Alessia Zoppi e Chiara Spinaci.
Food addiction: I DCA sono considerati come comportamenti disregolati e caratterizzati da una dipendenza da oggetto non tossico, venendo per questo definiti, da alcuni, “nuove sindromi da dipendenza”.
I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) e le Tossicodipendenze (TD) vengono considerati sindromi tipiche del nostro tempo. I DCA, al pari del Gioco d’Azzardo Patologico, della Cyberdipendenza, lo Shopping Compulsivo e la Dipendenza da Sesso, sono considerati come comportamenti disregolati e caratterizzati da una dipendenza da oggetto non tossico, venendo per questo definiti, da alcuni, “nuove sindromi da dipendenza“.
Le caratteristiche di queste nuove dipendenze sono: 1) una prevalenza ed incidenza in aumento nell’ultimo decennio; 2) manifestazione in aumento in età adolescenziale; 3) nuclearità del disturbo sul versante della dipendenza da oggetto; 4) complessità ezio-patogenetica e terapeutica; 5) fattori eziologici di natura bio-psico-sociale; 6) comorbilità con i Disturbi di Personalità e tra sindromi, soprattutto nella popolazione femminile.
Quest’ultimo punto è uno dei foci che ha spinto i ricercatori a studiare, soprattutto tra DCA e TD, una diretta correlazione non solo di tipo causale/sequenziale o ezio-patogenetico (Baker et al., 2013; Warren et al., 2013), ma anche di tipo clinico-descrittivo, con l’obiettivo di considerare i DCA una vera dipendenza da cibo o “food addiction” (Ziaudden, Fletcher, 2012).
È stata ad oggi confermata un’interessante correlazione bidirezionale tra le sindromi: si è infatti dimostrato che tanto donne con TD dichiarano di aver iniziato l’assunzione con l’obiettivo di controllare o perdere peso, quanto che donne con DCA hanno una più alta prevalenza di sindromi di dipendenza rispetto alla popolazione generale (Baker et al., 2013; Warren et al., 2013).
Più complessa risulta essere invece l’identificazione di una appartenenza dei DCA alla classe delle dipendenze da oggetto o nuove dipendenze patologiche. L’obbiettivo di alcuni studi è dunque quello di cercare di comprendere se sia possibile definire i DCA come vere e proprie sindromi da dipendenza (“food addiction“), o piuttosto sia necessario considerarli come comportamenti maladattivi rispetto al cibo.
In che modo è possibile discernere tra queste due posizioni? In primo luogo è necessario identificare aspetti comportamentali ed emotivi alla base dei comportamenti di dipendenza: esistono correlazioni tra TD e DCA?. Un aspetto centrale e comune in queste sindromi è il nucleo dell’“autodistruttività”, presente al pari del piacere nell’assumere e essere in contatto ripetuto con l’oggetto.
Questo meccanismo è detto “craving“, e spiega l’ assunzione incontrollata e compulsiva come soluzione comportamentale al bisogno irrefrenabile, tanto psicologico quanto biologico, di contatto con la sostanza. È necessario però sottolineare come, a differenza del cibo o di altri oggetti di dipendenza, la sostanza tossica sia di per sé mobilitante e plasmante a livello centrale, determinando non solo una compulsione psicologicamente direzionata ma soprattutto, fin poco dopo la prima assunzione, un bisogno incessante dettato dall’interazione potente e immediata di questa con i circuiti neuronali. Prendendo inoltre in considerazione i fenomeni comportamentali legati alla dipendenza emergono immediatamente alcuni aspetti: il bisogno incessante di contatto/assunzione della sostanza, definibile compulsione; gli effetti legati alla sospensione dell’uso di sostanza con vere e proprie risposte organiche legate all’astinenza; l’aumento di richiesta della sostanza, in termini di quantità, legato al fenomeno della tolleranza; la dipendenza dall’oggetto sul versante psicologico, oltre che biologico, al punto da determinare una vera e propria gestione dell’attività quotidiana in relazione alla ricerca e consumo della sostanza (DSM-IV TR).
Partendo inoltre dai tratti di personalità è possibile sostenere che i comportamenti di addiction siano strettamente legati alla disregolazione emotiva (Spence e Corbasson, 2013). Essa sembra essere rilevante sia nei quadri di DCA che TD e correlata a tre aspetti: incapacità di identificare le emozioni (alessitimia); mancanza di regolazione dell’umore; reazioni comportamentali disregolate.
All’interno della classe dei DCA, a differenza che nelle TD, gli aspetti personologici e le risposte comportamentali precedentemente indicate sembrano essere presenti solo nei casi di Binge Eating e Obesità (Di Leone et al. 2012; Ziaudeen e Fletcher, 2013), ovvero laddove la condotta di assunzione sia presente in forma eccessiva, discontrollata e compulsiva.
In questi casi l’oggetto-cibo viene ricercato tanto da perdere il controllo e, allo stesso tempo, esso è ricompensa piacevole per il soggetto rispetto a stati interni dolorosi, angosciosi, non riconoscibili e identificabili. Per questi stessi motivi, al contrario, non è possibile considerare l’Anoressia Nervosa come una dipendenza da cibo a causa dell’ipercontrollo e dell’evitamento dell’oggetto, sentito come pericoloso e dannoso (Ziaudeen e Fletcher, 2013). Si potrebbe anzi vedere quest’ultima come una forma di “controdipendenza” “autartica” e irremovibile.
In secondo luogo è necessario considerare l’effetto dell’ assunzione di una sostanza e/o dell’uso continuato di un oggetto (non tossico ed esogeno) a livello di modificazioni strutturali del sistema centrale: un cibo può determinare le stesse reazioni di neuro-adattamento di una sostanza tossica esogena? È possibile sostenere che l’assunzione di un cibo possa generare immediate, specifiche e potenti modificazioni a livello neuronale o un consequenziale neuro-adattamento a seguito di una prolungata assunzione? La ricerca in questi ultimi anni si è molto interessata all’identificazione dei meccanismi biologici messi in atto nel manifestare comportamenti alimentari non sani. A livello genetico sono stati identificati geni che sembrano essere determinanti nei comportamenti di TD e in alcuni DCA (specificatamente i Binge Eating e l’Obesità): i geni OPRM1 e DRD2 implicati nell’addiction e nei Binge Eating; il sistema degli endocannabinoidi e il gene CNR1 associato all’uso di sostanze e all’obesità.
Kasanetz et al. (2010) confermano che l’esposizione in maniera cronica a sostanze d’abuso, anche il cibo se assunto in maniera smodata, induce a cambiamenti e modificazioni nel cervello. Nonostante i meccanismi compulsivi possano essere similari nei DCA e TD, Di Leone et al.(2012) sostengono che il cibo e la droga “guidino” il nostro comportamento in direzioni diverse, poiché se da una parte il cibo ci fa mettere in atto strategie di ricerca fondamentali per la nostra sopravvivenza, la droga determina una spinta contraria alla nostra sopravvivenza, definita dagli autori un “dirottamento rispetto alla ricompensa naturale“. Secondo questi i circuiti e i sistemi cerebrali imputati nella regolazione della TD sono: a) Sistema dopaminergico mesolimbico: fondamentale nella tossicodipendenza poiché media l’assunzione della droga, sia nei meccanismi di gratificazione che di rinforzo. I neuroni di quest’area sono neuroni dopaminergici (Da) che vengono rilasciati nel momento in cui viene assunto la sostanza desiderata (droga/cibo). Questo sistema agisce sull’ipotalamo e sull’amigdala, sulla corteccia prefrontale e il nucleo accumbens; b) Ipotalamo: il suo ruolo non è solo quello di modulare l’attività cerebrale del sistema dopaminergico mesolimbico ma anche quello di integrare segnali provenienti da siti cerebrali periferici e quello di gestire la coordinazione metabolica periferica.
Kandel (2007) sottolinea come nei processi che regolano l’assunzione/gratificazione del cibo giochi un ruolo cruciale il sistema dopaminergico mesolimbico e l’ipotalamo. In particolar modo nel controllo dell’assunzione di cibo sono implicati due meccanismi ipotalamici: ipotalamo laterale: regolatore della fame; ipotalamo mediale: regolatore della sazietà.
Manna (2006) individua quattro categorie di segnali neurofisiologici che regolano la nostra funzione omeostatica nutritiva: Segnali di fame: noradrenalina/neuro peptide Y; segnali di sazietà: serotonina; segnali di piacere: dopamina (Da)/ oppioidi endogeni; segnali metabolici: insulina e pectina. L’Autore (2006) conferma l’importanza delle strutture ipotalamiche nel controllo e integrazione dei segnali motivazionali attivi sia nell’assunzione di cibo che di droga, e sottolinea anche l’esistenza di un continuum e di meccanismi patogenetici comuni tra TD e DCA. Nella TD il passaggio da abuso ad uso compulsivo sembra essere determinato da compulsività e impulsività, tratti e comportamenti direttamente condizionati dall’interazione immediata della sostanza con i sistemi dopaminergici, dalle alterazioni dei recettori D2 a livello dell’accumbens, e dal disfuzionamento delle aree prefrontali, prefontrale dorsolaterale e frontale inferiore, connesse allo striato.
La dopamina è dunque un neurotrasmettitore fondamentale per poter parlare di “dipendenza” e un suo aumento nell’organismo favorisce la probabilità di “addiction”, essendo centrale nei meccanismi di apprendimento di nuovi segnali e regolazione del comportamento (Manna, 2006). Importanti studi compiuti su animali hanno confermato alterazioni di questi sistemi in condizione di eccessiva assunzione di cibi, soprattutto ricchi di zuccheri. Gli animali presentavano comportamenti simili all’addiction da sostanze e una marcata compulsività verso il cibo, oltre che modificazioni alle aree cerebrali indicate, in particolar modo rispetto ai recettori D2 nell’accumbens (Ziaudeen e Fletcher, 2013).
Secondo Di Leone et al. (2012) i meccanismi che gestiscono la spinta alla ricerca di cibo e di sostanze sono i medesimi, ma nel modello neuropsicologico della spinta a mangiare si è preso maggiormente in considerazione l’interazione tra cervello e segnali corporei periferici, assente negli studi sulle dipendenze (vedi Fig.1).
Secondo questi Autori i meccanismi comuni tra abuso di cibo e droga sono da rintracciarsi nell’interazione complessa tra nuclei ipotalamici, in particolare laterale, che influenzano il meccanismo di ricompensa, e il circuito mesolimbico, che è determinante nel meccanismo di rinforzo; inoltre l’ipotalamo sarebbe centrale nei meccanismi di ricerca e consumo.
Rispetto ai comportamenti di ricerca dell’oggetto da dipendenza, gli studi su animali (roditori a cui vengono somministrare sia sostanze tossiche che cibo zuccherino e calorico) confermano un comune meccanismo neuronale per la dipendenza da cibo e da droga. Ci sarebbero però differenze importanti nella reazione comportamentale delle cavie se sottoposte a stimoli stressogeni: a differenza degli esseri umani, nei quali lo stress è considerato uno dei fattori precipitanti per il fenomeno di Binge Eating, nei roditori lo stress sembra indurre fenomeni di sospensione di ricerca di cibo, mentre favorirebbe la ricerca e l’assunzione di cocaina. Comunemente a quanto avviene negli esseri umani, l’uso della sostanza sembra predire comportamenti di ricerca e astinenza più persistenti, confermando che le sostanze tossiche possono creare associazioni tra stimoli molto più potenti rispetto alle sostanze naturali.
Secondo gli autori uguaglianze e differenze sono ancora da ricercarsi nei meccanismi cerebrali e nell’interazione tra aree implicate, allo scopo di spiegare come il rinforzo da cibo diventi tanto motivante da muovere il comportamento umano al pari dell’assunzione di una sostanza tossica.
Estendere i risultati ottenuti dagli studi su cavie agli essere umani risulta ancora complesso per evidenti motivi etici, non potendo così generalizzare sui meccanismi implicati in queste forme di comportamento patologico. Ciò risulta però necessario allo scopo di comprendere se la definizione di “food addiction” debba fermarsi alla comune espressione sintomatologica e ai comuni fattori di personalità tra TD e DCA, o possa invece essere considerato una vera e propria sindrome comportamentale in risposta all’assunzione della sostanza-cibo mediata anche da meccanismi a livello centrale.
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BIBLIOGRAFIA:
- DiLeone RJ., Taylor JR., Picciotto MR. (2012). “The drive to eat: comparisons and distinctions between mechanisms of food reward and drug addiction”, Nature Neuroscience, 15,10, 1330-1335.
- Spence S., Courbasson C. (2012). The role of emotional dysregulation in concurrent eating disorders and substance use disorders. Eating Behaviors, 13, 382–385.
- Warren CS., Lindsay AR., White EK., et al. (2013). Weight-related concerns related to drug use for women in substance abuse treatment: Prevalence and relationships with eating pathology. Journal of Substance Abuse Treatment, 44, 494–501.
- Baker JK., Thornton LM., Strober M., et al. (2013). Temporal sequence of comorbid alcohol use disorder and anorexia nervosa. Addictive Behaviors, 38, 1704–1709.
- Manna V. (2006). “Alla ricerca di fattori patogenetici comuni tra dipendenze e disturbi mentali: disedonia e comorbidità psichiatrica”, Giornale Italiano di Psicopatologia, 12, 72-84.
- Kasanetz F., Deroche-Gamonet V., Berson N., et al. (2010). “Transition to Addiction Is Associated with a Persistent Impairment in Synaptic Plasticity”, Science 328, 1709.
- Ziauddeen H., Fletcher PC. (2013). Is food addiction a valid and useful concept?Obesity reviews, 14, 19–28.