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La fobia sociale. Clinica ed epidemiologia del disturbo. Di Mauro Bruni (2009) – Recensione

Il libro fornisce informazioni rispetto all'assessment e al trattamento della fobia sociale, che diventa patologica quando è troppo intensa e invalidante.

Di Francesca Fiore

Pubblicato il 24 Lug. 2014

 

 

fobia sociale di Mauro BruniProvare ansia in una situazione sociale è da sempre considerata una condizione normale. Chi non è mai stato chiamato timido da parte di qualcuno? Anche se timidezza e fobia sociale hanno in comune diversi aspetti, si tratta invece di condizioni diverse.

Credo sia capitato a tutti di arrossire, di avere secchezza delle fauci, palpitazione e ipersudorazione nel momenti in cui si è di fronte ad una platea famelica di informazioni, ricordo dettagliatamente il giorno della discussione della tesi di laurea …

Fino a qualche tempo fa questo status quo era considerato comune, vista la manifestazione transitoria del sintomo che è spesso legato a un evento esterno isolato. Esistono però casi in cui questa paura diventa invalidante al punto da compromettere il raggiungimento dello scopo e solo a questo punto è possibile parlare di patologia. La Fobia Sociale è tale solo quando l’ansia diventa invalidante e rimane intensa. Per questo è stata riconosciuta ufficialmente come problematica legata alla sfera ansiosa, ma solo nel 1980, con la pubblicazione della terza edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-III). La ricerca dimostra che si tratta di una vera e propria patologia abbastanza diffusa nella popolazione generale. Infatti, coloro che sono affetti da tale sintomatologia mostrano anche una notevole difficoltà di gestione delle emozioni che ne derivano, portando il più delle volte ad isolamento sociale, professionale e anche relazionale. Quindi, il fobico sociale per ovviare al problema attua dei comportamenti che potrebbero essere, a sua detta, risolutivi come ad esempio usare sostanze o ritirarsi fino a negarsi la vita stessa (casi molto estremi).

Gli studi dimostrano che fattori genetici e biologici sono degli adiuvanti alla genesi della malattia e, come al solito, anche lo stile temperamentale e l’ambiente fanno del loro meglio per determinare il disturbo.

Questa patologia si manifesta fin da quando si è piccoli, ma spesse volte non si riesce ad effettuare una diagnosi precoce perché confusa con la timidezza che il bambino spesso mostra, ma tante volte rappresenta qualcosa di più.

Una fase di fondamentale importanza che precede la terapia è quella dell’assessment del disturbo. Esistono diversi reattivi psicometrici in grado di farlo, sia interviste semi-strutturate sia self report, che garantiscono di individuare il tipo di intervento più appropriato per ogni paziente. Da un punto di vista del trattamento, ci sono percorsi molto validi che portano alla gestione dei sintomi ansiosi. La parte più importante, però, consiste nell’individuare il “nucleo della paura”, cioè l’aspetto essenziale che determina il manifestarsi dell’ansia nel fobico sociale.

Gli interventi terapeutici più efficaci in assoluto sono quelli di orientamento cognitivo-comportamentale e cognitivo che si avvalgono in primis della ristrutturazione cognitiva previa messa in discussione del pensiero disfunzionale nucleare o centrale, ma anche della tecnica dell’esposizione e del riapprendimento delle abilità sociali. E’ largamente dimostrato che già dopo poche sedute molti pazienti mostrano dei miglioramenti, che si mantengono nel tempo.

Ulteriori approfondimenti e dettagli, importanti per entrare nel vivo della patologia, sono inseriti nel libro scritto da Mauro Bruni intitolato La fobia Sociale. Clinica ed epistemologia del disturbo, edito da Armando Editore.

 

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BIBLIOGRAFIA:

  •  Bruni, M. (2014). La fobia sociale. Clinica ed epistemologia del disturbo. Armando Editore.  ACQUISTA ONLINE

 

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