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Condividi su Facebook: sentirsi spaventati, arrabbiati o divertiti porta le persone a condividere storie e informazioni

Di Andrea Bassanini

Pubblicato il 21 Set. 2011

Aggiornato il 08 Apr. 2013 17:10

Social Network - © eve - Fotolia.comCondividi su Facebook: sentirsi spaventati, arrabbiati o divertiti porta le persone a condividere storie e informazioni

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Le persone spesso condividono storie, pubblicano link di notizie sulla propria pagina e raccontano a tutti dove si trovano in quel momento e cosa stanno facendo. Inoltriamo un articolo ai nostri amici (e spesso a molti conoscenti che si trovano nella lista degli “amici”), informiamo i nostri 200 amici che siamo in un ristorante o in un luogo di villeggiatura.

È vero, la trasmissione sociale esiste da quando esiste l’essere umano e l’avvento delle tecnologie legate al social network (Facebook e Twitter su tutti), quello cioè che viene chiamato il web 2.0 non ha fatto altro che velocizzare e semplificare meravigliosamente il modo con cui possiamo condividere informazioni con gli altri. Ma perché alcuni contenuti vengono condivisi più di altri e che cosa spinge le persone a fare “sharing”?

Queste domande se le sono fatte Johan Berger e colleghi dell’University of Pennsylvania. Secondo lo studio che hanno pubblicato su Psychological Science, la condivisione di storie e di informazioni è guidata in parte dall’arousal (l’arousal può essere definito come l’attivazione fisiologica che accompagna le emozioni, è parte integrante delle nostra vita emotiva): quando le persone sono fisiologicamente attivate, a causa di stimoli emotigeni ad esempio, viene attivato il Sistema Nervoso Autonomo (SNA), il quale “dà una spinta” alla social transmission.

In sostanza, se un messaggio risulta emotivamente evocativo ci sono più chance che venga condiviso su facebook.

Oltre a rilevare quanto l’attivazione emotiva abbia un ruolo chiave nella condivisione sociale, Berger, in un lavoro precedente, mostra qualcosa di interessante: l’arousal dovuto specificamente all’ansia o alla rabbia porta ad un aumento della condivisione mentre quello correlato alla tristezza la diminuisce. Come se anche il nostro Sistema Nervoso Autonomo avesse stabilito che è più “socially correct” condividere ed esprimere l’ansia o la rabbia piuttosto che la tristezza, forse perché le prime due sembrano essere emozioni meno “disvelanti” i nostri aspetti più profondi e più accettate socialmente.

Nel lavoro pubblicato su Psychological Science, Berger rileva che sentirsi spaventati, arrabbiati o divertiti porti le persone a condividere storie e informazioni. Tali emozioni sono caratterizzate da un alto livello sia di arousal sia di attività comportamentale, in opposizione con altre emozioni come la tristezza e la soddisfazione, tipici esempi di basso arousal e scarsa azione. Insomma, se qualcuno ci fa arrabbiare (piuttosto che rattristarci) siamo più propensi a condividerlo con amici e parenti.

Per testare la teoria secondo cui un certo tipo di arousal elevato promuove la condivisione di informazioni, Berger ha condotto due differenti studi.

In un primo studio, focalizzato su emozioni specifiche, 93 studenti hanno completato due esperimenti “non collegati l’uno con l’altro” (così è stato detto loro…). Nel primo, i soggetti hanno guardato alcuni video ansiogeni o divertenti (v. alto livello di arousal e altri che evocavano tristezza o soddisfazione (v. basso livello di arousal). Nel secondo, invece, ai soggetti è stato mostrato un articolo e un video emotivamente neutri e poi è stato chiesto loro se sentissero la spinta a condividerlo con amici e parenti. I risultati hanno mostrato che i soggetti che hanno provato le emozioni ad alto arousal erano significativamente più inclini a condividere con gli altri.

In un secondo studio, focalizzato sul meccanismo dell’arousal in generale, 40 studenti hanno completato due esperimenti “non collegati l’uno con l’altro” (così è stato detto loro…). Nel primo, ad alcuni è stato chiesto di rimanere seduti immobili per circa un minuto e ad altri è stato chiesto di “correre sul posto” per un minuto (un noto task per aumentare l’arousal). Dopo questo compito, è stato chiesto ai soggetti di leggere un articolo neutro online, dicendo loro che avrebbero potuto inoltrare il link all’articolo via e-mail a chiunque avessero voluto.

Risultati? I soggetti che avevano corso sul posto (e quindi presentavano un livello più alto di arousal) sono stati molto più propensi a inviare l’articolo via mail ad amici e parenti rispetto ai soggetti che sono rimasti seduti immobili per un minuto.

Ora sta a voi decidere se spostare la sedia davanti alla vostra scrivania e sostituirla con un pedometro per avere più post sulla vostra pagina facebook …

 

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Andrea Bassanini
Andrea Bassanini

Psicologo - Spec. in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo-Comportamentale

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