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Perché notiamo più rapidamente una voce aggressiva rispetto ad una normale o felice?

La rabbia può essere un segnale di minaccia potenziale, per questo motivo i nostri sensi promuovono un'elaborazione cerebrale dello stimolo.

Di Erica Benedetto

Pubblicato il 19 Dic. 2018

Aggiornato il 08 Mag. 2019 10:01

Cosa succede al nostro cervello di fronte a un segnale minaccioso, come per esempio un’espressione di rabbia o una voce aggressiva? L’Università di Ginevra ha pubblicato una ricerca riguardante l’attività cerebrale durante il processamento di diversi stimoli vocali emotivi.

 

I risultati di tale studio evidenziano un meccanismo che ci permette di notare più rapidamente una voce che percepiamo minacciosa rispetto ad una voce considerata normale o felice. La nostra attenzione è, pertanto, più focalizzata su voci minacciose in modo da permetterci di riconoscere chiaramente la provenienza della minaccia potenziale.

Vista e udito sono due dei principali sensi che ci permettono di interagire con l’ambiente. Ma cosa succede nel cervello quando si percepisce uno stimolo minaccioso, come distinguiamo una voce aggressiva dal resto del rumore che ci circonda? Come viene processata l’informazione nel cervello?

Per rispondere a queste domande, i ricercatori dell’Università di Ginevra hanno analizzato l’attività cerebrale durante il processamento delle diverse voci.

Cosa hanno scoperto i ricercatori dell’Università di Ginevra?

Secondo quanto emerso dal presente studio, il nostro cervello sfrutterebbe le sue risorse quando percepisce un pericolo per attivare un comportamento adeguato per la sopravvivenza. Vista e udito sono, quindi, i sensi che permettono agli esseri umani di individuare situazioni minacciose.

Nonostante la vista sia fondamentale, non ci permette tuttavia una copertura a 360 gradi dello spazio circostante, a differenza dell’udito. È questo il motivo per cui i ricercatori si sono interessati a capire quanto velocemente la nostra attenzione risponde alle diverse intonazioni delle voci intorno a noi e come il nostro cervello affronta le diverse situazioni potenzialmente pericolose.

Per esaminare le risposte cerebrali alle minacce relative all’ambiente uditivo, i ricercatori hanno presentato 22 brevi suoni (600 millisecondi) consistenti in voci umane neutrali, arrabbiate o gioiose. Utilizzando due altoparlanti, questi suoni sono stati presentati a 35 partecipanti mentre un elettroencefalogramma misurava l’attività elettrica del cervello. Più nello specifico, i ricercatori si sono focalizzati sulle componenti elettrofisiologiche correlate al processamento uditivo-attentivo. Ogni partecipante ha ascoltato due suoni simultaneamente: due voci neutrali, una neutrale e una arrabbiata, infine una neutrale e una felice. Quando i partecipanti percepivano rabbia o gioia, dovevano rispondere premendo una chiave su una tastiera il più accuratamente e rapidamente possibile. I ricercatori hanno poi misurato l’intensità dell’attività cerebrale quando l’attenzione era focalizzata sui diversi suoni, come anche la durata di tale attenzione prima di un ritorno allo stato di base.

Attraverso i dati ottenuti dall’encefalogramma, è stato poi esaminato uno specifico marker cerebrale dell’attenzione uditiva chiamato N2ac. Ciò che è emerso è che, quando il cervello percepisce un suono con intonazione emotiva, l’attività N2ac viene attivata dopo 200 millisecondi. Ma, quando il cervello percepisce rabbia, l’attività N2ac è amplificata e dura più a lungo. Questo non succede nel caso dei suoni con intonazione vocale felice. Di conseguenza, dopo 400 millisecondi, la nostra attenzione deve disimpegnarsi dallo stimolo vocale emotivo. A questo punto, interviene un altro marker cerebrale dell’attenzione uditiva, chiamato LPCpc. Anche in questo caso, l’attività del LPCpc è più forte per le voci aggressive rispetto a quelle felici.

Ma perché? La rabbia può essere un segnale per una minaccia potenziale, per questo motivo il cervello analizza questa tipologia di stimoli per un tempo più lungo. Nell’ambiente uditivo, questo meccanismo ci permette di non allarmaci al più piccolo segnale potenzialmente minaccioso o, al contrario, di adottare il comportamento più appropriato in caso di pericolo. Quei millisecondi extra di attenzione sono, pertanto, cruciali per un’interpretazione accurata di una minaccia in un ambiente uditivo complesso.

In conclusione, questo studio ha dimostrato per la prima volta che in poche centinaia di millisecondi, il nostro cervello diventa sensibile alla presenza di voci aggressive. Questa rapida individuazione della fonte della minaccia potenziale in un ambiente complesso è essenziale nelle situazioni critiche e, soprattutto, gioca un ruolo fondamentale per la nostra sopravvivenza.

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