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Nutrizionisti obiettori di scienza e il loro ruolo nel trattamento dell’obesità

Nelle persone cui è attribuita la colpa del proprio eccesso di peso aumenta il rischio di depressione, ansia, bassa autostima, insoddisfazione corporea, abuso di sostanze e di suicidio. Per questo è fondamentale che nustrizionisti e profesionisti che curano l'obesità si attengano ad un approccio scientifico

Di Guest

Pubblicato il 17 Lug. 2018

Aggiornato il 08 Feb. 2024 15:04

I dati disponibili concordano nel considerare l’ obesità come conseguenza dell’interazione fra un ambiente obesogeno e una suscettibilità genetica (Kyle et al. 2016). Ciononostante non si riduce la visione sociale che etichetta le persone con eccesso di peso, considerati colpevoli della propria condizione. Questo favorisce il fallimento dei trattamenti dimagranti e lo sviluppo di patologie legate all’obesità.

Francesco Iarrera

 

La narrazione filosofica attuale spinge a credere che le persone debbano governare con disinvoltura ogni forma di cambiamento, incluso dimagrire. È una visione uomo-centrica, sublimata nell’assioma “volere è potere”, spesso evocato negli ambulatori di Nutrizione. Secondo questo principio, nulla può sfuggire alla persona che davvero lo vuole. Va da se che chi non raggiunge il traguardo sperato è perché non lo desidera abbastanza. Non desidera perdere peso.

Obesità: i pregiudizi sul controllo

È un potente pregiudizio sostenuto dai numerosi miti che caratterizzano la nutrizione e la cura dell’ obesità; notizie senza alcuna evidenza scientifica o con evidenza contraria. Su tutte, quella che intende il peso corporeo sotto il totale controllo individuale (Greenhalgh et al. 2015).

L’attuale visione del super io “magro”, associata all’attribuzione di caratteristiche negative alle persone sovrappeso, produce una spirale al termine della quale, chi ha un eccesso di peso, riceve la lettera scarlatta dell’ obesità, ben visibile agli occhi di una società miope ai bisogni degli individui.

L’impatto di questi pregiudizi ha conseguenze mediche, psicologiche e sociali.

Le persone raggiunte da questi preconcetti hanno maggiori probabilità di sviluppare un disturbo da alimentazione incontrollata, introdurre un elevato apporto calorico e una minore motivazione verso l’attività fisica  (Puhl et al, 2016). Per loro sarà più facile aumentare di peso e più difficile ridurlo (Sutin et al. 2013). Questo implica lo sviluppo di complicazioni mediche, dall’ipertensione al diabete, che compromettono la durata e la qualità della vita (Tomiyama et al. 2014).

Obesità: le conseguenze del senso di colpa

Nelle persone cui è attribuita la colpa del proprio eccesso di peso aumenta il rischio di depressione, ansia, bassa autostima, insoddisfazione corporea, abuso di sostanze e di suicidio (Puhl et al, 2016). Il disagio verso il proprio peso compromette le relazioni, induce a un isolamento sociale che aggrava ulteriormente i danni psicologici.

Un ruolo chiave nel sostenere e veicolare messaggi fuorvianti riguardo al peso e la sua gestione l’hanno i media, talvolta anche quelli considerati autorevoli. Gli attuali strumenti di comunicazione hanno una capacità d’impatto e di penetrazione delle menti, tale da modificare le convinzioni di base delle persone. Tanto più una notizia trova diffusione tanto più tende a essere considerata vera. E questo indipendentemente dalla sua veridicità.

È una visione che conduce alla distopia nutrizionale, in cui le informazioni scientifiche o sono alterate o sono travisate o sono taciute. Assistiamo a una deriva lenta e inesorabile dalle verità fattuali per dar credito a soluzioni che aggravano i problemi e che caricano di nuove responsabilità chi lotta contro il peso. Il continuo proliferare di approcci fraudolenti contribuisce a creare nel popolo della nutrizione false e illusorie aspettative. È frequente fra le persone in sovrappeso pensare: “Se cosi tante soluzioni esistono, tutte efficaci, ed io non riesco, significa solo che non valgo nulla.”

È a questo punto che cala il sipario su ogni possibilità di cambiamento, poiché la porta delle motivazioni si chiude a doppia mandata: le persone si sentono colpevoli del problema e sfiduciate a cambiare.

Obesità: i pregiudizi di chi la cura

L’aspetto inquietante è che molti messaggi controfattuali sono avallati dai professionisti della nutrizione, nelle cliniche private e negli ospedali pubblici (Greenhalgh et al. 2015).

È curioso dover osservare, da un lato, lo slancio salvifico con cui noi nutrizionisti ci prodighiamo a “guarire” i pazienti, dall’altro, la responsabilità che abbiamo nel favorire il proliferare di miti che accrescono il problema. Come un vaso in bilico che è fatto cadere dal tentativo maldestro di metterlo al sicuro. Talvolta diventiamo corresponsabili dell’indisponibilità delle persone a lottare per il loro cambiamento, spingiamo quel vaso giù dal tavolo e non ce ne rendiamo conto.

È documentata, infatti, la tendenza di medici, psicologi e nutrizionisti a considerare pigrizia e poca determinazione, quali cause del mancato raggiungimento degli obiettivi del trattamento dimagrante (Puhl et al, 2016). Questo pregiudizio è comunemente inconsapevole, talvolta celato tra le pieghe di un tentativo di esortare la persona a cambiare. Ad esempio, sono frequenti sui social, conversazioni in cui nutrizionisti incitano il proprio paziente a superare le difficoltà, facendo leva sulla propria forza di volontà. Questo equivale ad attribuire il fallimento alla sua assenza, dunque a un proprio limite temperamentale (Bocquier et al. 2005). Il resto degli eventi segue come un tuono, il fulmine.

È necessario tagliare gli interventi su misura del paziente, tenendo conto dei bisogni e delle risorse di ognuno. Per riuscirci, bisogna investire tempo a costruire una relazione basata sull’accettazione e l’empatia (Binetti et al, 2006).

In questo modo si favorirà la disponibilità a osservare il problema in maniera multi comportamentale, riducendo il ricorso disperato ai metodi bizzarri che contemplano, diete iper di qualche elemento, di eliminazione, che inneggiano a un alimento o che sbloccano il metabolismo come si trattasse del bullone di una vecchia ruota di un trattore.

Obesità: la necessità di seguire le Linee Guida

Niente di tutto questo si trova nelle Linee Guida redatte dal ministero della salute (quaderni del ministero della salute, 2017). Peraltro, non è raro incappare in professionisti che affermano di non sentire alcuna necessità di seguirle (Puhl et al, 2016). Si tratta di obiettori della scienza, professionisti che assurgono a deus ex machina dell’ obesità.

Fino a quando i messaggi sui temi dell’ obesità e del controllo del peso, non includeranno informazioni accurate, basate sull’evidenza, continueremo a promuovere atti di accuse, invece che soluzioni al problema.

Credo tocchi a noi specialisti della nutrizione sforzarsi maggiormente di fornire a chi ci chiede aiuto, informazioni certe e certificabili, chiare e inequivocabili.

Se s’intende riqualificare la nostra posizione di professionisti della salute e riappropriarsi di un ruolo troppo spesso confuso con altre figure che di scientifico non hanno nulla, è nostro preciso dovere assumere una posizione contrapposta alle numerose notizie antiscientifiche che invadono il nostro lavoro.

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