Il cyberbullismo è definito come un atto aggressivo, intenzionale condotto da un individuo o un gruppo usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi. Esso ha però delle caratteristiche identificative proprie: il bullo può mantenere nella rete l’anonimato, ha un pubblico più vasto, ossia il Web, e può controllare le informazioni personali della sua vittima.
In tutti i paesi europei, un terzo dei bambini tra i 9 e i 10 anni e più dei due terzi (l’80%) dei quindici-sedicenni usano internet quotidianamente. In Italia il 60% usa internet tutti i giorni o quasi. Inoltre, l’età di chi utilizza tale strumento è diminuita, infatti i bambini cominciano a usare internet sempre prima. L’età media in cui si inizia ad andare online è 7 anni in Danimarca e Svezia, 8 anni negli altri paesi nordici e 10 anni in Grecia, Italia, Turchia, Cipro, Germania, Austria e Portogallo.
Molti bambini e ragazzi hanno dei profili in dei social network e l’accesso a internet da un dispositivo mobile è una pratica diffusa in oltre il 20% dei ragazzi e delle ragazze in Svezia, Regno Unito e Irlanda. In Italia il 59% dei ragazzi e delle ragazze accede a internet dalla propria camera e solo il 9% da un dispositivo mobile (Livingstone, S., Haddon, L., Görzig, A., & Ólafsson, K., 2010)).
Questi dati mettono in allarme poiché stiamo assistendo sempre più a dei fenomeni che in passato abbiamo conosciuto, come il bullismo, ma tuttavia, adesso hanno uno scenario diverso e pongono delle questioni di classificazione e di prevenzione adeguata.
Andiamo ad esaminare il fenomeno del bullismo che può essere descritto come un comportamento, intenzionale e ripetitivo, da parte di un individuo o un gruppo, che hanno lo scopo di danneggiare un’altra persona e tra la vittima e l’aggressore c’è uno squilibrio di potere (Olweus, D., 2003).
Il bullismo è un fenomeno complesso che comprende sia fattori legati alla personalità di coloro che sono coinvolti (bulli, vittime e spettatori), sia fattori sociali, come ad esempio il clima scolastico, che è stato descritto come un fattore di rischio o di protezione.
Il cyberbullismo è definito come un atto aggressivo, intenzionale condotto da un individuo o un gruppo usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi (Smith, P. K., del Barrio, C., & Tokunaga, R. S., 2013). Esso ha però delle caratteristiche identificative proprie: il bullo può mantenere nella rete l’anonimato, ha un pubblico più vasto, ossia il Web, e può controllare le informazioni personali della sua vittima.
La vittima invece, può avere delle difficoltà a scollegarsi dall’ambiente informatico, non sempre ha la possibilità di vedere il volto del suo aggressore, e può avere una scarsa conoscenza circa i rischi insiti nella condivisione delle informazioni personali su Internet (Casas, Del Rey, Ortega-Ruiz, 2013).
Sono molti gli studi che si sono occupati dell’effetto della vittimizzazione da parte dei cyberbulli. Infatti, queste esperienze si associano a bassi livelli di rendimento scolastico, ad una inferiore qualità dei rapporti familiari e problemi legati inoltre a bassa autostima e problemi affettivi (Machmutow, K., Perren, S., Sticca, F., & Alsaker, F. D., 2012). Tuttavia, questi i risultati sono molto simili a quelli riportati dalle vittime di bullismo tradizionale. In entrambi i fenomeni l’intervento di prevenzione si basa sulla capacità di offrire consapevolezza ai giovani della gravità e delle conseguenze che le diverse forme di bullismo può creare (Salmivalli, C., 2010).
Ecco sinteticamente alcune strategie di prevenzione per i minori:
1. Non fornire mai informazioni personali, le password, numeri PIN, ecc .
2. Non credere a tutto quello che si vede o si legge, non è detto che sia la verità.
3. Usare la gentilezza con gli altri che sono on-line, proprio come si farebbe off-line. Se qualcuno usa toni sgarbati o minacciosi è meglio non rispondere. I Bulli online sono proprio come off-line.
4. Non inviare un messaggio quando si è arrabbiati. Attendere fino a quando si ha avuto il tempo di pensare.
5. Non aprire un messaggio da qualcuno che non si conosce. In caso di dubbio è bene rivolgersi ai genitori, tutori o un altro adulto.
6. Durante la navigazione in Internet, se si trova qualcosa che non piace, che fa sentire a disagio o spaventa, spegnere il computer e raccontare l’accaduto un adulto.
7. Concedetevi una pausa da Internet, mettendo la modalità off-line per trascorrere del tempo con la famiglia e gli amici.
8. Se si è stati vittima di un cyberbullo è importante parlare con un adulto che si conosce e di cui si ha fiducia.
9. Non cancellare o eliminare i messaggi dei cyberbulli. Non c’è bisogno di rileggerlo, ma tenerlo è la prova.
10. Non organizzare un incontro con qualcuno conosciuto online a meno che i genitori non vengano con te.
Molti sono gli interrogativi che si pongono i genitori, ad esempio come fare a capire se il proprio figlio o figlia è vittima di Cyberbullismo.
I segnali di vittimizzazione possono essere così sintetizzati:
• Utilizzo eccessivo di internet.
• Chiudere le finestre aperte del computer quando si entra nella camera.
• Rifiuto ad utilizzare Internet.
• Comportamenti diversi dal solito.
• Frequenti invii attraverso Internet dei compiti svolti.
• Lunghe chiamate telefoniche ed omissione dell’interlocutore.
• Immagini insolite trovate nel computer.
• Disturbi del sonno.
• Disturbi dell’alimentazione.
• Disturbi psicosomatici (mal di pancia, mal di testa, ecc).
• Mancanza di interesse in occasione di eventi sociali che includono altri studenti.
• Chiamate frequenti da scuola per essere riportati a casa.
• Bassa autostima.
• Inspiegabili beni personali guasti, perdita di denaro, perdita di oggetti personali.
Ma una cosa molto importante è insegnare ai vostri figli a comunicare con voi, a raccontare ciò che è accaduto per non rimanere nel dolore del silenzio.
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BIBLIOGRAFIA:
- Casas, J. A., Del Rey, R., & Ortega-Ruiz, R. (2013). Bullying and cyberbullying: Convergent and divergent predictor variables. Computers in Human Behavior, 29(3), 580-587.
- Livingstone, S., Haddon, L., Görzig, A., & Ólafsson, K. (2010). Risks and safety for children on the internet: the UK report. Politics, 6, 1. (DOWNLOAD)
- Machmutow, K., Perren, S., Sticca, F., & Alsaker, F. D. (2012). Peer victimisation and depressive symptoms: can specific coping strategies buffer the negative impact of cybervictimisation?. Emotional and Behavioural Difficulties, 17(3-4), 403-420.
- Olweus, D. (2003). A profile of bullying at school. Educational leadership, 60(6), 12-17.
- Salmivalli, C. (2010). Bullying and the peer group: A review. Aggression and violent behavior, 15(2), 112-120.
- Smith, P. K., del Barrio, C., & Tokunaga, R. S. (2013). Definitions of bullying and cyberbullying: How useful are the terms. Principles of cyberbullying research: Definitions, measures and methodology, 26-45.