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Il Capitale Umano: ritratto femminista di una società in decadenza

Recensione de Il Capitale Umano (2014) di Paolo Virzì. Cinema & Psicologia.Virzì riscopre i valori femminili: i sogni, le passioni, i desideri, le relazioni

Di Giuseppina Ferrer

Pubblicato il 03 Feb. 2014

Aggiornato il 04 Lug. 2019 12:26

Il Capitale Umano (2014)

di Paolo Virzì

Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto

 

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Il capitale umano - locandinaEcco che in un ritratto a tinte fosche, Virzì riscopre i valori femminili: i sogni, le passioni, i desideri, le relazioni, sono questi i motori delle donne. E forse con essi l’autore ha voluto dare un barlume di speranza ad una società altrimenti destinata a perire nelle mani di uomini-burattinai, che sembrano aver perduto ogni senno. Perché forse l’uomo e la donna sono ben più di un capitale.

Tra polemiche e malcontenti brianzoli, il nuovo film di Virzì vince la complessa sfida di rappresentare la società attuale, dove tutto è regolato dal profitto e nulla ha più valore del denaro. 

Ma se da un lato vi sono rappresentati uomini scaltri e sfrontati, disposti a tutto pur di avanzare nell’ascesa sociale; dall’altro emerge un’immagine femminile, che seppur ingenua, è portatrice di quei valori che gli uomini sembrano aver ormai dimenticato.

La famiglia, le relazioni, l’amore: valori intrinsecamente femminili che addolciscono la pillola amara che, vedendo il suo film, il regista ci costringe ad inghiottire.

Roberta, psicologa appassionata, che accoglie con calore Luca, giovane paziente dai trascorsi tumultuosi, che finirà col mettersi ancora una volta nei guai. Roberta è una donna semplice ma allo stesso tempo forte e determinata, svolge il suo lavoro con passione, cerca di essere mamma – e non matrigna – di un’adolescente che la respinge, e si prodiga per lei, proteggendola dal dolore che sta per provare nel vedere Luca, suo amato, in una pozza di sangue. Roberta si emoziona alla scoperta di una gravidanza attesa e inaspettata e, ingenuamente, spera che anche il suo uomo possa condividere quelle stesse emozioni. Sembra quasi non accorgersi di essere completamente sola, nel vivere uno dei momenti più importanti della sua vita.

Diversamente Carla della sua solitudine è ben consapevole, la vive ogni giorno nella maestosità di una casa tanto grande quanto fredda. Compagna di un uomo di potere, avvenente e scaltro, trascorre la sua vita in compagnia di sé stessa. E’ di tanto in tanto compagna di letto di un marito con il quale la relazione è finita da anni, o forse non è mai esistita.

In cotanta decadenza morale e relazionale, il tradimento appare quasi come un tentativo maldestro e disperato di vivere una vita altrimenti priva di colori. 

Carla vive aggrappata ad un sogno forse irrealizzabile: ridare luce allo storico teatro cittadino, prima che venga trasformato in un supermercato. Un sogno che suo marito manderà in frantumi, perché la logica del profitto non può e non vuole tener conto dell’arte e degli “stupidi” sogni di una donna.

Infine c’è Serena, riduttivo definirla un’adolescente; Serena è una donna che, scoperto il vero amore ama, sogna e si dispera. Insegue un amore scomodo, che chiunque disapproverebbe.

Serena sfugge all’opulenza della relazione “perfetta” con il ragazzo “perfetto”, rampollo di una famiglia vincente. Serena rinuncia alla ricchezza per seguire Luca, un perdente. E per lui si renderà complice di un delitto.

Ecco che in un ritratto a tinte fosche, Virzì riscopre i valori femminili: i sogni, le passioni, i desideri, le relazioni, sono questi i motori delle donne. E forse con essi l’autore ha voluto dare un barlume di speranza ad una società altrimenti destinata a perire nelle mani di uomini-burattinai, che sembrano aver perduto ogni senno. Perché forse l’uomo e la donna sono ben più di un capitale.

 

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