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Anoressia: l’efficacia dei trattamenti familiari

I ricercatori della Stanford University hanno effettuato uno studio che conferma l’importanza del coinvolgimento dei genitori nel trattamento dell’Anoressia

Di Laura Pancrazi

Pubblicato il 16 Ott. 2014

Aggiornato il 03 Giu. 2015 14:43

FLASH NEWS

Un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine ha effettuato uno studio che, in linea con molte delle ricerche finora condotte in merito, conferma l’importanza del coinvolgimento dei genitori nel trattamento dell’anoressia.

L’Anoressia Nervosa è un Disturbo dell’Alimentazione caratterizzato, secondo i criteri del DSM-IV TR, da:

 – A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura (perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo della crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto).

– B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.

-C. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso.

– D. Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi” (DSM-IV TM, 1994, pp. 539-540). 

Tale disturbo, che affligge una percentuale compresa tra lo 0.5% e lo 0.7% delle adolescenti, è una delle malattie psichiatriche con maggiore tasso di suicidi. Questo è uno dei motivi per cui è importante concentrarsi sulle terapie ad essa dedicate, indagare le possibili vie d’uscita e magari pensare interventi precoci che destrutturino i sintomi fin dalla giovane età; senza contare l’importanza di proporre modelli educativi che prevengano l’esordio di tale patologia.

Un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine ha effettuato uno studio che, in linea con molte delle ricerche finora condotte in merito, conferma l’importanza del coinvolgimento dei genitori nel trattamento dell’anoressia.

 

Tale studio, che si basava su un trial randomizzato e controllato di 164 pazienti condotto in sei diverse aree degli Stati Uniti e del Canada, metteva a confronto gli effetti di due differenti terapie. Entrambe prevedevano il coinvolgimento dei giovani pazienti e delle loro famiglie.

Un tipo di approccio si focalizzava sull’insegnare la collaborazione tra genitori e figli al fine di favorire in questi ultimi un’alimentazione normale ed un graduale riacquisto del peso. Il secondo tipo di approccio proponeva invece la risoluzione delle dinamiche familiari che avrebbero potuto essere alla base del disturbo.

I risultati di tale ricerca mostrano la funzionalità ed efficacia di entrambi i metodi ma, in generale, i pazienti curati con il trattamento focalizzato sullo stile alimentare e di vita acquistano peso più facilmente e più velocemente, ricorrendo con meno frequenza a ricoveri ospedalieri. La terapia basata sulla risoluzione delle problematiche familiari si è dimostrata invece più efficace nel trattamento specifico di un sottogruppo di pazienti: quelli che, in comorbidità con l’anoressia nervosa, presentano anche sintomi ossessivo-compulsivi severamente radicati.

James Lock, professore di Psichiatria e Scienze del Comportamento presso la Stanford University, nonché coautore dello studio presentato in questa sede, evidenzia che il coinvolgimento (“coinvolgimento, non colpevolizzazione”, specifica lo studioso) dei genitori nel trattamento della sintomatologia anoressica può avere sui giovani pazienti effetti a lungo termine.

Agras, altro professore della Stanford e autore principale dello studio, suggerisce che “più a lungo l’anoressia si protrae, maggiormente difficile sarà curarla. Infatti, molti pazienti vivono cronicamente con questo disturbo, conducendo uno stile di vita restrittivo basato sulla privazione di cibo e sull’eccesso di esercizio, e purtroppo molti di loro muoiono”.

E’ dunque importante agire in età precoce, evitare la cronicizzazione dei sintomi, per garantire agli adolescenti maggiori possibilità di vita ed una migliore qualità della stessa.

 

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Laura Pancrazi
Laura Pancrazi

Psicologa clinica. Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

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