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Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali – Luglio 2025

L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali è un aggiornamento periodico sulla situazione della sofferenza psicologica in Italia e nel mondo

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 14 Lug. 2025

L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali

L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali è un aggiornamento periodico sulla situazione della sofferenza psicologica in Italia e nel mondo. Quali sono i disturbi più diffusi e più gravi e più in crescita, quali segmenti della popolazione sono più colpiti, quali sono le ragioni della loro diffusione e come arginarli con quali cure farmacologiche, psicoterapeutiche e assistenziali.

L’Osservatorio sarà pubblicato su State of Mind dal marzo 2025, uscirà mensilmente e sarà composto consultando i motori di ricerca più rigorosi e avanzati che raccolgono le informazioni pubblicate su riviste scientifiche e su bollettini sanitari affidabili. Il responsabile della composizione dell’Osservatorio è Giovanni Maria Ruggiero con la collaborazione di Sara Palmieri e Giovanni Mansueto.

Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali – Luglio 2025

Lavoreremo meno o ci sostituirà? E invece no: il “paradosso dell’automazione-aumentazione”, ovvero l’incremento dell’impegno umano in psicoterapia nell’era dell’IA

L’Intelligenza Artificiale in psicologia: non sostituzione ma incremento dell’impegno umano

Questo mese il nostro Osservatorio si concentra su un fenomeno emergente che sta ridefinendo la pratica clinica: l’integrazione dell’intelligenza artificiale (IA) nel campo della psicologia e della salute mentale. A differenza delle nostre analisi precedenti, che esploravano specifici disturbi psicologici, questa volta esaminiamo una pratica clinica in evoluzione – l’uso dell’IA – che sta trasformando il modo in cui concepiamo e forniamo assistenza psicologica.

Oltre le narrazioni dominanti: il falso dilemma della sostituzione

Lo scenario più diffuso nell’immaginario popolare si è polarizzato attorno a due visioni estreme dell’impatto dell’IA nel mondo del lavoro: da un lato la narrativa apocalittica e catastrofista secondo cui “l’IA ci sostituirà” -esempi sono Martin Ford (2015) e Yuval Noah Harari (2023)- mentre dall’altro incontriamo la retorica progressiva e ottimistica di Ray Kurzwell (2005) o di Kai Fu Lee (2018) che dipingono l’IA come panacea universale. Malgrado il segno opposto, uno luddista e l’altro messianico, entrambe queste prospettive convergono verso lo scenario monodimensionale della sostituzione dell’umano con l’artificiale.

Lo scenario alternativo: il paradosso dell’incremento dell’impegno umano

Immaginiamo un terzo scenario alternativo e -siamo franchi- meno banale di questi opposti estremismi, una possibilità per nulla immaginaria perché supportato da evidenze empiriche: all’aumento dell’uso dell’IA nel contesto clinico corrisponde un aumento, non una diminuzione, dell’impegno umano. Questa dinamica, che è chiamato l’automation-augmentation paradox (Raisch e Krakowski, 2021) e che possiamo tradurre col calco de Il Paradosso dell’Automazione-Aumentazione dell’impegno umano richiesto dalla tecnologia, non è solo un dato empirico ma riflette un processo storico ben documentato nelle rivoluzioni tecnologiche precedenti.

Le lezioni della storia: dalla caccia all’informatica si lavora sempre di più e nessuno ci sostituisce

Un’analisi delle grandi rivoluzioni economiche e lavorative dell’umanità rivela un modello ricorrente: dalla rivoluzione agricola del neolitico, che liberò l’uomo dalla mera sussistenza permettendo lo sviluppo di civiltà complesse, alla rivoluzione industriale che, contrariamente alle previsioni, creò più lavori di quanti ne eliminasse, fino alla rivoluzione informatica che ha generato intere nuove categorie professionali – in ogni epoca, a ogni avanzamento tecnologico non è mai corrisposto una diminuzione dell’impegno umano (Autor, 2015; Singh, Singh, e Alam, 2024).

Al contrario, ogni innovazione ha determinato un incremento qualitativo e quantitativo del coinvolgimento umano, seppur con modalità diverse e spesso inaspettate. In termini più crudi: ogni rivoluzione tecnologica ci ha costretti a lavorare di più. Il grande antropologo della civilizzazione, Marvin Harris (1977), raccontava come ai cacciatori e raccoglitori bastassero 2 ore di lavoro al giorno (ammesso che caccia e raccolta fossero un lavoro), mentre gli agricoltori e i pastori lavorassero 6 ore (e già siamo in uno scenario di vero lavoro: impegno quotidiano, organizzazione collettiva, scadenze da rispettare: insomma, addio all’Eden); con la rivoluzione industriale ci si abbuffa di lavoro andando oltre le 10 ore e per fortuna che in seguito si ritorna verso le 8 ore quotidiane. Insomma, rassegniamoci: magari l’IA ci sostituisse e ci permettesse di tornare a essere cacciatori-raccoglitori! Passeremo ore a poltrire e a grattarci a vicenda distesi al sole della savana e quando siamo stufi di far niente partiamo per le gite di caccia e raccolta. E invece ogni volta che abbiamo inventato un nuovo aggeggio per lavorare meno, dall’aratro in poi, ci siamo ritrovati a lavorare più di prima.

Il Mito di Toth: L’eterno timore del progresso tecnologico

Non si tratta solo di modelli storici, ma anche mitologici. Platone, nel Fedro, riporta il mito del dio egizio Thot, inventore della scrittura, che la presenta al re Thamus come dono per migliorare la memoria e la saggezza del popolo. Il re rifiuta, temendo che la scrittura, permettendo agli uomini di affidarsi a segni esterni, finisca per indebolire la memoria e quindi l’intelligenza umana. 

Platone condivideva questi timori, preoccupato che la scrittura potesse limitare le capacità cognitive umane. Salvo poi scrivere abbondantemente, a differenza del suo maestro Socrate che, lui si, non scrisse mai un rigo. Insomma, Platone pur temendo di essere annullato dalla scrittura che a suo dire avrebbe preso il posto dell’insostituibile dialogo dal vivo, ne fece un uso prolifico, lasciandoci un abbondante corpus di testi che costituiscono uno dei fondamenti del pensiero occidentale. La verità è che la scrittura non ha impoverito l’intelletto umano, ma ha determinato un’esplosione senza precedenti dell’attività intellettuale, permettendo l’accumulo e la trasmissione di conoscenze complesse, lo sviluppo del pensiero scientifico e filosofico, e la nascita di civiltà sofisticate.

Un’esperienza dal campo: la realtà dell’IA in terapia

Prima di passare alle evidenze empiriche, riporto anche la mia esperienza personale come clinico di utilizzo dell’IA come supporto tecnologico delle sedute terapeutiche. Essa offre un esempio concreto di questo paradosso. 

Premetto che un primo significativo passo avanti tecnologico l’avevo già sperimentato entrando nella piattaforma di psicoterapia inTHERAPY (www.intherapy.it). Questo sistema di gestione dei dati clinici e condivisione trasparente dei materiali con i pazienti attraverso app e piattaforme digitali, aveva già trasformato il mio modo di lavorare: più strutturato, più tracciabile, più collaborativo. Era evidente già allora che la tecnologia non mi sostituiva sottraendo tempo al mio impegno umano, anzi: lo stava rilanciando, rendendo più visibile il processo terapeutico, più continuo il lavoro tra le sedute, più solida la collaborazione con i colleghi. 

La successiva adozione dell’IA si inserisce in questo percorso, come un’ulteriore estensione delle possibilità, non come una sostituzione del terapeuta. Appunti di seduta, confronto sistematico tra incontri, monitoraggio dell’andamento clinico e delle ipotesi di lavoro: sono pratiche che già adottavo regolarmente nel mio lavoro quotidiano ancora prima di entrare in inTHERAPY. L’integrazione degli strumenti tecnologici -prima della piattaforma inTHERAPY e poi di IA- ha velocizzato e reso più efficace questo processo, permettendomi di consultare con più facilità e tempestività le note, cogliere connessioni tra episodi clinici, correggere errori e integrare osservazioni in modo più strutturato e continuo rispetto al passato.

Il processo di revisione e integrazione dei riassunti generati dall’IA ha potenziato il mio modo abituale di lavorare sugli appunti di seduta. Rivedere questi testi – correggerli, arricchirli, interrogarli – ha reso più sistematico e produttivo il mio rapporto con le cartelle cliniche: mi aiuta a tenere più facilmente a mente i contenuti delle sedute, a rilevare con più immediatezza pattern ricorrenti, a formulare ipotesi cliniche che già facevano parte del mio metodo, ma che ora trovano uno spazio di verifica e riflessione più frequente. Utilizzo questi materiali anche in supervisioni e riunioni cliniche, in modo più condiviso e tracciabile.

Già prima dell’introduzione dell’IA, in inTHERAPY condividevo regolarmente con i pazienti le note delle sedute e, dove possibile, anche le registrazioni audio. L’utilizzo del riassunto AI, una volta rielaborato e contestualizzato da me, ha però aperto nuove possibilità: la restituzione è diventata più chiara, più dettagliata e più centrata sui processi attivi in seduta. Questo ha favorito una maggiore consapevolezza da parte del paziente rispetto al proprio percorso, e una sua partecipazione più attiva e condivisa al lavoro terapeutico.

È ovvio che ci sia il rischio di cattive pratiche cliniche e di negligenze: dal copincollare i report senza nemmeno guardarli ad altre forme di scorrettezza. C’è già della letteratura al riguardo e non va sottovaluta (Johnson, 2024). Anzi, sarà l’argomento di uno dei prossimi osservatori. Rimanete in contatto.

Le evidenze dalla letteratura scientifica

La mia esperienza personale trova conferma in un crescente corpus di ricerca scientifica. Gli studi più recenti dimostrano consistentemente che l’uso dell’IA in contesti clinici non corrisponde a una diminuzione dell’impegno del terapeuta umano, ma piuttosto a un suo incremento qualitativo e quantitativo (Beg, Verma e Verma, 2024).

Una ricerca pubblicata (Spytska, 2025) ha evidenziato che “la futura psicoterapia sarà probabilmente caratterizzata da un approccio ibrido in cui l’IA incrementa la portata e l’efficienza dei terapeuti umani senza sostituirli”. Lo studio, condotto su 104 donne con disturbi d’ansia, ha dimostrato che mentre l’IA può fornire supporto accessibile e immediato, “non è un sostituto sufficiente per i terapeuti umani, specialmente quando si tratta di problemi di salute mentale complessi che richiedono un livello più elevato di coinvolgimento”.

Una revisione sistematica pubblicata (Gual-Montolio et al., 2022) ha analizzato l’uso dell’IA per migliorare gli interventi psicologici in tempo reale, concludendo che “tutte le investigazioni hanno indicato che l’IA ha un potenziale per migliorare la psicoterapia e aiutare a ridurre la sintomatologia clinica”, ma sempre in un contesto di collaborazione uomo-macchina piuttosto che di sostituzione.

Inoltre -come già anticipato- il paradosso automazione-aumentazione è stato formalmente teorizzato nella letteratura manageriale, dove i ricercatori osservano che questa aumentazione non può essere nettamente separata dall’automazione e che queste due applicazioni dell’IA sono interdipendenti. Studi recenti sull’uso quotidiano di strumenti di IA basati sull’aumentazione nel lavoro hanno dimostrato che l’accoppiamento di dipendenti e strumenti di IA, date le loro forze complementari, espande le capacità umane piuttosto che rimpiazzarle (Acemoglu, e Restrepo, 2019; Raisch e Krakowski, 2021; Dégallier-Rochat et al. 2022; Shao et al. (2024); Wilson e Daugherty, 2018). 

Perché più IA significa più impegno umano

Il paradosso dell’incremento dell’impegno umano opera attraverso diversi meccanismi psicologici e operativi:

Liberazione cognitiva: l’IA si assume compiti routine e meccanici, liberando risorse cognitive umane per attività di livello superiore come l’analisi critica, la sintesi creativa e l’intuizione clinica.

Amplificazione della competenza: gli strumenti di IA fungono da moltiplicatori delle capacità umane, permettendo ai clinici di processare maggiori quantità di informazioni e identificare pattern altrimenti invisibili.

Intensificazione della supervisione: l’introduzione dell’IA richiede nuove forme di supervisione umana, controllo qualità e validazione dei risultati, incrementando complessivamente il carico di lavoro cognitivo.

Espansione delle possibilità: l’efficienza introdotta dall’IA permette di esplorare nuove modalità di intervento e di fornire servizi a popolazioni precedentemente non raggiunte, aumentando il volume complessivo dell’attività clinica.

Implicazioni per la pratica clinica

Questo paradigma ha profonde implicazioni per il futuro della psicologia clinica:

  1. Ridefinizione del ruolo del clinico: dall’esecutore di compiti routine al supervisore critico e interprete di sistemi complessi.
  2. Nuove competenze richieste: necessità di sviluppare competenza digitale e capacità di collaborazione uomo-macchina.
  3. Intensificazione della formazione: l’introduzione dell’IA richiede clinici più preparati, non meno.
  4. Etica della collaborazione: sviluppo di nuovi framework etici per la gestione responsabile dell’interazione uomo-IA.

Conclusioni: verso un futuro di cooperazione aumentata

Il paradosso dell’incremento dell’impegno umano nell’era dell’IA clinica suggerisce che stiamo entrando in un’epoca di cooperazione aumentata piuttosto che di sostituzione tecnologica. Come Platone non poteva prevedere che la sua critica alla scrittura sarebbe stata preservata e trasmessa proprio grazie alla scrittura stessa, così i timori contemporanei sulla sostituzione umana da parte dell’IA potrebbero rivelarsi miopi. In questo scenario, il futuro della psicologia clinica non vedrà clinici sostituiti da macchine, ma professionisti più competenti, più informati e più efficaci, supportati da strumenti che amplificano le loro capacità naturali di comprensione, empatia e guarigione. Il paradosso dell’aumentato impegno umano non è un ostacolo da superare, ma una caratteristica intrinseca dell’evoluzione tecnologica che dobbiamo imparare a utilizzare a beneficio di chi soffre e cerca aiuto.

Riferimenti Bibliografici

Modelli apocalittici o messianici della Sostituzione

  • Ford, M. (2015). Rise of the Robots: Technology and the Threat of a Jobless Future. New York: Basic Books; 
  • Harari, Y. N. (2023). Homo Deus: A Brief History of Tomorrow. Bhopal, India: Manjul Publishing House Pvt Limited
  • Kurzweil, R. (2005). The singularity is near. In Ethics and Emerging Technologies (pp. 393-406). London: Palgrave Macmillan UK.
  • Lee, K. F. (2018). AI Superpowers: China, Silicon Valley, and the New World order. Harper Business.

Studi Teorici e Frameworks Concettuali sull’Automazione-Aumentazione

  • Acemoglu, D., & Restrepo, P. (2019). Automation and new tasks: How technology displaces and reinstates labor. Journal of Economic Perspectives33(2), 3-30.
  • Raisch, S., & Krakowski, S. (2021). Artificial intelligence and management: The automation–augmentation paradox. Academy of Management Review, 46(1), 192-210.

Meta-Analisi e Revisioni Sistematiche sull’Automazione-Aumentazione

  • Dégallier-Rochat, S., Kurpicz-Briki, M., Endrissat, N., & Yatsenko, O. (2022). Human augmentation, not replacement: A research agenda for AI and robotics in the industry. Frontiers in Robotics and AI9, 997386.
  • Shao, Y., Huang, C., Song, Y., Wang, M., Song, Y. H., & Shao, R. (2024). Using augmentation-based AI tool at work: A daily investigation of learning-based benefit and challenge. Journal of Management, 01492063241266503.
  • Wilson, H. J., & Daugherty, P. R. (2018). Collaborative intelligence: Humans and AI are joining forces. Harvard Business Review, 96(4), 114-123.

Studi Empirici sull’IA in Psicoterapia e Salute Mentale

  • Beg, M. J., Verma, M., & Verma, M. K. (2024). Artificial intelligence for psychotherapy: A review of the current state and future directions. Indian Journal of Psychological Medicine, 02537176241260819.
  • Gual-Montolio, P., Jaén, I., Martínez-Borba, V., Castilla, D., & Suso-Ribera, C. (2022). Using artificial intelligence to enhance ongoing psychological interventions for emotional problems in real-or close to real-time: a systematic review. International Journal of Environmental Research and Public Health19(13), 7737.
  • Spytska, L. (2025). The use of artificial intelligence in psychotherapy: development of intelligent therapeutic systems. BMC Psychology13(1), 175.

Studi Storici sulle Rivoluzioni Tecnologiche

  • Autor, D. H. (2015). Why are there still so many jobs? The history and future of workplace automation. Journal of Economic Perspectives29(3), 3-30.
  • Harris, M. (1977). Cannibals and Kings: The Origins of Cultures. New York: Vintage
  • Singh, D., Singh, P., & Alam, M. Q. (2024). Power and Progress: Our 1000-Year Struggle Over Technology and Prosperity. Synergy: International Journal of Multidisciplinary Studies1(2), 1-3.

IA e cattive pratiche

  • Johnson, V. R. (2024). Artificial Intelligence and Legal Malpractice Liability. . Mary’s J. on Legal Malpractice & Ethics14, 55.
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