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Psicoterapia per gli anziani: motivazione, setting terapeutico e concettualizzazione del caso

La psicoterapia per gli anziani richiede accorgimenti particolari ed è importante tener conto delle limitazioni sia fisiche che cognitive legate all'età.

Di Sara Ghezzer, Sara Pedroni

Pubblicato il 15 Feb. 2017

Aggiornato il 04 Set. 2019 15:39

Quando si lavora con gli anziani, ci sono alcuni temi e fattori legati all’età che possono emergere con maggiore frequenza e che, quindi, richiedono modifiche al “contenuto” della terapia. La psicoterapia per gli anziani può prevedere la rappresentazione anche grafica di quello che si andrà a svolgere permette di favorire la comprensione dei contenuti e di elaborarli con maggiore facilità; permette inoltre di ridurre l’ansia che spesso l’anziano presenta nell’affrontare qualcosa di ignoto, e che pazienti giovani/adulti e adolescenti di solito non manifestano.

Sara Ghezzer, Sara Pedroni, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI BOLZANO

 

Premessa

I dati demografici a livello europeo mettono in evidenza un allungamento della vita media. Si prevede che entro il 2025 il 44% della popolazione avrà più di cinquant’anni. Per questo motivo la promozione della salute tra gli anziani rappresenta un investimento strategico dei governi europei. L’Italia registra un tasso di aspettativa di vita in salute di 71,2 anni, che è il più alto d’Europa. Più in generale la popolazione italiana ha beneficiato di importanti progressi per quanto riguarda la sopravvivenza: attualmente la speranza di vita alla nascita è di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 anni per le donne, anche se questo divario tra i sessi si sta riducendo con il passare del tempo e la forbice tenderà sempre più a ridursi.

L’incremento della vita media non riguarda solo la popolazione ultra sessantacinquenne ma anche gli “over 75 e 85”; le proiezioni demografiche mostrano un incremento dei centenari addirittura del 2% nel 2050. Tale situazione va inoltre di pari passo con la tendenza alla riduzione delle nascite, anche se i dati del 2007 evidenziano un miglioramento, sia pur parziale, della situazione.

L’evoluzione verso un progressivo allungamento della vita può essere considerata contemporaneamente un “trionfo e una sfida”, come affermano anche gli esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La sfida consiste nella necessità di prepararsi ad accogliere dignitosamente un numero crescente di anziani e nel garantire le condizioni necessarie a fare in modo che gli anni aggiunti possano essere vissuti attivamente e in buona salute. Si tratta di una sfida dal punto di vista sia sanitario sia economico e sociale. L’incremento della popolazione anziana a cui stiamo assistendo ci impone perciò la necessità di riflettere sulle condizioni di tale popolazione, sui suoi bisogni e sulle risposte che le comunità in cui vivono sono in grado di fornire (Delai, 2002). La salute non è un fatto privato o istituzionale, bensì un fatto che interessa l’intera comunità in cui la persona vive. Creare quindi comunità resilienti e consapevoli consente di sviluppare interventi che portino ad un benessere della popolazione e ad interventi di sviluppo che migliorino la salute.

 

Differenza tra paziente anziano e paziente giovane

Il paziente anziano si differenzia da una persona giovane adulta per modificazioni che intercorrono a livello fisico, cognitivo, esperenziale e di regolazione somatico-affettiva. L’invecchiamento può infatti essere definito come processo, o insieme di processi, che hanno luogo in un organismo vivente e che con il passare del tempo ne diminuiscono la probabilità di sopravvivenza: grazie all’allungamento della speranza di vita si è reso possibile lo studio di tali processi (De Beni, 2009). L’invecchiamento va distinto dalla malattia poiché porta con sé cambiamenti universali e non reversibili, ma non necessariamente invalidanti. Alcune modificazioni a livello cognitivo si presentano comunque anche nella persona non affetta da patologia neurodegenerativa o da condizione di Mild Cognitive Impairment (Petersen, 1999).

Le funzioni principalmente coinvolte risultano essere la working memory (Baddeley, 1974), cioè la capacità di manipolare ed elaborare attivamente un’informazione; l’attenzione selettiva, ovvero la capacità di prestare attenzione ad uno specifico stimolo inibendo gli altri (distrattori).
Le conoscenze semantiche ed episodiche rimangono invece preservate nella persona anziana in salute e sono come punti di forza anche all’interno del percorso psicoterapico. Un test di screening come il MMSE (Folstein et al 1975)(Measso et al 1993) o il MoCa (Arcara et al., 2013) può dirimere il terapeuta da eventuali dubbi di situazioni di compromissione cognitiva lieve.

Se si presentassero difficoltà in queste aree, è utile, durante la terapia, reiterare le informazioni ricevute dal paziente per favorirne la codifica, intervenendo a livello cognitivo stimolando i circuiti adibiti ai processi di memorizzazione e validando la persona.

Alle possibili difficoltà cognitive si sommano i probabili problemi di tipo sensoriale: il 50 e il 75% delle persone infatti ultra 65enni ha problemi di udito. All’interno di una psicoterapia per gli anziani tale problematica potrebbe interferire nel rapporto diadico e frustrare il paziente, abbassandone la motivazione. La valutazione adeguata della gravità del problema e l’eventuale ausilio di supporti audio potrebbe contrastare queste difficoltà.

Molto spesso, il paziente anziano interviene in terapia riportando una problematica di tipo fisico, sia essa di entità lieve o più grave. L’incidenza di malattie infatti aumenta esponenzialmente con l’età, si pensi ad esempio a difficoltà circolatorie, dolori alle articolazioni, etc.
I problemi di salute possono creare un focus importante per il paziente o limitare al contempo la messa in atto di esercizi comportamentali, come le esposizioni. È bene dunque che il terapeuta concordi con il paziente obiettivi realistici, in base alle esigenze e alle possibilità della persona anziana. Contemporaneamente può essere utile utilizzare il malessere fisico e la capacità di farvi fronte da parte della persona, come risorsa e capacità individuale, per validarla.

Molto spesso le persone tendono a svilire l’importanza della sintomatologia fisica che la persona di terza età riporta. Questo comportamento può favorire un calo dell’autostima e pensieri autosvalutativi nel paziente. Il terapeuta comprenderà come questo comportamento è senz’altro poco utile, e controproducente all’interno di un setting terapico.

 

Il setting della psicoterapia per gli anziani

Difficoltà motorie, limitazioni nella propria autonomia, variabilità del ciclo sonno-veglia sono peculiarità che possono contaminare la creazione di un buon setting terapico. Setting alternativi come la terapia a domicilio possono favorire l’aderenza del paziente al percorso piscologico. Questo intervento può essere solo momentaneo: durante un particolare periodo dell’anno (estate, inverno), a seguito di un acuirsi della situazione di salute fisica (p.e. frattura femore), o a causa di un peggioramento della situazione psicologica (p.e. episodio depressivo maggiore).

Spetta al terapeuta, in accordo con il paziente e con i suoi familiari, decidere cosa è meglio fare: in una situazione di forte depressione infatti può essere utile stimolare il paziente ad uscire, la terapia potrebbe fungere come esercizio comportamentale; ma se la persona è abulica, questo tentativo sarà per il terapeuta fallimentare sin dal principio.

Interventi di gruppo possono migliorare l’esito terapeutico per coloro che sono soli o socialmente isolati; tuttavia alcuni studi (Engels e Verney, 1997) hanno rivelato che la terapia individuale è di maggiore efficacia per l’anziano depresso rispetto al gruppo.

 

Psicoterapia per gli anziani: i disturbi dell’umore

Per trattare utilmente i disturbi dell’umore in utenti affetti da demenza è opportuno saper distinguere tra depressione e apatia. L’apatia è caratterizzata da pervasiva mancanza di motivazione e disinteresse, mentre nella depressione il paziente diventa apparentemente apatico, ma questa è una conseguenza negativa di una serie di idee e vissuti negativi di incapacità, colpa, mancanza di speranza. Nella popolazione con più di 65 anni si stima una prevalenza dello 0,9% per anno di disturbo depressivo maggiore (Djernes et al, 2006). Solitamente nell’anziano emergono pensieri negativi soprattutto riguardanti l’immagine di sé ed i mutamenti che questa immagine subisce rispetto alle modificazioni interne ed esterne legate all’età. I disturbi psichici che ne possono derivare, sotto forma di ansia e/o di depressione, possono essere considerati come l’espressione di una conflittualità che, attivata dai fattori di stress propri dell’età, si focalizza sulla divergenza crescente fra immagine ideale ed immagine reale di sé.

La clinica insegna che caratteristiche antecedenti del carattere, si possono nella vecchiaia, irrigidirsi, ad esempio un anziano, dapprima prudente, potrebbe con l’età, diventare diffidente, un anziano estroverso potrà diventare spavaldo o fastidioso, l’introverso, invece, si coarterà su di sé, concentrandosi sul proprio corpo e tenderà all’ipocondria.

Se il paziente soffre di un’alterazione del tono dell’umore di origine depressiva, la condizione deve essere considerata attentamente nella sua eziologia, per identificare il trattamento più proficuo. Si ricordi che la depressione, ha manifestazioni particolari nel malato di demenza, in quanto può essere accompagnata da ansia o comportamenti accelerati anziché rallentati come in genere avviene nell’adulto (Bordino e Iannizzi, 2001). È opportuno inserire l’intervento di psicoterapia per gli anziani con disturbo dell’umore affinché sia di ausilio anche per migliorare la partecipazione attiva del paziente a una riabilitazione psicosociale e neuropsicologica che riescano a restituire il significato alla vita dei pazienti.

 

Contenuto della psicoterapia per gli anziani e concettualizzazione del caso

Quando si lavora con gli anziani, ci sono alcuni temi e fattori legati all’età che possono emergere con maggiore frequenza e che, quindi, richiedono modifiche al “contenuto” della terapia. Laidlaw nel 2004 ha rivisitato il modello proposto da Beck (1979) andando a proporre una concettualizzazione del caso creata ad hoc per pazienti ultra 65enni.

La psicoterapia per gli anziani può prevedere la rappresentazione anche grafica di quello che si andrà a svolgere permette di favorire la comprensione dei contenuti e di elaborarli con maggiore facilità; permette inoltre di ridurre l’ansia che spesso l’anziano presenta nell’affrontare qualcosa di ignoto, e che pazienti giovani/adulti e adolescenti di solito non manifestano.
Come rappresentato nel diagramma, la concettualizzazione proposta da Laidlaw può essere definita come una rappresentazione idiosincratica dei problemi attuali del paziente, in cui sono segnalati i fattori (cognitivi, comportamentali, emotivi, interpersonali) predisponenti e di mantenimento del disturbo.

Di seguito una approfondita esplicazione: le credenze di coorte sono assunti condivisi dalla maggior parte delle persone nate in determinati contesti socio culturali e in determinati periodi storici. Tali esperienze possono aver avuto un impatto significativo nella storia di vita della persona e possono emergere anche frequentemente nel corso della terapia.

Gli investimenti di ruolo riflettono le attività e gli interessi in cui la persona è coinvolta: pare che grado di investimento e sintomatologia depressiva siano inversamente proporzionali.

I legami intergenerazionali riflettono la rete che si costruisce attorno all’anziano, con figli, nipoti, coniugi, etc. Essi possono essere una risorsa quando investono il paziente di un valore positivo, ma possono essere fonte di frustrazione e malessere quando costituiscono fonte di attrito o conflittualità.
Il contesto socio-culturale fa riferimento ai pregiudizi e agli stereotipi che la persona anziana sente su di sé. Se questi paiono persistenti e ben radicati possono favorire il disagio psichico acuendo il malessere, è quindi importante che questa componente sia indagata e smantellata fin dalle prime sedute di psicoterapia.

Per quanto riguarda la salute fisica, come accennato prima, il terapeuta dovrà sempre informarsi sulla presenza di malattie fisiche nel paziente ed esplorare la comprensione che questi ha delle sue patologie e delle conseguenze che ne derivano.

tabella

Fig.1 Case Formulation per anziani (Laidlaw et al.,2004)

La psicoterapia per gli anziani presenta dunque degli aspetti assolutamente peculiari, viste le caratteristiche della sintomatologia, la possibilità di incontrare delle resistenze culturali all’approccio psicologico e la possibile presenza di un deterioramento cognitivo. È importante che il clinico sia preparato per svolgere al meglio la diagnosi differenziale con altri disturbi e che non sottovaluti le manifestazioni fisiche dei disturbi dell’umore. Anche in caso di compromissione della cognitività, il psicoterapia per gli anziani può essere fondamentale per aumentare la compliance del paziente alle altre terapie proposte e può essere un valido aiuto per alleviare la sintomatologia di sofferenza psicologica. Naturalmente in questo caso il terapeuta dovrà adeguare le sue modalità di comunicazione alle capacità residue del paziente.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Arcara, Mondini, Burgio, Mazzoldi, Ghezzer, Pedroni, Zangrossi, Tomasi, Pirrotta, Mapellli. Normative Data for the Italian Version of the Montreal Cognitive Assessment (MoCA): the Impact of Sociocultural Variables on Cut-offs. Poster presentation at the International Neuropsychological Society 2013 Mid-Year Meeting. July 10-13, 2013 in Amsterdam.
  • Baddeley, A.D., & Hitch, G. (1974). Working memory. The psychology of learning and motivation: Advances in research and theory. Vol. 8, pp. 47–89.
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  • Bharucha A.J., Dew M.A., Miller M.D., Borson S., Reynolds C. (2006). Psychotherapy in long-term care: a review. Journal of the American Medical Directors Association, 7:568-580.
  • Bordino F., Indezzi E. (2001). L’anziano e la depressione: riconoscerla, misurarla e trattarla. Mareno di Piave (TV), Edizioni Vega. De Beni R. (2009). Psicologia dell’Invecchiamento. Editore: il Mulino
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  • Laidlaw K., McAlpine S. (2008). Cognitive-behaviour therapy: How is it different with older people? Journal of Rational-Emotive & Cognitive-Behaviour Therapy, vol 26 (4), pp. 250-262.
  • Measso G., Cavarzeran F., Zappalà G., Lebowitz D.B., Crook H.T., Pirozzolo S.J., Amaducci L.A., Massari D., Grigoletto F.(1993). The mini‐mental state examination: Normative study of an Italian random sample, Developmental Neuropsychology, 9:2, 77-85,
  • Nadio Delai (2012). Anziani e continuità assistenziale. Individuare una strategia condivisa di medio periodo per le condizioni della non autonomia. Editore: Franco Angeli.
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