Con una presa in carico precoce e mirata, i soggetti con Sindrome di Prader Willi riescono a raggiungere discreti livelli di benessere e una buona qualità di vita. Nei casi di discontrollo elevato della condotta alimentare, esistono comunità residenziali specifiche per il trattamento cognitivo e comportamentale.
Malattia genetica rara caratterizzata da sintomi eterogenei sia dal punto di vista clinico che comportamentale. Venne individuata per la prima volta nel 1856 da A. Prader e H. Willi dell’Università di Zurigo, dai quali prende il nome.
La causa accertata viene annoverata ad una delezione sul braccio lungo del cromosoma 15 di derivazione paterna, ovvero a un difetto di copiatura di una parte di DNA.
L’anomalia genetica è responsabile delle disfunzioni ipotalamiche-pituitarie e dell’alterazione delle funzioni cognitive, da cui derivano diversi sintomi: iperfagia e mancanza del senso di sazietà, squilibrio ormonale con importante impoverimento dell’ormone della crescita (GH), discontrollo degli impulsi e vulnerabilità emotiva, disturbi dell’apprendimento e ritardo mentale generalmente lieve-moderato.
La caratteristica fisica principale della sindrome è l’ipotonia, già presente alla nascita, che provoca difficoltà di suzione e successivamente ritardo nello sviluppo motorio. Tende a diminuire intorno ai 3-4 anni di età.
Incidenza: è stimata 1 persona affetta su circa 10.000-15.000 nati vivi. Per ogni individuo con Sindrome di Prader Willi ce ne sono circa 15-20 con sindrome di Down, 1 con sindrome di William e meno di 1 con sindrome di Angelman.
Segni fenotipici: fronte stretta e prominente, occhi a mandorla con palpebre tendenti verso l’alto, statura bassa, ponte nasale stretto, mani e piedi piccoli.
Caratteristiche cognitive: i soggetti con Sindrome di Prader Willi tendono ad avere performance migliori nell’integrazione di stimoli visivi rispetto a quelli uditivi, la memoria a lungo termine è maggiore rispetto a quella a breve termine e mostrano particolari abilità nella composizione di puzzle.
Aspetti emotivi e comportamentali: possono essere frequenti episodi di discontrollo emotivo, difficoltà a gestire la rabbia e a tollerare frustrazioni anche lievi. Spesso mettono in atto comportamenti oppositivi.
Trattamento: data la variabilità dei sintomi, il trattamento è basato sull’integrazione di vari livelli di intervento:
– Trattamento fisioterapico per sviluppare il tono muscolare, migliorare la motricità grossolana e l’articolazione bucco-facciale.
– Trattamento farmacologico con l’ormone della crescita (GH), al fine di potenziare lo sviluppo psico-motorio e migliorare la qualità di vita dei soggetti.
– Intervento motivazionale di promozione della salute, rivolto sia all’individuo che ai familiari, finalizzato a promuovere uno stile di vita sano, a seguire una dieta equilibrata e a monitorare il comportamento iperfagico.
– Intervento logopedico se è presente un disturbo del linguaggio.
– Intervento psico-educativo precoce mirato all’acquisizione dei pre-requisiti dell’apprendimento, alla gestione dell’impulsività e al controllo della rabbia.
– Visite neuropsichiatriche periodiche in età pediatrica e psichiatriche in età adulta in caso di comorbilità con altri quadri psichiatrici. I più comuni sono: disturbo d’ansia generalizzato, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo.
Con una presa in carico precoce e mirata, i soggetti con Sindrome di Prader Willi riescono a raggiungere discreti livelli di benessere e una buona qualità di vita. Nei casi di discontrollo elevato della condotta alimentare, esistono comunità residenziali specifiche per il trattamento cognitivo e comportamentale.
Riferimenti bibliografici
- Cassidy, S.B., Driscoll, D.J. (2008). Prader-Willi syndrome. European Journal of Human genetics, 1-11
- O’Brien, G., Yule, W. (2000). Caratteristiche comportamentali delle malattie genetiche. Ed. Mc Graw-Hill
- Molinari, E. (1996). Clinica psicologica in sindromi rare. Aspetti genetici e riabilitativi. Ed. Bollati Boringhieri
- www.prader-willi.org
- www.praderwilli.it
- https://www.telethon.it