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Il ruolo della speranza e dell’ottimismo nelle malattie croniche

La psicologia positiva sostiene che la speranza e l'ottimismo abbiano un ruolo importante rispetto al decorso delle malattie croniche.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 19 Apr. 2017

Psicologia positiva e malattie croniche: La psicologia positiva, movimento creato alla fine degli anni ’90 da Seligman, ha fra i costrutti principali del suo statuto epistemologico lo spiegare come una condizione di positività mentale possa influire sullo stato di salute di un individuo, concorrendo a determinare il suo benessere. Archetipi importanti della psicologia positiva sono la speranza, la saggezza, la creatività, il coraggio, la spiritualità, la responsabilità e l’ottimismo (Seligman e Csikszentmihalyi, 2000).

 

La psicologia positiva, movimento creato alla fine degli anni Novanta da Seligman, ha fra i costrutti principali del suo statuto epistemologico lo spiegare come una condizione di positività mentale possa influire sullo stato di salute di un individuo, concorrendo a determinare il suo benessere.

Archetipi importanti della psicologia positiva sono la speranza, la saggezza, la creatività, il coraggio, la spiritualità, la responsabilità e l’ottimismo. La speranza può essere definita come uno stato di motivazione positiva, basato su tre componenti, ovvero obiettivi da raggiungere, strategie per il raggiungimento degli obiettivi e motivazione a raggiungerli. Essa può essere misurata con la Hope Scale. L’ottimismo può essere indicato come la tendenza a credere che si possano raggiungere dei risultati positivi, piuttosto che negativi. Perché ci possa essere l’ottimismo, è necessario avere un’aspettativa positiva nei confronti del futuro. L’ottimismo può essere misurato con il Life Orientation Test (LOT). Da tempo, diversi studi hanno messo in evidenza l’impatto positivo che la speranza e l’ottimismo, fra i costrutti fondamentali della psicologia positiva, hanno sulla salute fisica dell’individuo.

Keywords: psicologia positiva, speranza, ottimismo, benessere, malattie croniche.

 

I costrutti della psicologia positiva

La psicologia positiva, movimento creato alla fine degli anni ’90 da Seligman, ha fra i costrutti principali del suo statuto epistemologico lo spiegare come una condizione di positività mentale possa influire sullo stato di salute di un individuo, concorrendo a determinare il suo benessere. Archetipi importanti della psicologia positiva sono la speranza, la saggezza, la creatività, il coraggio, la spiritualità, la responsabilità e l’ottimismo (Seligman e Csikszentmihalyi, 2000).

Attraverso questi parametri, si determina quella che Seligman (2008) definisce la salute positiva, che ha come paradigma fondante la salute mentale dell’individuo, da intendersi non come assenza di malattia, ma come una condizione caratterizzata dal provare emozioni positive, dall’avere degli impegni finalizzati al raggiungimento di obiettivi positivi, dall’essere in grado di relazionarsi positivamente con l’alterità. Il benessere provato, frutto della salute mentale sopra delineata, incrementa la longevità degli individui e migliora il loro invecchiamento; migliora la prognosi delle malattie; riduce l’entità delle spese sanitarie affrontate dagli Stati (Seligman, 2008).

Da tempo, diversi studi hanno messo in evidenza l’impatto positivo che la speranza e l’ottimismo, fra i costrutti fondamentali della psicologia positiva, hanno sulla salute fisica dell’individuo (Schiavon, Marchetti, Gurgel, Busnello e Reppold, 2017). La speranza può essere definita come uno stato di motivazione positiva, basato su tre componenti, ovvero obiettivi da raggiungere, strategie per il raggiungimento degli obiettivi e motivazione a raggiungerli (Snyder e al., 1991).

La speranza può essere misurata con la Hope Scale, messa a punto da Snyder e al. (1996). Questa scala è composta da 12 items, costituiti da affermazioni, a cui l’intervistato deve rispondere con dei numeri che vanno da 1 (completamente falso) ad 8 (completamente vero). Alti punteggi indicano che la persona ha un alto livello di speranza.

L’ottimismo può essere indicato come la tendenza a credere che si possano raggiungere dei risultati positivi, piuttosto che negativi (Scheier e Carver, 1985). Perché ci possa essere l’ottimismo, è necessario avere un’aspettativa positiva nei confronti del futuro (Carver e al., 2010). L’ottimismo determina nell’individuo degli atteggiamenti proattivi finalizzati alla protezione della sua salute, cosa che non si verifica nel soggetto pessimista (Carver e al., 2010).

Nell’ambito dell’ottimismo, un ruolo chiave lo rivestono gli eventi stressanti e la loro durata. A questo proposito le ricerche di Cohen e al. (1999) e Segerstrom (2005) hanno dimostrato che quando gli eventi stressanti sono di breve durata (meno di una settimana) l’ottimismo funge da barriera protettiva nei loro confronti. Cosa che non si verifica quando i fattori stressanti sono di lunga durata: in questo caso, anche le persone ottimiste diventano immunologicamente più vulnerabili. In generale, chi è pessimista ha una salute fisica più scadente, una tendenza maggiore a soffrire di depressione, un incremento dei fattori di rischio relativi alla mortalità, condizioni che non accadono per l’ottimista, che vive più a lungo e ha una migliore qualità della vita (Urcuyo e al., 2005).

L’ottimismo può essere misurato con il Life Orientation Test (LOT), messo a punto da Scheier e Carver nel 1985. Esso è un questionario composto da 12 items, che misurano l’orientamento di vita, ovvero se le persone percepiscono la loro vita in termini positivi o negativi.

Il ruolo dell’ottimismo nelle malattie croniche

L’ottimismo svolge un ruolo positivo in molte malattie croniche. DuBois e al. (2012) sottolineano che esistono delle evidenze relative all’associazione fra ottimismo e prognosi migliore nelle malattie cardiache. In questo ambito, l’ottimismo è associato ad un miglioramento delle condizioni cardiache (Shepperd e al., 1996), ad una minore probabilità di ricovero per patologie cardiache (Scheier e al., 1999), ad una riduzione del rischio di malattia coronarica nella popolazione anziana (Kubzansky e al., 2001) e ad una diminuzione della mortalità per cause cardiovascolari negli anziani (Giltay e al., 2004).

Relativamente al cancro, l’ottimismo aumenta l’aspettativa di vita nei pazienti con tumore cerebrale e con neoplasie localizzate nel distretto del collo (Allison e al, 2003).
L’ottimismo, inoltre, svolge un ruolo positivo nei malati di sclerosi multipla, determinando una variazione positiva nel vissuto psicologico e un miglioramento delle condizioni fisiche (Hart e al., 2008). Importante è anche l’impatto positivo che l’ottimismo ha nella colite ulcerosa (Flett, 2011).

Nel controllo del peso, le persone ottimiste sono più propense ad adottare i cambiamenti salutari che servono a riportare l’Indice di Massa Corporea (BMI) nella norma (Boehm e al., 2013).

In rapporto alla speranza, le persone che nutrono speranza hanno una minore probabilità che possa essere loro diagnosticata un’infezione dell’apparato respiratorio (Richman e al., 2005). Negli individui che sono sottoposti a trattamenti riabilitativi a lungo termine, la speranza permette una buona adesione alla riabilitazione e l’abbandono di abitudini nocive nel campo della salute (Halding e Heggdal, 2012). Altri benefici effetti della speranza sono stati trovati nelle malattie croniche di natura mentale: infatti, Waynor e al. (2012) hanno dimostrato che la speranza è inversamente proporzionale alla ricomparsa di sintomi.

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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