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Terapia di esposizione e microbiota intestinale: verso una nuova psicologia clinica integrata e di precisione 

La comunità scientifica ha iniziato a chiedersi se si possa riscontrare qualche relazione tra il microbiota e i processi di estinzione della paura

Di Emiliano Toso, Massimo Agnoletti

Pubblicato il 20 Dic. 2023

La terapia di esposizione, ossia il ripetuto confronto con stimoli di per sé innocui, ma per il paziente fonte di ansia, rappresenta uno dei più grandi successi clinici nella storia del trattamento delle malattie mentali grazie ai significativi avanzamenti scientifici della psicologia.

La comprensione dei meccanismi responsabili alla base di tale intervento clinico, si è evoluta nel tempo portando a nuovi e significativi approcci concettuali ed operativi. 

Oggi, diversamente rispetto a pochi anni fa, l’opinione maggiormente condivisa è che la terapia espositiva, non comporterebbe una vera e propria cancellazione della “memoria eccitatoria” bensì, darebbe vita ad un nuovo apprendimento, capace di interferire con essa e con la sua espressione: un apprendimento, dunque, “inibitorio” (Toso, 2021; 2023). 

Nel paradigma espositivo attuale, la riduzione dell’ansia indotta dall’intervento di ogni singola sessione espositiva non sarebbe più considerata di per sé un indice di successo terapeutico, l’efficacia terapeutica dipenderebbe invece dalla forza e dalla recuperabilità delle nuove associazioni inibitorie che si vengono a formare e dall’efficacia della regolazione neurale (Craske et al., 2014).

Questo recente rinnovamento concettuale e operativo risulta essere un campo decisamente in forte espansione, infatti, lo scambio continuo tra le ricerche di laboratorio e la clinica riesce ad ottenere nuove preziose informazioni sul processo di estinzione della paura definendo i confini di una vera e propria rivoluzione del “modus operandi” della moderna terapia espositiva che rappresenta appunto l’applicazione clinica di questo nuovo paradigma scientifico. 

Nello specifico, dalla ricerca sta emergendo (Toso, 2023) che durante il sistematico confronto con uno stimolo condizionato eccitatorio (SC), l’innesco del processo di “creazione inibitoria” dipenderebbe oltre che da aspetti intrinseci al processo stesso (errore predittivo, dipendenza dal contesto e ricompensa gratificante), anche da aspetti estrinseci ad esso (psicologici, ambientali e biologici) tra i quali ne spicca uno in particolare ossia il “microbiota intestinale”.

Il microbiota è l’insieme dei microrganismi (principalmente batteri ma anche virus e funghi) che convivono nell’organismo umano con una massa complessiva di circa 1,5kg. 

L’intestino ospita il cosiddetto microbiota intestinale, considerato il più significativo per massa, varietà batterica e funzioni svolte in modo simbiotico nell’organismo umano, e viene considerato come un secondo cervello, per la presenza ormai accertata di circa cento milioni di neuroni che comunicano in modo bidirezionale con il sistema nervoso centrale. 

È interessante notare che il 95% della serotonina (neurotrasmettitore particolarmente attivo nel processo di creazione inibitoria) viene prodotta dalle cellule enterocromaffini che sono distribuite lungo la mucosa intestinale. 

Partendo da queste premesse e le notevoli implicazioni ormai scoperte per il benessere e la salute umana, la comunità scientifica ha iniziato a chiedersi se si possa riscontrare qualche relazione tra il microbiota, i neuroni intestinali ed i processi di estinzione della paura

In un recente studio pubblicato sulla rivista Nature intitolato: “The microbiota regulate neuronal function and fear extinction learning” (trad.: “Il microbiota regola funzioni neurali e l’apprendimento dell’estinzione della paura”; Chu et al., 2019), gli autori hanno sottoposto tre gruppi di topi a un condizionamento alla paura seguito dall’apprendimento di un processo di estinzione.

Il primo gruppo era rappresentato da topi privi di microbiota intestinale, il secondo gruppo era composto da topi trattati con antibiotici (cioè animali con microbiota drasticamente ridotto nella varietà batterica), e il terzo era costituito da topi controllo, animali quindi con un microbiota non compromesso. 

Ciò che hanno potuto osservare i ricercatori è stato che nei topi dei due gruppi con microbiota alterato, sono comparse alterazioni dei neuroni e delle cellule gliali nella corteccia prefrontale mediale che hanno compromesso i processi di estinzione della paura condizionata rispetto al gruppo di controllo.

I topi con il microbiota assente o alterato non possedevano più una normale capacità di apprendere a non avere paura (ad estinguere quindi il condizionamento relativo la paura). 

Tuttavia, gli effetti sulla capacità di apprendimento dei processi di estinzione della paura si sono rivelati reversibili, nel senso che sono scomparsi quando sperimentalmente i ricercatori hanno ristabilito un microbiota corretto. 

In uno studio ancora più recente, questi risultati sono stati ulteriormente confermati dimostrando che uno specifico trattamento con probiotici promuove i processi di estinzione della paura ostacolandone anche il ritorno (Xiaoyu et al., 2021). 

In entrambe le ricerche gli studiosi hanno scoperto che all’interno della corteccia prefrontale ventromediale (PFCVM), un’area cerebrale cruciale nel processo di apprendimento di estinzione, i topi dal microbiota compromesso esprimevano in misura minore alcune informazioni genetiche correlate a diverse importanti funzioni, come la plasticità delle sinapsi e l’attività neuronale. 

Il microbiota intestinale influenzerebbe dunque epigeneticamente lo sviluppo, la morfologia e la fisiologia delle cellule nervose in questa regione cerebrale così importante.

Queste straordinarie ricerche ci fanno capire che la capacità di un organismo di estinguere la paura non dipende solo dalle dinamiche che avvengono tra le cellule cerebrali umane, ma anche dal complesso ecosistema costituito dai numerosissimi microorganismi del microbiota che modulano in maniera determinante il processo di estinzione.

La complessa interazione tra l’epigenetica del microbiota e l’epigenetica delle cellule che possiedono il DNA della specie ospite, incluse naturalmente quelle cerebrali, si chiama “adattoma” e sappiamo che rappresenta un fattore determinante la fitness globale dell’organismo (Agnoletti, 2023a).

Le ricerche che abbiamo sinteticamente riportato sono di enorme rilevanza clinica per lo psicologo clinico, poiché anche gli esseri umani, come i topi e la quasi totalità degli organismi viventi, possiedono un microbiota e quindi un’asse funzionale m.i.c.m. (microbiota-intestino-cervello-mente) che influenza grandemente la qualità di vita, il benessere, la salute umana (Agnoletti, 2023b).

Lo psicologo, aggiornato di queste rivoluzionarie scoperte scientifiche, si trova di fronte a una importante sfida culturale rappresentata dalla necessaria integrazione, all’interno di un moderno modello bio-psico-sociale, dei saperi e delle competenze squisitamente psicologiche.

Il notevole vantaggio nell’affrontare questa sfida culturale è rappresentato dall’importante acquisizione di nuove opportunità terapeutiche e nuovi strumenti clinici significativamente superiori per efficacia a quelli precedenti.

Ad esempio, in riferimento al contesto descritto in questo articolo, le ricerche indicano che l’apprendimento dell’estinzione della paura richiede di tener conto dello specifico stato del microbiota intestinale del paziente suggerendo la necessità di un’integrazione sapiente che prevede la somministrazione personalizzata di probiotici, ed eventualmente anche di una dieta altrettanto personalizzata, nel caso in cui venga identificata una disbiosi intestinale (una composizione cioè del microbiota non funzionale rispetto la fitness dell’organismo). 

Alla luce di queste scoperte, considerare, indagare e misurare anche lo stato di benessere dell’intestino (cosa che sino a poco tempo fa sarebbe sembrata irragionevole se non “assurda” da parte di coloro che si occupano di salute mentale) entrerà a far parte dei futuri protocolli clinici degli psicologi, il che implicherà naturalmente la necessità di nuove collaborazioni con specifiche figure professionali come il gastroenterologo e/o il biologo-nutrizionista. 

Poiché la psicologia clinica, per definizione, consiste in un insieme di conoscenze, principi e tecniche che provengono anche dalla psicologia sperimentale e dalle neuroscienze, avere a disposizione oggi queste importanti e recenti informazioni senza considerare le loro notevoli implicazioni dal punto di vista clinico nella terapia espositiva, equivarrebbe a un grande errore (anche di natura deontologica). 

Tale errore dovrebbe essere considerato grave malgrado l’intervento espositivo “classico” possa essere comunque considerato in parte efficace nel migliorare le condizioni del paziente.

Risulta importante notare che l’obiettivo di un intervento clinico non dovrebbe essere limitato solamente al miglioramento parziale di un particolare stato di sofferenza, ma dovrebbe tendere ad ottenere, per quanto possibile, la completa e duratura guarigione per massimizzare l’autonomia e la libertà personale. 

Accontentarsi di rendere migliore o “risanare” parzialmente uno stato di salute mentale è infatti un proposito rischioso, in quanto mantiene comunque il paziente in una posizione di vulnerabilità rispetto ad un possibile rischio di ricaduta. 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Agnoletti, M. (2023a). Il concetto di Adattoma nel paradigma di benessere e salute Bio-Psico-Sociale. Medicalive Magazine, 1, 16-20.
  • Agnoletti, M. (2023b). Perché si dovrebbe parlare di asse microbiota-intestino-cervello-mente. Medicalive Magazine, 6, 12-16.
  • Chu, C., Murdock, M. H., Jing, D., Won, T. H., Chung, H., Kressel, A. M., Rsava, T., Addorisio, M. E., Putzel, G. G., Zhou, L., Bessman, N. J., Yang, R., Moriyama, S., Parkhurst, C. N., Anfei, L., Meyer, H. C., Teng, F., Chavan, S. S., Tracey, K. J., Regev, A., Schroeder, H. C., Lee, F. S., Liston, C. & Artis, D. (2019). The microbiota regulates neuronal function and fear extinction learning. Nature 574, 7779, 543-548. 
  • Craske, M. G., Treanor, M., Conway, C., Zbozinek, T. & Vervliet, B. (2014). Maximizing exposure therapy: an inhibitory learning approach. Behaviour Research and Therapy 58, 10-23.
  • Toso, E. (2021). La seconda giovinezza dell’esposizione. Modello concettuale e modalità operative. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Toso, E. (2023). Verso una terapia espositiva di precisione. Dalla scienza dell’estinzione della paura alla clinica. Giovanni Fioriti Editore, Roma.
  • Craske M.G., Hermans D., Vervliet B. (2018). State of the art and future directions for extinction 
  • as a translational model for fear and anxiety. Philosophical Transactions B 373, 1742.
  • Craske M.G., Hermans D., Vervliet B. (2018). State of the art and future directions for extinction 
  • as a translational model for fear and anxiety. Philosophical Transactions B 373, 174
  • Xiaoyu, C., Songhua, Z., Guang, X., Jie, C., Lizhu, J., Jufang, H. & Jianbin, T. (2021). A multispecies probiotic accelerates fear extinction and inhibits relapse in mice: Role of microglia. Neuropharmacology, 193, 108613.
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