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Le nuove diagnosi di disturbo alimentare nel DSM-5

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 21 Set. 2011

Aggiornato il 13 Mag. 2013 16:32

ECED 2011

Hans Hoek è uno dei maggiori epidemiologi al mondo, e come esperto dell’epidemiologia dei disturbi alimentari non ha rivali. Per conoscere dove e quanto siano diffuse anoressia e bulimia occorre rivolgersi a lui. Per questo appartiene al gruppo di lavoro che sta rielaborando di criteri diagnostici dei disturbi alimentari in vista della pubblicazione del DSM-5. Al congresso europeo di Firenze (15-17 settembre 2011) Hoek ha illustrato le modifiche in progettazione. L’obiettivo principale del DSM 5 è descrivere più dettagliatamente le forme di disturbi alimentari che non soddisfano tutti i criteri per l’anoressia o la bulimia. Non si tratta necessariamente di forme minori o meno gravi. Finora, questi casi erano un po’ sbrigativamente denominati come “EDNOS”, che significa eating disorders not otherwise specified, disturbi alimentari non altrimenti specificati. Una classe residuale, in cui finivano casi molto diversi tra loro e non sempre meno gravi delle forme classiche dell’anoressia e della bulimia. E per questo forse a volte trattati superficialmente.

Nel DSM 5 l’intera classe diagnostica dei disturbi alimentari cambierà nome e si chiamerà feeding and eating disorders, per allargare il campo d’azione. Accanto all’anoressia e alla bulimia saranno elencati altri disturbi, che sono la pica (consumo di sostanze non commestibili), il rumination disorder (il rigurgito di sostanza ingerite), l’avoidant/restrictive food intake disorder (mancanza di interesse per l’ingestione sufficiente di cibo), il binge eating disorder (disurbo da abboffate). Altri disturbi ancora più particolari sono ragguppati nella classe degli “other specified feeding or eating disorders”  in cui possiamo trovare il purging disorder (in cui a paziente segue condotte eliminative senza abbuffarsi) o la night eating syndrome (alimentazione notturna eccessiva e/o disordinata). E così via.

La ragione di tutto questo proliferare di diagnosi è la necessità di non sottovalutare i pazienti che non hanno tutti i criteri diagnostici dei due disturbi maggiori. Questo non vuol dire che anche questa scelta, come tutte le scelte, non presenti i suoi rischi. Il primo è proprio l’eccesso bizantino di tipi e sottotipi diagnostici. Il secondo, più grave, è patologizzare o, peggio, psichiatrizzare ogni tipo di condotta alimentare disordinata. Il terzo svantaggio, sospettato da qualcuno, è favorire qualche interesse economico, come ad esempio le solite compagnie assicurative americane che sono spesso invocate come agenti del male, in parte esagerando e in parte no.

 

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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