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L’effetto del Pensiero Desiderante sull’esperienza di Craving

Ecco i risultati di una ricerca sperimentale per indagare gli effetti del Pensiero Desiderante sull'esperienza di Craving.

Di Mara Soliani

Pubblicato il 16 Mag. 2012

 E il pensiero si fa voglia

e la voglia si fa desiderio

e il desiderio si fa bramosia

e la bramosia si fa cedimento

mentre inerte ed impotente

guardi la tua debolezza

prendere il sopravvento.

M.S.

QUESTO ARTICOLO E’ UNA PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: The effect of desire thinking on craving: an experimental investigation. RIPORTATA IN BIBLIOGRAFIA.

L’effetto del Pensiero Desiderante sull’esperienza di Craving. - Immagine: © Stuart Miles - Fotolia.comIl pensiero desiderante viene identificato come un processo di pensiero volontario, che orienta il soggetto a prefigurarsi immagini, informazioni, a risalire a memorie
e ricordi relativi ad un’esperienza, attribuendo a questa una valenza positiva (Caselli, Spada, 2010).

Quando si parla di craving si fa riferimento ad una forte pulsione soggettiva a raggiungere l’oggetto desiderato (May, Andrade, Panabokke, Kavanagh, 2004). Identificato come appetizione compulsiva patologica, il craving è stato considerato da sempre all’interno dell’ambito delle dipendenze patologiche anche se ad oggi non esiste ancora una definizione chiara ed univoca. Pensiero desiderante e craving possono essere visti come due processi separati dove il primo rappresenta uno stile cognitivo ed il secondo un’esperienza motivazionale ed automatica. Ciò che affascina del pensiero desiderante è che questo consente di pregustare l’ottenimento dell’oggetto attraverso la creazione di immagini mentali, pensieri verbali, e ricordi. Sono questi infatti che danno sapore e colore al pensiero; un soddisfacimento puramente mentale, virtuale che viene vissuto come reale, viene sentito nella carne, ed è proprio la vividezza delle immagini mentali che rende possibile tutto questo.

Concedersi le Preoccupazioni per non Rimuginare. - Immagine: © Dawn Hudson - Fotolia.com
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Infatti più un immagine è vivida, più nella persona si genereranno reazioni emotive e fisiologiche intense da cui scaturisce una tensione fisica. Le immagini mentali pare giochino un ruolo chiave in questo processo in quanto hanno un forte ascendente sul craving, attivano una serie di emozioni e motivano l’ individuo al passaggio all’atto. A partire proprio da questa ipotesi si è voluto indagare, attraverso la manipolazione del soggetto, e delle sue immagini mentali, se queste portassero delle modifiche all’esperienza di craving.

È stato così messo a punto un disegno sperimentale (Caselli, Soliani, Spada, 2012) a cui hanno preso parte 48 studenti universitari suddivisi in tre gruppi (Pensiero desiderante, Distrazione, Ragionamento verbale).

Le ipotesi che stanno alla base di questa ricerca sono le seguenti:

1. L’induzione del pensiero desiderante potrebbe avere un impatto maggiore sul craving rispetto al ragionamento verbale focalizzato sull’oggetto del desiderio o alla distrazione

2. L’influenza del pensiero desiderante potrebbe mantenere dei livelli alti anche in seguito alla resting-phase

3. L’effetto del pensiero desiderante sul craving è indipendente dal livello di stress percepito

4. L’attivazione del pensiero desiderante durante i tre giorni d’astinenza potrebbe portare un innalzamento maggiore del livello di craving rispetto alla distrazione o al ragionamento verbale.

Una volta che il soggetto ha scelto un attività dalla quale dovrà astenersi per i tre giorni a seguire, prende il via la prima parte dell’esperimento. Compila una batteria di questionari (General Craving Scale, Desire Thinking Questionnaire , Metacognitive Desire Thinking Questionnaire), in seguito viene sottoposto ad un compito di induzione che consiste in un audio registrazione volta a stimolare, a seconda della condizione di appartenenza, pensiero desiderante, ragionamento verbale, o a distrarre lo studente. In seguito, per liberare la mente da ogni pensiero, viene invitato a giocare a tetris. Dopo ogni fase di questa prima parte viene invitato a compilare delle check-list volte ad indagare il livello di craving corrente e il livello di stress percepito. A questa prima parte dell’esperimento ne segue una seconda in cui i soggetti si sono astenuti per tre giorni dall’oggetto, o dall’attività, da loro indicata e al termine di ogni giornata hanno compilato un diario atto ad indagare il livello di craving corrente.

Psicoterapia cognitiva: le dipendenze patologiche e il lato oscuro del desiderio. - Immagine: © Andrea Danti - Fotolia.com
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Dalla prima parte dell’esperimento è emerso che solo nella condizione di pensiero desiderante i livelli di craving aumentano notevolmente in seguito alla manipolazione e decrescono altrettanto in seguito alla resting-phase (fase di riposo). Questo ci consente di dire che la manipolazione ha avuto effetto e che quindi il pensiero desiderante ha effettivamente influito sul craving. È emerso inoltre che i risultati sono indipendenti da una variazione nei livelli di stress percepito. Tuttavia l’ipotesi per cui l’influenza del pensiero desiderante potrebbe mantenere dei livelli alti anche in seguito alla resting-phase non viene confermata. Potremmo dare una spiegazione di ciò facendo riferimento al fatto che il campione non è clinico, pertanto i soggetti che non hanno problemi a gestire la propria esperienza di craving, potrebbero riuscire ad interrompere con minore difficoltà il processo di attività desiderante una volta cessata l’induzione sperimentale. Questo consente di dare una spiegazione logica ai risultati ottenuti, e di affermare che l’assenza di un controllo flessibile sull’attività desiderante potrebbe rappresentare la caratteristica principale di un esperienza di craving patologica.

Dalla seconda parte dell’esperimento è emerso che, nella condizione di distrazione, si ha un aumento costante dei livelli di craving durante i tre giorni; questo consente di dire che l’uso della distrazione potrebbe portare ad una diminuzione dei livelli di craving a breve termine, mentre, a lungo termine, potrebbe divenire una strategia di coping che consente di raggiungere una negazione cognitiva ed emozionale, che potrebbe interferire coi processi emozionali ed aumentare il numero di pensieri intrusivi relazionati a specifici target attraverso un effetto di ripercussione (Davies & Clark, 1998).

Il contributo apportato da questa ricerca è stato quello di dimostrare che, in un campione rappresentativo di una popolazione non clinica, il pensiero desiderante ha avuto un impatto sull’esperienza di craving maggiore rispetto a quello di altre forme di pensiero che riguardano comunque oggetti e/o attività desiderate, ed inoltre è indipendente da una variazione nei livelli di stress percepito. Questi risultati sostengono pertanto la concettualizzazione che vede il pensiero desiderante come fattore di rischio in quei soggetti che mostrano una tendenza a condotte quali la dipendenza ed il discontrollo degli impulsi. Se quanto osservato in questo studio verrà confermato anche in ricerche future allora potrà rappresentare un contributo per il trattamento delle dipendenze in psicoterapia.

 

ABSTRACT:  

Desire thinking is a voluntary cognitive process involving verbal and imaginal elaboration of a desired target. Recent research has revealed that desire thinking and craving are distinct constructs and that desire thinking may play a significant role in the escalation of craving. The goal of this study was to explore the effect of desire thinking induction on craving in a nonclinical sample. Forty-five volunteers with no current diagnosis of psychological disorders chose a desired activity and were randomly allocated to three thinking manipulation tasks: distraction, verbal reasoning, and desire thinking. Craving was measured before and after manipulation and during a 3-day period of abstinence from the desired activity. Findings showed that desire thinking had a significant effect on craving after manipulation. This effect appeared to be independent of baseline levels of craving and desire thinking as well as perceived stress changes during the manipulation. Both distraction and verbal reasoning inductions did not lead to a significant change in craving. Desire thinking impacts craving and is a risk factor for craving-related problems.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Caselli G., Spada M., (2010) Metacognition in desire thinking: A preliminary investigation, Brief clinical report. Behavioural and Cognitive Psychotherapy, 38, 629–637.
  • Caselli G., Soliani M., Spada M., (2012) The effect of desire thinking on craving: an experimental investigation, Psychology of Addictive Behaviors, published in first view on 9th April, 2012
  • Davies, M. I., & Clark, D. M. (1998). Thought suppression produces a rebound effect with analogue post-traumatic intrusions. Behavior Research and Therapy, 36, 571–582.
  • May, J., Andrade, J., Panabokke, N., Kavanagh, D., (2004) Images of desire: Cognitive models of craving, MEMORY, 12 (4), 447-461  
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