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Psicoanalisti in seduta. Glossario clinico di Psicoanalisi contemporanea (2018) A cura di L. Danon-Boileau, J. Tamet e R. Galiani – Recensione

Psicoanalisti in seduta. Glossario clinico di psicoanalisi contemporanea, edito da Alpes, raccoglie i contributi di oltre 50 autori. Ne sono risultati 16 capitoli che possono servire, tra le altre cose, a fare il punto su come è evoluta la psicoanalisi e quali sono le prospettive attuali

Di Angela Niro

Pubblicato il 08 Ott. 2018

Psicoanalisti in seduta. Glossario clinico di Psicoanalisi contemporanea, a cura di Laurent Danon-Boileau, Jean-Yves Tamet e Riccardo Galiani, rispettivamente appartenenti alla Società Psicoanalitica di Parigi, all’Associazione Psicoanalitica Francese e alla Società Psicoanalitica Italiana, è un esteso e importante lavoro che, nella forma del glossario clinico, raccoglie vocaboli, espressioni e intuizioni che guidano il lavoro psicoanalitico.

 

I sedici capitoli di cui si compone, distinti nelle due macro sezioni Lo spazio della seduta e Lo spazio della psiche, accolgono i contributi di più di cinquanta autori che, con prospettive diverse e inscritti nel panorama psicoanalitico, si occupano di trasportare il lettore in quel moto che li vede oscillare dalla clinica alla teoria quando sono in seduta. A questo scopo, per ogni voce illustrata, gli autori si servono di un frammento clinico che consente di rendere traducibile in una costruzione teorica, con i limiti riconosciuti, la processualità della seduta e di rintracciare, pur nella diversità di orizzonti, il presentarsi di un’impasse che si rivela utile a far evolvere il lavoro psicoanalitico.

Nello scenario offerto, che si propone di descrivere in chiave contemporanea il lavoro compiuto da analista e paziente, chiarendone le condizioni indispensabili al suo sviluppo (setting e transfert di base), il lettore si fa spettatore del dispiegarsi imprevedibile, affascinante e apparentemente incomprensibile nesso che tra passato e presente viene a costruirsi nello spazio della seduta.

In altri termini, egli assiste al modo in cui “uno scatto verbale involontario”, il ricorso agli avverbi, ai motti di spirito, il fluire delle associazioni, ricordi e sensazioni, analogie e comportamenti violenti, nella veglia e nei sogni, acquistano senso attraverso il contributo di ciascun membro della coppia analitica.

La rappresentazione che viene a delinearsi del lavoro interpretativo segnala il compito tutt’altro che semplice dell’analista e le condizioni in cui l’interpretazione può essere sfavorevole. In sostanza, un’idea della possibilità di invalidare la funzione interpretativa è contenuta in queste parole:

L’analista si trova così di fronte a un aspetto del funzionamento del paziente ma, se tenta di mostrarglielo direttamente, si ritrova nella posizione di un traslocatore che prende un mobile per spostarlo da un posto ad un altro

(Parsons, 2018, p.65). Vale a dire che quello a cui è chiamato è un procedere fluttuante – che non può che avvenire nel transfert – tra il meno esplicito e il più esplicito contributo che può fornire, in relazione al paziente e ai diversi momenti della cura.

Psicoanalisti in seduta tra transfert e controtransfert

A questo scopo, immerso nelle correnti transferali e controtransferali, egli si serve di due condizioni essenziali come la rêverie e la capacità negativa, ma anche della, meno indagata, qualità del suo investimento nei confronti del paziente. In questo modo di procedere, in cui si abbandona alle immagini, resta fiducioso nell’incertezza e ascolta i propri movimenti interni, l’analista conserva anche l’attenzione sul quadro e sugli effetti di un suo possibile cambiamento.

È nel dialogo continuo tra teoria e prassi che si dispiega nel testo Psicoanalisti in seduta un itinerario che, supportato anche dalla dimensione artistica, s’impegna a fornire al lettore una narrazione dapprima riservata allo spazio della seduta, poi alla dimensione intrapsichica del paziente.

Nel percorrerlo egli si trova, ad un certo punto, dinanzi ad “agonie primitive”, stati regressivi, condizioni traumatiche, pulsioni sessuali e aggressive, stati melanconici, “contratti narcisistici”, separazioni difficili, imago genitoriali negative, relazioni incestuali o triangolate impossibili dalle quali il paziente si protegge con un corredo di difese più o meno primitivo.

In queste situazioni, che il più delle volte svelano un funzionamento borderline nel paziente, egli scopre un analista alle prese con quei processi che, in contrasto con la funzione analitica, ne minano la prosecuzione.

In altri termini, il lavoro analitico viene turbato dai comportamenti del paziente tesi a evitare il pericolo proveniente dal pensiero associativo, d’indifferenza verso il mondo interno, rabbia nei confronti dell’analista che incarna oggetti del passato, come pure da “reazioni terapeutiche negative” che si oppongono alla guarigione.

Se da una parte la processualità analitica mostra le difficoltà che possono comparire nel corso della cura e i tentativi consapevoli e non dello psicoanalista di farvi fronte, con la stessa chiarezza essa non manca di rivelare i momenti evolutivi in cui l’intuizione facilita nel paziente un’acquisizione di senso rispetto ai suoi movimenti interni.

Stare fiduciosamente nel “va e vieni” dalla clinica alla teoria, è ciò che consente di tenere d’occhio i processi, le dinamiche, le difese di ciascun membro della coppia analitica, nonché l’esperienza asimmetrica e intersoggettiva co-costruita.

Di fatto, quando l’attenzione si sposta sulla relazione tra analista e paziente, essa consente di scorgere un processo in divenire nato proprio dal loro incontro. Accade allora che, come fa notare Fiamma Vassallo (2018),

Non c’è una verità da scoprire sul paziente, ma da costruire sulla relazione delle due menti in seduta, su quanto si genera nel campo che esse co-costruiscono (p. 315).

Per di più, laddove il vertice di osservazione si allarga al rapporto tra cultura e cura, la riflessione raggiunge sentieri, forse, poco esplorati, e diviene possibile riconoscere l’esistenza di effetti ambivalenti nel riferimento culturale comune tra paziente e analista, come pure il lavoro compiuto dalla psicoanalisi non solo sul singolo, ma anche sulla civiltà.

Psicoanalisti in seduta: ricchezza di riflessioni

Per concludere, il testo Psicoanalisti in seduta, così strutturato e rispondente alla volontà di rappresentare l’evoluzione del sapere psicoanalitico, si presta alla consultazione di quanti, a mio avviso, addetti ai lavori, siano interessati a conoscere e/o approfondire i concetti che guidano oggi il lavoro psicoanalitico, i differenti approcci al materiale clinico e le corrispondenze, seppur meno indagate, comunque esistenti tra di essi. Più nel dettaglio, i suoi contributi affrontano il lavoro psicoanalitico alla luce degli apporti dei più importanti esponenti del panorama psicoanalitico del passato e contemporanei e aprono numerosi spazi di riflessioni sulle sfide poste dal lavoro con il paziente e le necessarie trasformazioni che attraversano la pratica psicoanalitica e l’identità personale e professionale di ciascun analista. Infatti, molti dei concetti e delle intuizioni qui contenute rappresentano proprio il prodotto di questo banco di prova; un avanzamento creativo e in costante trasformazione che ha dato un nome a fenomeni complessi, come “empatia psicoanalitica” e ha promosso, negli ultimi tempi e con maggiore impatto, un doveroso interrogarsi sui vissuti dello “psicoanalista ferito” nel corpo e sul ruolo della self-revelation e della self-disclosure in momenti talmente delicati del processo di cura.

Un’auspicabile e costante curiosità dovrebbe animare la lettura del libro Psicoanalisti in seduta, al fine di poter cogliere le prospettive che da esso si dipanano sul campo vasto e complesso che esplora e non smarrirsi nella densità di contributi che propone.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Danon-Boileau L., J. Tamet, R. Galiani (a cura di) (2018) Psicoanalisti in seduta. Glossario clinico di psicoanalisi contemporanea. Alpes Editore
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