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Umberto Galimberti e la Terapia Cognitiva

Articolo di risposta a Galimberti e Recalcati riguardo alle loro recenti dichiarazioni sulla Terapia Cognitiva e Comportamentale.

Di Sandra Sassaroli, Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 13 Mar. 2012

Aggiornato il 07 Feb. 2014 15:21

Sandra Sassaroli e Giovanni M. Ruggiero.

Articolo di risposta a Galimberti e Recalcati riguardo alle loro recenti dichiarazioni sulla Terapia Cognitiva e Comportamentale.

A pochi giorni fa risale l’ultima frecciatina sui media tra cognitivisti e psicoanalisti.

A volte questi battibecchi tra cugini rivali rischiano di essere la versione povera delle discussioni tra filosofi analitici e filosofi continentali. O la versione ricca, parendo che i filosofi guadagnino meno di noi psicoterapeuti.

Analitici e continentali” è un bel libro (uscito nel 1997 per Cortina) della filosofa Franca D’Agostini. Un libro che descrive con grande ricchezza la contrapposizione tra due modi differenti di fare filosofia: “la tradizione analitica, attiva soprattutto nei paesi di lingua inglese e in Scandinavia, e la tradizione che a un certo punto fu detta ‘continentale’ ovvero europea, attiva specificamente in Germania, Francia, Spagna, Italia.”

E tra due modi diversi di essere filosofi: “gli analitici praticavano un tipo di filosofia argomentativamente impeccabile, attenta alle ragioni della scienza e del senso comune, inquadrata accademicamente come una scienza e autoconsapevole del proprio ruolo scientifico; i continentali praticavano una filosofia associativa (o «conviviale») più che argomentativa, interessata alla sfera pubblica prima che alla ricerca e all’insegnamento, oppure indirizzata a proseguire la tradizione della saggezza occidentale.” (D’Agostini, 2010).

Gli analitici producono un tipo di filosofia che accetta il paradigma empirico (si è parlato addirittura di filosofia sperimentale). Una filosofia interessata soprattutto all’analisi del linguaggio e dei criteri di verità e di scientificità degli asserti, e così via. I continentali producono un sapere senza stare troppo a sottilizzare sui criteri di verità e di scientificità, un sapere che tenta di dare significato al mondo e di interpretarlo. È una filosofia più ermeneutica.

Tutto questo mostra qualche somiglianza con le differenze tra terapia cognitiva e psicoanalisi, e giustifica alcune contrapposizioni. Il richiamo cognitivista al criterio empirico e il collegamento di alcune correnti della psicoanalisi con il pensiero ermenutico tornano subito alla memoria.

Il problema è che queste contrapposizioni sono anche semplicistiche. Il libro della D’Agostini è bello proprio perché mostra come i due campi si sovrappongano spesso. C’è tutta una corrente ermeneutica e francesizzante nelle Università del mondo anglo-sassone, in teoria regno della filosofia analitica. Ricordate nella “Macchia Umana” di Roth la docente di stile ermeneutico e francofila di “gender studies”, nemica del protagonista? Ricordate di come il protagonista si lamenti che questi docenti di gusto francese abbiano invaso le università americane?

Inoltre l’empirismo anglo-sassone è sempre più pragmatista. La conseguenza è che in esso il criterio di verità è sempre più sostituito dal criterio di efficienza. Ebbene, ne deriva che nel pragmatismo prolifera una corrente ermeneutica in cui si raccomanda non tanto la ricerca empirica della verità, quanto la produzione efficace di significato. E questo lo vediamo anche in terapia cognitiva: correnti cognitive sia costruttiviste che perfino standard che cercano non la verità, ma il senso che fa stare meglio. Il “cash value” piuttosto che la verità del pensiero, come raccomandavano i pragmatisti Charles Sanders Pierce e William James.

Insomma, questi psicoanalisti come Galimberti o Recalcati che in nome di uno spirito europeo, continentale ed ermeneutico tacciano il cognitivismo di gelido efficientismo scientista (e addirittura al servizio del capitalismo) sono dei semplificatori.

Ci può essere anche un efficientismo che si sposa non allo scientismo, ma a una posizione ermeneutica, a quanto pare. Ragionando così, tanto vale semplificare a nostra volta. Questo articolo vuole essere a sua volta una facile forzatura. In attesa d’interazioni più sottili e più fruttuose, va bene battibeccare così.

Così è, se vi pare.

 

 

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SCRITTO DA
Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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