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Efficacia degli antidepressivi: le aspettative del paziente influenzano il trattamento?

Uno studio ha dimostrato come le informazioni mediche sugli effetti degli antidepressivi possano influenzare gli esiti del trattamento.

Di Carmen Campana

Pubblicato il 17 Ott. 2017

Aggiornato il 03 Ott. 2018 10:09

I farmaci inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRIs) costituiscono il trattamento farmacologico più comune per patologie come la depressione (Bschor & Kilarski, 2016; Khan & Brown, 2015) e l’ansia (Roest, et al., 2015; Sugarman, et al., 2014). Nonostante ciò, è in corso un dibattito tra clinici e ricercatori su quanto l’efficacia di tali farmaci sia reale o influenzata dalle aspettative del paziente sul trattamento stesso (Moncrieff, et al., 2004).

 

Le aspettative del paziente influenzano l’efficacia degli SSRI?

Rispetto a questo tema, recentemente è stato pubblicato su EBioMedicine uno studio dei ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Uppsala. Essi si erano posti l’obiettivo di indagare come le aspettative indotte verbalmente nel paziente, attraverso le prescrizioni mediche, influenzassero l’efficacia degli SSRI in soggetti con disturbo d’ansia sociale. In letteratura erano già presenti ricerche simili (Faria, et al., 2012; Faria, et al., 2014), però nessuna aveva misurato e manipolato sperimentalmente le aspettative del paziente sull’esito terapeutico.

Per testare quest’ipotesi specifica, tutti i pazienti con ansia sociale sono stati trattati con la stessa dose di escitalopam per nove settimane. Un gruppo è stato informato correttamente sull’efficacia del farmaco, l’altro invece credeva di essere trattato con un farmaco definito “placebo attivo” con effetti collaterali simili agli SSRI ma senza miglioramento clinico. Sebbene il trattamento farmacologico fosse identico nei due gruppi, i risultati mostravano il triplo dei miglioramenti in pazienti correttamente a conoscenza dell’efficacia del farmaco che avevano assunto.

Inoltre, attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI), era emerso che l’attività cerebrale in risposta agli SSRI era differente nei due gruppi a livello della corteccia cingolata posteriore e della sua connessione con l’amigdala, area fortemente coinvolta nelle risposte di paura e ansia.

Questi dati dimostrano l’importanza della comunicazione tra medico e paziente, sottolineando l’influenza delle informazioni verbali sugli effetti ansiolitici degli SSRI e la relativa attività cerebrale. Ciò non significa screditare le proprietà terapeutiche degli SSRI, ma attribuire pari importanza al trattamento e alla modalità di presentazione dello stesso.

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