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L’attivazione del sistema immunitario compromette le abilità di discriminazione complesse

Le molecole di segnalazione del sistema immunitario, le citochine, compromettono la comunicazione tra i neuroni dell'ippocampo e le abilità discriminative

Di Ioana Cristina Marchis

Pubblicato il 06 Ott. 2014

FLASH NEWS

L’infiammazione al cervello può compromettere la nostra capacità di recuperare ricordi complessi d’esperienze simili ma distinte, come sostengono Irvine Jennifer Czerniawski e John Guzowski due ricercatori dell’Università di California.

Il loro studio, pubblicato recentemente su The Journal of Neuroscience, individua specificatamente come le molecole di segnalazione del sistema immunitario, chiamate citochine, compromettono la comunicazione tra i neuroni dell’ippocampo, un’area del cervello che controlla le capacità discriminative.

I dati sono stati ottenuti analizzando i deficit cognitivi nelle persone sottoposte a chemioterapia e in quelle con delle malattie autoimmuni o neurodegenerative, tutte condizioni mediche caratterizzate da un elevato livello di citochine.

Guzowski, uno degli autori, sostiene che la presente ricerca fornisce il primo collegamento tra l’attivazione del sistema immunitario, la funzione del circuito neurale alterato e le abilità di discriminazione compromesse.

I risultati possono essere utili per i malati di cancro e per coloro che hanno malattie croniche, come la sclerosi multipla, in cui si verifica la perdita di memoria. Inoltre, gli autori sostengono che un dato interessante emerso dai risultati è che la crescita dei livelli di citochine nell’ippocampo danneggia solo le capacità di discriminazione complesse che ci permettono di distinguere tra esperienze analoghe, come per esempio per ciò che riguarda quello che abbiamo fatto al lavoro o mangiato a cena. Le altre capacità più semplici, elaborate dall’ippocampo – che ci permettono di ricordare il dove si lavora – non vengono alterate dall’infiammazione al cervello.

Nel presente studio i ricercatori hanno esposto dei ratti per diversi giorni a due percorsi simili, ma distinguibili ricevendo delle scosse lievi ogni talvolta che i ratti entravano in uno dei due. Una volta che i roditori hanno mostrato di avere imparato la differenza tra i due percorsi, ad alcuni di essi i ricercatori hanno somministrato una bassa dose di un agente batterico che induce una risposta neuroinfiammatoria con conseguente rilascio di citochine. I roditori esposti all’agente batterico  non erano più in grado di distinguere tra i due percorsi.

In seguito, i ricercatori hanno esplorato i pattern di attività dei neuroni nell’ippocampo dei ratti usando un metodo di imaging cellulare “gene-based” sviluppato nel laboratorio Guzowski. Nei roditori che hanno ricevuto l’agente batterico le reti neurali attivate nei due percorsi erano molto simili a differenza di quelle nei ratti non esposti all’agente batterico. Questa scoperta suggerisce che le citochine interrompono la funzione di questi circuiti neuronali specifici dell’ippocampo.

“Le citochine hanno indotto la rete neurale a reagire come se non avesse avuto luogo l’apprendimento”, sostiene Guzowski, professore di Neurobiologia e comportamento. Inoltre l’autore sostiene che la presente ricerca potrebbe spiegare un fenomeno mentale connesso alla chemioterapia conosciuto come “cervello chemio”, in cui i malati di cancro hanno difficoltà a elaborare in modo efficiente le informazioni. I neuro-oncologi hanno scoperto che gli agenti chemioterapici distruggono le cellule staminali del cervello; cellule che sarebbero diventate neuroni per la creazione e la memorizzazione dei ricordi.

Daniela Bota, co-autrice di questo studio, sta attualmente collaborando con il gruppo di ricerca di Guzowski per vedere se l’infiammazione del cervello potrebbe essere un’altra causa associata ai sintomi del “cervello chemio”.

La ricercatrice sostiene, inoltre, che il loro gruppo di ricerca sta attualmente cercando un semplice intervento, come ad esempio un farmaco anti-infiammatorio o steroidi, che potrebbe diminuire l’infiammazione post-chemio. Bota metterà alla prova questo approccio sui pazienti una volta ottenuti i risultati sui animali.

Grazie a delle indagini future questo metodo potrebbe migliorare la qualità della vita delle persone affette da cancro limitando i danni delle cellule cerebrali causate dalla chemioterapia.
 

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Ioana Cristina Marchis
Ioana Cristina Marchis

Dottoressa Magistrale in Psicologia dello Sviluppo e dei Processi Educativi, Tirocinante presso Studi Cognitivi

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