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Bambini e memoria: costanza dell’oggetto

Quindici anni fa, la letteratura sullo sviluppo infantile ha dichiarato che i bambini 6 mesi non avevano il senso di "costanza dell'oggetto", cioè la convinzione che un oggetto esiste anche quando è fuori dal campo visivo. Ciò significava che se mamma o papà non erano nella stessa stanza con lui, un bambino poteva avere la sensazione che non esistessero più.

Di Serena Mancioppi

Pubblicato il 27 Dic. 2011

Aggiornato il 15 Mar. 2013 17:30

– Rassegna Stampa –
Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze PsicologicheQuindici anni fa, la letteratura sullo sviluppo infantile ha dichiarato che i bambini 6 mesi non avevano il senso di “costanza dell’oggetto“, cioè la convinzione che un oggetto esiste anche quando è fuori dal campo visivo. Ciò significava che se mamma o papà non erano nella stessa stanza con lui, un bambino poteva avere la sensazione che non esistessero più. Al giorno d’oggi sappiamo che non è vero: lontano dagli occhi non significa lontano dal cuore. Ma quanto i bambini ricordano del mondo che li circonda, e di quali dettagli il loro cervello ha bisogno per poter ricordare?

 

Un nuovo studio, condotto dallo psicologo e esperto di sviluppo infantile Johns Hopkins, ha aggiunto alcuni pezzi di questo puzzle. Pubblicato in un recente numero della rivista Psychological Science, lo studio rivela che, anche se bambini molto piccoli non riescono a ricordare i dettagli di un oggetto che hanno visto e che poi è stato nascosto, il loro cervello conserva degli indizi che lo aiutano a mantenere la nozione che ciò che hanno visto continua a esistere anche quando scompare alla vista.

 

Un team di ricercatori ha scoperto che anche se i bambini non si ricordano le forme di due oggetti nascosti, si stupiscono quando gli oggetti spariscono completamente; anche i neonati infatti ricordano l’esistenza di un oggetto senza ricordare l’oggetto. Questo è importante, spiegano i ricercatori, perché getta luce sui meccanismi cerebrali coinvolti nei processi di memorizzazione durante l’infanzia.

 

I risultati dello studio sembrano indicare che il cervello ha una serie di ‘pointers’ che vengono utilizzati per individuare ciò che abbiamo bisogno di tenere sotto controllo; l’indizio non ci dà alcuna informazione su ciò che indica, ma ci dice che quel qualcosa c’è. I neonati utilizzano questa abilità per rintracciare gli oggetti, senza dover ricordare cosa sono. Questo studio potrebbe aiutare i ricercatori a stabilire una cronologia più accurata delle tappe evolutive fondamentali dell’infanzia e della fanciullezza.

 

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Serena Mancioppi
Serena Mancioppi

Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Cognitivo-Evoluzionista

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