expand_lessAPRI WIDGET

Il Tamponico (o Mammese): una strana lingua. (Bruno Osimo, Dizionario affettivo della lingua ebraica)

Il “tamponico” lingua materna che implica il tamponare, attutire, manipolare la realtà con fini che avvolgono il figlio in una perenne confusione, in dubbi eterni, in titubanze e incertezze. “Lei parla mammese, detto anche tamponico. Questa lingua non è ancora stata analizzata, ma consiste fondamentalmente nel fatto che non si descrive la realtà come appare, ma come apparirebbe se non facesse paura. Se non mettesse in imbarazzo. Se non facesse provare dei sentimenti. Più che una lingua, è una difesa. È uno smorzamento, un ammosciamento. È un'attenuazione. È un materasso, un respingente, un tampone."

Di Costanza Prinetti, Sandra Sassaroli

Pubblicato il 12 Dic. 2011

Aggiornato il 26 Mag. 2016 16:12

L’invenzione più divertente di questo bel libro (Bruno Osimo: Dizionario affettivo della lingua ebraica. Marcos Y Marcos editore), è il “tamponico” lingua materna che implica il tamponare, attutire, manipolare la realtà con fini che avvolgono il figlio in una perenne confusione, in dubbi eterni, in titubanze e incertezze.
Mammese o Tamponico. Autore: Costanza Prinetti

 

Lei parla mammese, detto anche tamponico. Questa lingua non è ancora stata analizzata, ma consiste fondamentalmente nel fatto che non si descrive la realtà come appare, ma come apparirebbe se non facesse paura. Se non mettesse in imbarazzo. Se non facesse provare dei sentimenti. Più che una lingua, è una difesa. È uno smorzamento, un ammosciamento. È un’attenuazione. È un materasso, un respingente, un tampone.

 

Questa bella invenzione/definizione linguistica mi ha fatto venire voglia di definire meglio l’attività manipolativa nelle relazioni interpersonali.

MANIPOLAZIONE:

  1. Una persona ha un’idea che considera giusta sulla realtà, sugli altri, sul mondo.
  2. Ha il desiderio o l’urgenza che questa lettura venga accettata da altri.
  3. Non ha voglia, desiderio o capacità di affrontare un dialogo tra pari che potrebbe portare a risultati incerti.
  4. Si adopera ad una rilettura della realtà in modo che l’altro non comprenda, non si orienti, accetti il suo punto di vista come vero e necessario.

Nella sua versione severa questa patologia ovviamente tocca la perversione. Nella sua versione quotidiana e meno severa, genera però danni sia in chi tampona (chi utilizza il linguaggio tamponico) sia in chi ne è vittima. Ad esempio alcune persone manipolano in modo consapevole, altre non conoscono altro modo di comunicare. Infatti la distinzione tra “mi conviene” e “non so fare altro” è importante dal punto di vista clinico perché ci porta a interventi differenti.

 

DANNI IN CHI MANIPOLA (TAMPONA):

  • Il manipolatore / tamponatore non impara a confrontarsi in modo maturo e forte con gli altri.
  • Non si abitua ad ascoltare ed esplorare punti di vista diversi, nuovi, creativi.
  • L’onnipotenza manipolativa è un’illusione che nel tempo mostra i suoi limiti nella scarsa propensione a mettersi in gioco su partite grandi e complesse e dal risultato incerto.

DANNI NEL MANIPOLATO (TAMPONATO):

  • Il manipolato / tamponato perde chiarezza sui propri scopi personali.
  • Disimpara a fare i conti e a leggere in modo fine le proprie emozioni.
  • A volte si irrita se si rende conto di essere oggetto di manipolazione.
  • I suoi scopi si disorganizzano e nel tempo diviene per lui difficile fidarsi di portare avanti progetti complessi con determinazione.
  • Diviene passivo, a volte depresso, apatico, malinconico.

 

ESEMPIO DI EVENTO MANIPOLATORIO (TAMPONICO):

  1. Una madre di una figlia adolescente, odia certe scarpe leopardate e bizzarre che la ragazza ha comprato, le ritiene brutte e non conformi ai suoi gusti. La figlia resiste e le difende con forza e determinazione. Un giorno la figlia si assenta da casa e tornando la madre le dice: “Sorpresa! Ho messo a posto la tua stanza, ti ho comprato una nuova coperta per il letto e ho buttato alcuni vecchi ciaffi che avevi in giro!”
  2. La figlia si sente contenta, è anche grata.
  3. Poi va a cercare le sue scarpe e non le trova. La madre le dice: “ah scusa, mettendo ordine forse le ho gettate…”
  4. La figlia entra in confusione: da un lato deve essere grata alla gentilezza della madre che le ha messo a posto la stanza, dall’altro è arrabbiata e triste della perdita delle sue scarpe. Se dimostra irritazione viene considerata ingrata, se tace si sente sconfitta.
  5. L’esito nel lungo periodo: tristezza, confusione, rabbia, passivizzazione. Desiderio, spesso irrealistico, di essere ascoltata.
Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Sandra Sassaroli
Sandra Sassaroli

Presidente Gruppo Studi Cognitivi, Direttore del Dipartimento di Psicologia e Professore Onorario presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel