L’Eye Movement Desensitization Reprocessing, meglio conosciuto con l’acronimo EMDR è uno degli approcci terapeutici che ha riscosso maggior successo negli ultimi anni. Questo è dovuto all’ormai consolidata mole di ricerche che ne mostrano l’efficacia nel trattamento delle forme di trauma patologico, in particolare per il Disturbo Post-Traumatico da Stress.
L’ipotesi centrale della terapia EMDR è che la stimolazione bilaterale dei due emisferi, attraverso rapidi movimenti oculari destra/sinistra, possa favorire la rielaborazione di ricordi traumatici altrimenti non elaborati, cioè ‘congelati’ nella loro forma altamente emotiva originaria.
Nonostante le prove di efficacia, il meccanismo che determina i risultati dell’EMDR è stato oggetto di dibattito per molti anni, principalmente per la difficoltà nell’operazionalizzare i costrutti di ‘congelamento’ e ‘rielaborazione’.
Marcel A. van den Hout, ricercatore di fama internazionale, negli ultimi anni assieme a numerosi colleghi ha affrontato e testato una dopo l’altra tutte le ipotesi inerenti il meccanismo di funzionamento della terapia EMDR.
Tra i punti principali sostenuti da Marcel van den Hout trova spazio il working memory taxing. Vediamo quali sono e perché tra essi il working memory taxing riveste una certa importanza:
- L’EMDR e altri interventi efficaci sul trauma sembrano agire attraverso la riduzione della vividezza dei ricordi traumatici (Engelhard et al., 2010). La forza immaginativa del ricordo traumatico viene offuscata e questo significa una minor sensazione di realtà imminente, minor attivazione emotiva, maggior capacità di riflessione e rielaborazione del ricordo. Questa riduzione della vividezza potrebbe essere il mediatore comune dei diversi interventi efficaci sul trauma.
- Il meccanismo con cui avviene la riduzione della vividezza non è l’abituazione, non basta esporsi più volte al ricordo o ripetutamente riviverlo perché questo perda le proprie caratteristiche immaginative.
- Il meccanismo non è la sincronizzazione dei due emisferi, la riconnessione tra gli stessi, il passaggio dell’informazione tra un emisfero e l’altro. Infatti non si hanno variazioni nell’elettroencefalogramma (Samara et al., 2011) ma soprattutto la stimolazione verticale ottiene i medesimi risultati di quella orizzontale.
- Veniamo ora al capitolo working memory taxing: il meccanismo sembra essere un processo di appesantimento della memoria di lavoro durante il recupero del ricordo traumatico (van den Hout et al., 2011). Stimolando la memoria di lavoro (working memory), che ha capacità limitate, attraverso un secondo compito (es: seguire il movimento delle dita) questa non sarebbe più in grado di recuperare le informazioni traumatiche con la stessa vividezza. Si aprirebbe così lo spazio a un’elaborazione più distaccata del materiale mnestico comunque rievocato.
- L’ipotesi del working memory taxing è confermata dal fatto che altri esercizi che notoriamente appesantiscono la memoria lavoro, come l’esecuzione di alcuni compiti matematici che richiedono la memorizzazione di una serie di numeri, ottengono gli stessi effetti in termini di riduzione della vividezza dei ricordi negativi.
- Un’altra interessante conclusione riguarda l’utilizzo dei beep (rumori alternati), piuttosto che dei movimenti oculari. I beep non appesantiscono la memoria di lavoro. E in effetti un recente studio (van den Hout et al., 2012) mostra come ottengano risultati significativamente inferiori all’uso dei movimenti oculari, anche se considerati una stimolazione bilaterale. Quindi la sostituzione della stimolazione oculare con quella uditiva è sconsigliata e prematura.
- Infine, il protocollo di intervento EMDR prevede l’uso delle stimolazioni bilaterali per rinforzare immaginazioni e ricordi positivi. Questa procedura avrebbe senso clinico se si potesse sostenere l’ipotesi che la sincronizzazione degli emisferi favorisce l’elaborazione del ricordo. Ma non è così (vedi punto 3). Nel paradigma del working memory taxing sostenere un immaginazione positiva durante una stimolazione oculare, cioè durante l’appesantimento della memoria lavoro, significa rendere più difficile il mantenimento di un immagine vivida nella memoria. Insomma, ostacola proprio l’obiettivo che si propone.
La sintesi finale di van den Hout non si caratterizza come una sintesi contro la terapia EMDR. Anche perché la terapia EMDR non è solo questo. Il paradigma del working memory taxing rappresenta invece un atteso chiarimento circa i meccanismi che stanno alla base di questa tecnica e il razionale che ne emerge è limpido: modalità che appesantiscono la memoria lavoro durante il recupero di ricordi traumatici ne favoriscono la rielaborazione.