui dovevano decidere se un volto che veniva presentato loro fosse animato o meno. I volti (morphs) sono stati costruiti ex-novo dagli sperimentatori combinando caratteristiche di volti inanimati (come naso, bocca, le sopracciglia, mento di una bambola) a caratteristiche di volti di persone reali.

Sono state costruite in questo modo due categorie di volti: maschili e femminili, presentati random, che potevano avere diversi gradi di similitudine (su una scala da 0% a 100%) con un volto reale. In seguito, ai partecipanti veniva somministrato un questionario che misurava la socievolezza.

Dai risultati è emerso che i partecipanti che hanno ottenuto punteggi più alti al test di socievolezza categorizzavano più volti come “animati” rispetto al resto del gruppo di partecipanti.

Per approfondire i risultati ottenuti, gli autori hanno condotto un secondo studio in cui hanno manipolato sperimentalmente il “sentirsi socievoli”.

I ricercatori hanno chiesto ad un secondo gruppo di studenti universitari di compilare un test sulla personalità. Al posto del vero esito al test, ai partecipanti veniva fornito in maniera random un feedback che poteva essere la descrizione di una persona che avrebbe condotto una vita isolata e solitaria o di una persona che avrebbe avuto una vita socievole caratterizzata da relazioni durature. In seguito, i partecipanti venivano sottoposti al test della categorizzazione dei volti.

Come ipotizzato, dai risultati è emerso che gli studenti etichettati “come socievoli” hanno scelto un maggior numero di volti come appartenenti alla categoria “animati”.

Powers, uno degli autori del presente studio, sostiene che i risultati ottenuti sono particolarmente interessanti in quanto gli studi precedenti hanno dimostrato che le persone sono abbastanza caute nel determinare se un volto è animato.  Dal presente studio emerge come tale decisione dipende dallo status socio-relazionale dell’individuo e dalle motivazioni per le future interazioni sociali.

Ricerche simili ci aiutano a comprendere i fattori coinvolti nella percezione dei volti e nell’instaurare dei rapporti sociali ed inoltre possono fornire degli spunti interessanti per capire meglio le nuove tipologie di relazioni che sono emerse in età moderna, compresi i nostri rapporti con gli animali domestici, gli avatar o i mezzi tecnologici come computer, robot e telefoni cellulari.

 

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Ioana Cristina Marchis
Ioana Cristina Marchis

Dottoressa Magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi Educativi, Tirocinante presso Studi Cognitivi

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