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EABCT 2012 – Attenzione alle dipendenze: una questione di… Attenzione?

EABCT 2012 - Symposium 2 - Recovery in Addiction: from Conflicted Motivation to Cognitive Control. Chair: Frank Ryan.

Di Gabriele Caselli

Pubblicato il 31 Ago. 2012

Aggiornato il 20 Set. 2012 18:15

EABCT 2012 – Symposium 2 – Recovery in Addiction: from Conflicted Motivation to Cognitive Control

EABCT 2012 Geneva

EABCT 2012 – Attenzione alle dipendenze: una questione di… Attenzione?

 LEGGI GLI ARTICOLI DI STATE OF MIND DA EABCT 2012

Uno dei primi simposi del Congresso Europeo di Terapia Comportamentale e Cognitiva ( EABCT 2012, Ginevra) ci offre la possibilità di esplorare le nuove prospettive scientifiche nel trattamento delle dipendenze patologiche.

Da cultore di disturbi legati al desiderio mi presento curioso in prima fila. Frank Ryan, chairman del simposio introduce in poche parole il razionale ed è subito chiaro che la strada tracciata dai gruppi di ricerca presenti segue il tema principale del congresso.

Ogni intervento ha la stessa base teorica: le dipendenze sono un problema neurocognitivo, cioè una questione relativa al cervello più che alla mente. Anzi l’agito dipendente è considerato esattamente come un’esperienza di ‘mente assente’ (absent-mind behaviour).

Frank Ryan
Chair: Frank Ryan

La coscienza è dimenticata. I vecchi paradigmi del condizionamento rispondente e operante così come i processi cognitivi automatici sono eletti a promotori del comportamento desiderante e incontrollato. Tutto ciò che è cosciente viene relegato al vecchio mito della forza di volontà, vetusto e superato, quasi deriso.

L’attenzione automatica è un elemento nucleare sia nell’attivazione che nella conclusione delle sequenze comportamentali che conducono all’oggetto del desiderio. Questo è il cuore: attenzione (processi cognitivi), condizionamento (non elaborazione), automatismo (fuori dalla coscienza).

Ergo, l’obiettivo diventa la ristrutturazione della connessione tra stimoli contestuali e cattura dell’attenzione dell’individuo. Certi stimoli condizionati acquistano, attraverso l’esperienza e il rinforzo, la capacità di catturare le risorse attentive automatiche. Per ridurre la dipendenza occorre quindi de-condizionare questo potente collegamento.

La soluzione proposta è interessante (Field & Eastwood, 2005; Field et al., 2007). Si tratta di una versione di training attentivo computerizzato in cui gli individui sono gradualmente allenati a rifiutare rapidamente immagini correlate all’oggetto (es: bottiglie di birra) che vengono presentate velocemente. Allo stesso tempo imparano ad approcciarsi velocemente a stimoli neutrali. In questo modo si allenano a selezionare stimoli neutrali (che hanno perso la capacità di catturare risorse attentive) ed evitare stimoli correlati all’oggetto. Dopo quattro settimane di allenamento quotidiano i risultati sembrano ottimi e anche la ricaduta si riduce di circa il 15% rispetto a un gruppo di controllo a un anno di follow-up.

È una strada nuova, apparentemente efficace ma non priva di buche nascoste in cui è possibile inciampare. Gli stessi autori non hanno soluzioni alle perplessità e messi alle strette sono costretti ad accettare limiti indiscutibili che non sarà facile superare.

Innanzitutto, anche se per un rifiuto, l’esposizione a stimoli legati all’oggetto della dipendenza vengono comunque proposti e questo, anche all’interno del loro razionale scientifico, potrebbe sostenere il legame di condizionamento. Secondariamente, il grosso limite è quello della generalizzazione: come è possibile stabilire che gli individui non diventino semplicemente esperti in un compito computerizzato, ben diverso e lontano dagli stimoli interpersonali del naturale contesto di vita?

Insomma manca ancora l’attenzione al processo di generalizzazione e validità ecologica e quando vi si sono imbattuti i risultati sono stati meno evidenti (Field et al., 2007).

Il rischio è quello di cadere nella vera meccanicizzazione dell’essere umano il quale molto spesso manipola gli oggetti mentali attraverso la troppo dimenticata coscienza.

 

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Gabriele Caselli
Gabriele Caselli

Direttore scientifico Gruppo Studi Cognitivi, Professore di Psicologia Clinica presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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