expand_lessAPRI WIDGET

La Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale si pronuncia su patentini e certificazioni

Pro e contro, statuto e valore legale della proliferazione di certificazioni e patentini nel mondo della psicoterapia, la pronuncia della Consulta delle Scuole

Di Redazione

Pubblicato il 18 Feb. 2019

Pubblichiamo con piacere la dichiarazione della Consulta* delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale riguardante il valore legale dei vari tipi di certificati e patentini rilasciati dai molti corsi di addestramento in tecniche psicoterapeutiche post-specializzazione che stanno fiorendo sempre più frequentemente in Italia. Questa dichiarazione aspira a chiarire agli addetti alla psicoterapia quali potrebbero essere i pro -soprattutto l’incremento della diffusione delle competenze- e i contro -una certa confusione circa il valore legale e anche didattico di questi corsi- del fenomeno. Buona lettura.

 

Autorizzazione all’esercizio della psicoterapia,

all’utilizzo di specifici approcci e tecniche psicoterapeutici e obbligo di competenza

Documento approvato dal Consiglio Direttivo il 29.10.2018

Si sta diffondendo, anche nel nostro paese e nella nostra professione psicologica e psicoterapeutica, la pratica, possiamo pure dire la moda, delle certificazioni. Molti modelli di intervento psicoterapeutico, tutti nati negli Stati Uniti, propongono la loro certificazione come condicio sine qua non per applicare o insegnare quel particolare modello. La proposta è spesso formulata in modo ambiguo e usa i termini certificazione, abilitazione e autorizzazione quasi come sinonimi (mentre, come vedremo, nel nostro paese non lo sono).

Su questo punto hanno preso una chiara posizione anche le nostre due associazioni scientifiche di riferimento, AIAMC e SITCC.

Per capire il fenomeno, e contrastarne gli eccessi e le distorsioni, bisogna fare un salto negli Stati Uniti, dove il fenomeno ha origine. Il sistema formativo accademico negli SU è molto diverso da quello europeo e italiano in modo particolare. La differenza principale consiste nel fatto che in Italia i titoli di studio hanno valore legale. Laurearsi in psicologia o in medicina a Palermo o a Bologna (se sono università statali, o private riconosciute dallo Stato) non fa nessuna differenza in termini di valore formale del diploma di laurea: entrambe le lauree sono titolo necessario e riconosciuto per accedere all’esame di stato che abilita alle professioni (di psicologo o medico) e ai concorsi nella pubblica amministrazione e nel servizio sanitario nazionale (SSN).

Lo stesso discorso vale per i titoli post lauream, dottorato e specializzazione; quest’ultimo, lo ricordiamo, è titolo necessario per l’esercizio della psicoterapia e per l’accesso ai concorsi per dirigente psicologo nel SSN. Ricordiamo, inoltre, che l’articolo 21 del Codice deontologico vieta l’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa. “Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.

Negli Stati Uniti la situazione è molto diversa. Ogni università propone corsi anche molto differenti, per qualità e contenuti. I titoli di studio sono riconosciuti singolarmente dai singoli stati per le singole università. Ci sono università di fama, un nome per tutti Harvard, che sono riconosciute unanimemente, mentre forse l’università di Chattanooga non ha lo stesso trattamento.

Seconda grande differenza. Negli SU non esiste un sistema di welfare paragonabile a quello europeo. La sanità è largamente privata, e basata sulle assicurazioni, anch’esse private. Le assicurazioni, che coprono varie prestazioni, comprese quelle cliniche e la psicoterapia, stante la mancanza di valore legale del titolo di studio, per riconoscere il valore dell’intervento richiedono ai professionisti il possesso di una licensure, o, in assenza di questa, di una certificazione.
Una dettagliata descrizione delle caratteristiche e delle differenze tra licenza e certificazione si può trovare qui: https://internationalcredentialing.org/lic-cert/ .

Una certificazione è generalmente un processo volontario, ma può anche essere obbligatoria o richiesta per esercitare una professione in determinati stati. La certificazione viene per lo più fornita da organizzazioni private allo scopo di riconoscere e garantire i professionisti che hanno dimostrato di possedere i requisiti di stardard professionale minimo per svolgere la loro professione in modo competente.

Insomma, ogni stato si regola a modo suo, e le assicurazioni vogliono essere sicure di pagare per un servizio reso in modo competente. In effetti, la diffidenza delle assicurazioni ha le sue buone motivazioni. Per anni hanno pagato terapie lunghe e prive di efficacia, con fenomeni di prescrizione-erogazione obliqui e opachi. Poi, negli anni Novanta, è scoppiato il fenomeno autismo, e tutti si sono inventati “esperti” (senza avere la necessaria formazione) di Analisi Comportamentale Applicata (ABA), che risultava essere l’intervento più efficace e quindi più richiesto per l’autismo. Lo stesso sta succedendo da un po’ di anni anche in Italia.

Pertanto, la certificazione negli SU ha varie ragioni di esistere, ragioni che non si ritrovano però in Italia. Nel nostro paese, come detto all’inizio, lo stato certifica la competenza dei professionisti, attraverso vari passaggi; per gli psicologi e gli psicoterapeuti, e così pure per i medici, i passaggi sono laurea, tirocinio, esame di stato, scuola di specializzazione. Tutti i perfezionamenti successivi sono volontari, benvenuti, encomiabili, ecc. ma non obbligatori. Gli unici passaggi obbligatori sono gli aggiornamenti professionali noti come ECM ed il vincolo deontologico che obbliga ad “usare solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza”

Ogni professionista della salute è tenuto a esercitare la sua professione con scienza e coscienza, e di questo risponde davanti alla legge. Lo psicologo, o il medico, che ha ottenuto l’autorizzazione statale a esercitare la psicoterapia deve applicare questi principi. La metodica, il modello, la tecnica che decide in scienza e coscienza di applicare sul paziente fanno parte della sua libertà clinica di scelta. Paradossalmente: se io, psicoterapeuta CBT, decidessi che per il mio paziente la cosa migliore per lui sono le associazioni libere di freudiana memoria o il test di Rorschach li potrei legalmente applicare, assumendomi la responsabilità di essere in grado di farle, e nessun ente certificatore mi potrebbe impedire di farlo. Il professionista è tenuto ad aggiornarsi e a frequentare convegni, corsi e altri momenti formativi per migliorare la sua preparazione e apprendere nuove tecniche. Ma la disponibilità di un’ampia ed efficace letteratura sulle teorie cliniche e i modelli psicopatologici, la diffusione di manuali di trattamento chiari e ben strutturati, la disseminazione di Linee Guida e di protocolli di intervento che combinano tecniche di diversa matrice, il confronto e la collaborazione tra colleghi forniscono opportunità altrettanto preziose per migliorare le proprie competenze e per programmare un trattamento che risponda alle esigenze di quello specifico utente/paziente.

Per concludere: nessuna associazione tra quelle che propongono/impongono la certificazione (il patentino) per poter applicare le metodologie che afferiscono al loro modello, può in alcun modo impedire a un professionista, che sia in possesso dei necessari titoli legali di studio e che si senta preparato a farlo, di applicare qualsivoglia metodologia. Questo deve essere ben chiaro agli studenti e ai neo diplomati delle scuole di specializzazione in psicoterapia CBT, che sono i bersagli preferiti delle campagne di promozione/intimidazione. Lo stesso va detto per gli insegnanti: non serve nessun patentino per insegnare una metodica piuttosto che un’altra all’interno dei luoghi deputati all’insegnamento, facoltà, dipartimenti o scuole di specializzazione: serve averne la competenza documentata dal curriculum scientifico e professionale (e chi scrive cose non veritiere può incorrere in una denuncia per falso). Ricordiamo, ancora una volta, che gli insegnamenti, i perfezionamenti e gli aggiornamenti di tecniche psicoterapeutiche sono destinati esclusivamente a psicoterapeuti attivi o in formazione.

 

Consulta delle Scuole Italiane di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
Sede Legale: Via E. De Amicis, 5 – 35123 Padova
Mail: [email protected]
C.F. 92270390286

 


Cos’è la Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale

* La Consulta è una sede di coordinamento tra Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e ha l’obiettivo di diffondere in Italia la conoscenza di questo orientamento terapeutico.

Al momento della pubblicazione di questo articolo il Consiglio Direttivo della Consulta è composto da:

Paolo Michielin (Presidente)
Gabriele Melli
Paolo Moderato
Giuseppe Romano
Giovanni Maria Ruggiero,
Carla Maria Vandoni
Cecilia Volpi

Si parla di:
Categorie
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Eletta nuova consulta delle scuole CBT - 1
Eletta la nuova Consulta delle Scuole CBT

La Consulta ha l’obiettivo di diffondere la conoscenza della CBT, una terapia che al momento vanta i migliori dati di efficacia per diversi disturbi emotivi

ARTICOLI CORRELATI
WordPress Ads
cancel