Nel panorama scientifico numerose sono le ricerche che tentano di dimostrare l’efficacia degli antidepressivi di ultima generazione (SSRI) nel trattamento di diversi disturbi psicologici. I ricercatori impegnati in tale ambito giungono a conclusioni ben diverse, c’è chi li giudica meno efficaci di un placebo e chi ne sostiene l’utilizzo evidenziando i successi dell’intervento farmacologico.
La questione sembrerebbe dunque essere tutt’altro che chiusa, anche se sembra esserci un consenso diffuso rispetto all’idea che psicoterapia e antidepressivi conducano a migliori risultati se impiegati insieme nel trattamento di pazienti con disturbi d’ansia o dell’umore, piuttosto che se scelti come unica modalità di intervento.
In che modo però il trattamento farmacologico è in grado di supportare “la terapia della parola“?
Secondo Nina Karpova, Eero Castrèn e illustri colleghi del Centro di Neuroscienze dell’Università di Helsinki, gli antidepressivi, come il Prozac, sono in grado di preparare il cervello, attraverso una riprogrammazione dei circuiti difettosi, ad accogliere con maggior permeabilità gli esiti del lavoro psicoterapeutico.
Anche in questo caso un ringraziamento particolare va al topo di laboratorio, che per esigenze di protocollo si è visto ripetutamente friggere i piedi subito dopo la comparsa di uno stimolo sonoro. Una volta consolidato l’apprendimento, accertato dal fatto che il povero animaletto mostrasse segni di terrore al solo udire il suono, i ricercatori hanno dato il via al training di estinzione: da quel momento al rumore temuto non seguiva alcuna scossa elettrica. I ricercatori avevano già notato in precedenza una differente reazione a seconda dell’età del roditore: i topi più giovani imparavano velocemente che il segnale sonoro non era più prodromo di pericolo, mentre i più anziani mostravano maggior resistenza ad interrompere l’associazione.
In quest’ultimo studio i topi adulti, trattati con fluoxetina (Prozac) durante il training di estinzione, hanno dimostrato un comportamento simile ai giovani spavaldi. La paura del suono si è estinta in tempi più brevi rispetto al campione di topi non trattato farmacologicamente e soprattutto l’ansia non è ricomparsa a distanza di tempo.
Doveroso sottolineare che l’antidepressivo, in assenza di un programma di estinzione, non ha prodotto gli stessi incoraggianti esiti, condannando le cavie a permanere nello stato ansioso.
Già altri ricercatori avevano ipotizzato che la depressione fosse responsabile della morte dei neuroni mentre gli antidepressivi promuovessero la crescita di nuove cellule nel cervello. La ricerca di Castren approfondisce questa evidenza, riconoscendo al Prozac il merito di far regredire alcune aree del cervello ad uno stato di immaturità in cui i neuroni sono in grado di creare o interrompere più connessioni tra loro di quanto non sia in grado di fare il cervello adulto. In altre parole, l’antidepressivo favorisce la plasticità neuronale che a suo volta renderebbe il cervello in grado di riorganizzarsi nei termini della maggiore funzionalità psicologica promossa dal lavoro psicoterapeutico.
Tuttavia ancora una volta mi tocca chiudere l’argomento con parole non certo nuove, questa volta pronunciate dallo stesso Castrèn:
“We know that a combination of antidepressant treatment and cognitive behavioral therapy has better effects than either of these treatments alone, but the neurobiological basis is not known”.
BIBLIOGRAFIA:
- Karpova N.N. et al. (2011). Fear Erasure in Mice Requires Synergy Between Antidepressant Drugs and Extinction Training. Science 23 December 2011: Vol. 334 no. 6063 pp. 1731-1734 DOI: 10.1126/science.1214592
- Ferris Jabr. (2011). Fearless Youth: Prozac Extinguishes Anxiety by Rejuvenating the Brain. Scientific American (December 22, 2011)
- Kirsch I,Deacon BJ,Huedo-Medina TB,et al. Initial severity and antidepressant benefits: a meta-analysis of data submitted to the Food and Drug Administration. PLoS Med 2008;5:e45. Scarica l’articolo