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Due ipotesi: predatori o impulsivi

L'aggressione premeditata è deliberata, eseguita a freddo mentre quella impulsiva consiste nel non tollerare il comportamento altrui e nell'agire d'impulso 

Di Giancarlo Dimaggio

Pubblicato il 23 Feb. 2016

Si può, grosso modo, classificare il comportamento aggressivo in: premeditato e impulsivo. L’aggressione premeditata è deliberata, eseguita anche a freddo.

Questo articolo è stato pubblicato da Giancarlo Dimaggio sul Corriere della Sera il 13/02/2016

Lo farà ancora? Di fronte al comportamento violento è l’unica domanda che mi interessa. Chi ha picchiato, rubato, stuprato, ucciso recidiverà? La sfida per ricercatori e psicoterapeuti è a tre livelli: prevedere, prevenire e curare. È di quelle responsabilità che fan tremare le vene dei polsi. Distinguerò tra un ragazzo geloso e un vero stalker? Terrò in carcere un soggetto che invece, se aiutato, sarebbe libero dall’impero della rabbia? Consiglierò la libertà di un uomo che con quasi certezza tornerà alla violenza? I miei strumenti saranno capaci di cambiare quelli la cui aggressività può essere controllata?

 

Aggressione premeditata (o del predatore)

Lontani dal seminare certezze, abbiamo conoscenze da offrire. La prima: si può, grosso modo, classificare il comportamento aggressivo in: premeditato e impulsivo. L’aggressione premeditata è deliberata, eseguita anche a freddo. È un comportamento predatorio: l’obiettivo è garantirsi risorse. Denaro, status, partner sessuali. Si attiva perché c’è una preda in vista. Una ragazza che rientri nei parametri che la definiscono desiderabile. Oppure perché un pericolo minaccia i propri possedimenti. Mi hai sfidato? Vuoi sottrarmi la ragazza, controllare il territorio in cui spaccio? Peggio per te, devo sottometterti. Con ogni mezzo a mia disposizione. Come diceva Pablo Escobar, il boss del cartello di Medellin ritratto nel telefilm Narcos: “Plata o plomo”. Soldi o piombo. L’aggressore premeditato corrisponde quasi completamente al profilo dello psicopatico, personalità a sangue freddo, incapace di rimorso, disinteressato al dolore degli altri.

Siamo chiari: per questo tipo di personalità, gli strumenti di cura sono spuntati, inutile provarci. In sua presenza, l’obiettivo è proteggere la comunità. Allo stato attuale della conoscenza scientifica l’idea che si debba tentare di riabilitarla è moralismo d’accatto, il prezzo lo pagano le vittime future.

 

Aggressione da impulsivività

Altra storia è l’aggressione impulsiva, lì il terapeuta può agire. Con la mia amica e collega Patrizia Velotti, curatrice del libro “Comprendere il male”, abbiamo svolto una ricerca pubblicata su Comprehensive Psychiatry. Emergevano due profili di comportamento antisociale. Il primo: gli aggressivi di natura. La loro violenza è indipendente dalla capacità di osservare il proprio animo. Predatori, potenziali psicopatici. Il secondo: persone con minor tasso di aggressività che tendevano al comportamento antisociale soprattutto in presenza di scarse capacità di osservarsi: tecnicamente le chiamiamo bassa mentalizzazione, metacognizione o mindfulness.

Come funziona? Semplice: subiscono un torto. Gli va, alla lettera, il sangue al cervello e aggrediscono, senza pensare. È il profilo dell’aggressore impulsivo. Ma tra minaccia percepita e attacco, la mente ha un tempo di latenza, in cui si può inserire lo psicoterapeuta. Li si porti allora a soffermarsi sul dolore provato prima di aggredire l’altro e, quando lo intravedono, li si aiuti a cercare altre strade per placarlo. Possono capire che il torto non era grave, che la mancanza di attenzione della compagna non era un’offesa irreparabile e invece di reagire con violenza è possibile il dialogo. Scoprono che quella ferita si può lenire, l’aggressione diventa superflua.

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Giancarlo Dimaggio
Giancarlo Dimaggio

Psichiatra e Psicoterapeuta - Socio Fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva-Interpersonale

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Patrizia Velotti (a cura di). Comprendere il male. La personalità antisociale. Il mulino, 2015
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