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Il Disturbo dello Spettro autistico nel passaggio fra DSM-IV e DSM-5: cambiamenti e implicazioni

Nel passaggio dal DSM-IV al DSM-5 sono emersi dei cambiamenti rispetto alla definizione dei disturbi dello spettro autistico e questo ha delle implicazioni.

Di Valentina Spagni, Guest

Pubblicato il 31 Gen. 2017

Aggiornato il 30 Set. 2019 15:19

Con il DSM-5, pubblicato nel maggio 2013, sono state introdotte diverse modifiche nei criteri utilizzati per diagnosticare i Disturbi dello Spettro Autistico. Tali modifiche incidono sul processo diagnostico, terapeutico e sulla permanenza nella categoria di soggetti già diagnosticati con il DSM-IV.

Valentina Spagni, Michela Zaninelli, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI BOLZANO

 

 

I principali cambiamenti nella diagnosi dei Disturbi dello spettro autistico

Come prima cosa è stata cambiata l’etichetta diagnostica da Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (DPS) del DSM-IV in Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) e questa nuova categoria è stata inserita nei Disturbi del Neurosviluppo. La diagnosi di disturbi dello spettro autistico è diventata unica, e tutti i sottotipi che prima erano presenti nel DSM-IV (Sindrome di Asperger, Disturbo disintegrativo dell’infanzia e Disturbo Pervasivo della Sviluppo Non Altrimenti Specificato) sono stati eliminati.

Rispetto alla diagnosi, ora i domini considerati sono solo due e non tre: «Deficit Socio-Comunicativi» (criterio A) e «Interessi Ristretti e Comportamenti Ripetitivi (RRB)» (criterio B). La prima area comprende tre criteri che devono essere tutti soddisfatti per ottenere la diagnosi, mentre per la seconda è richiesto che ne siano presenti almeno due su quattro, dando così molto più peso all’area degli RRB. Essendo necessaria la compresenza di due criteri nel criterio B, viene eliminata la possibilità di effettuare la diagnosi di DPS NAS presente nel DSM-IV. Nel nuovo manuale, viene inoltre specificato che il disturbo è presente precocemente ma può pienamente manifestarsi in diverse età a seconda delle richieste sociali (criterio C). Infine, la diagnosi di disturbi dello spettro autistico è accompagnata dall’indicazione del livello di gravità dei sintomi (criterio D) in base al quale è possibile identificare il soggetto come bisognoso di aiuto in modo molto significativo, significativo o modesto (Santocchi e Muratori, 2012).

 

Diagnosi differenziale

Il DSM-5 affronta anche il tema dei confini fra autismo e altri disturbi socio-comunicativi. Nel nuovo manuale, la diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico richiede la compresenza del disturbo socio-comunicativo (criterio A) e degli interessi ristretti e comportamenti stereotipati (criterio B).

Infatti, in presenza del solo criterio A, non si avrà più una diagnosi di disturbi dello spettro autistico. Per comprendere questi casi, in cui il disturbo socio-comunicativo non è associato al criterio B, il DSM-5 ha introdotto una nuova diagnosi che non era presente nel DSM-IV: il Disturbo Socio – Comunicativo. Questa diagnosi può apparire simile a quella di autismo, in quanto anche gli individui con tale disturbo manifestano difficoltà negli aspetti “pragmatici” del linguaggio e nella comunicazione verbale e non-verbale. In particolare tale diagnosi potrà essere fatta quando saranno presenti i seguenti criteri: «disturbi della pragmatica che limitano la reciprocità e le relazioni sociali», e «difficoltà nella acquisizione del linguaggio parlato, scritto o gestuale a scopo narrativo o convenzionale».
La presenza di comportamenti ristretti e stereotipati (criterio B) diventa quindi cruciale per stabilire la differenza fra disturbi dello spettro autistico e Disturbo Socio-Comunicativo.

Infine, il DSM-5 presenta un’ulteriore novità: se un bambino con Disturbo dello Spettro Autistico presenta anche i sintomi di un altro disturbo, è possibile diagnosticare a quel bambino due o più disturbi, ad esempio ASD + ADHD. Questa procedura non era prevista dal DSM-IV, per il quale era necessario individuare e diagnosticare soltanto il disturbo prevalente.

 

Implicazioni cliniche

Grazie alle novità introdotte dal DSM-5, e in particolare all’eliminazione dei sottotipi presenti nel DSM-IV (Sindrome di Asperger, Disturbo disintegrativo dell’infanzia e DPS NAS), il processo diagnostico sarà più semplice, in quanto i clinici non dovranno più spendere troppe risorse (anche in termini di tempo) per individuare i suddetti sottotipi.
Grazie alla maggiore snellezza del processo diagnostico, i bambini potranno entrare in trattamento in tempi più brevi.

Esiste poi un ulteriore motivo a sostegno dell’eliminazione dei sottotipi: è ormai appurato che le strategie e gli obiettivi di trattamento non devono basarsi su un’etichetta diagnostica, quale era quella dei sottotipi, ma devono essere pianificati sulla base del profilo individuale e sui punti di forza e di debolezza del bambino. Le linee-guida del DSM-5 invitano infatti ad utilizzare un approccio diagnostico più descrittivo, indicando le caratteristiche cliniche rilevanti, il livello di gravità dei sintomi e le abilità cognitive e verbali associate. Perciò, ad esempio, invece di una diagnosi di Asperger, per un bambino potrebbe essere formulata una diagnosi di «Disturbo dello Spettro Autistico con buone abilità linguistiche e intelligenza elevata, richiedente supporto per la comunicazione sociale e richiedente molto supporto per i suoi comportamenti ristretti e stereotipati» (Vivanti et al., 2013).

Al momento, non è ancora chiaro se i nuovi criteri del DSM-5 possano comportare un aumento o una diminuzione delle diagnosi di disturbi dello spettro autistico, con le ovvie conseguenze sull’accesso ai trattamenti e ai servizi relativi.

A tal fine sono stati effettuati alcuni studi per verificare la specificità e la sensibilità rispetto ai criteri del DSM-IV e verificare i livelli di permanenza dei soggetti nella categoria diagnostica precedentemente attribuita, di cui si presenta di seguito una breve rassegna.

 

Ricerche sugli effetti del passaggio tra DSM-IV e DSM-5

Vari studi sono stati già effettuati al fine di verificare gli effetti delle modifiche introdotte dal DSM -5 ai fini delle categorie diagnostiche. Mc Partland e collaboratori (Mc Partland, Reichow e Volkmar, 2012) utilizzando i nuovi criteri hanno verificato che il 60.6% dei casi con diagnosi clinica di DPS soddisfacevano i nuovi criteri DSM-5. In particolare il 94.9% dei soggetti non DPS erano esclusi dallo spettro ma la sensibilità variava a seconda del sottogruppo diagnostico. La sensibilità infatti, era più alta per il Disturbo Autistico (76%) rispetto al Disturbo di Asperger (25%) e al DPS NAS (28%) e variava anche a seconda del livello cognitivo (70% nei casi con QI < 70 vs 46% nei casi con QI ≥ 70). Dai dati emerge quindi come i criteri DSM-5 si mostrino più specifici ma meno sensibili, e potrebbero quindi modificare la composizione del gruppo ASD escludendo una sostanziale parte di individui ad alto funzionamento o con DPS diverso dal Disturbo Autistico. Anche Mattila e collaboratori (Mattila, Kielinen, Linna, Jussila, Ebeling, Bloigu, Joseph e Moilanen, 2011) hanno evidenziato come i nuovi criteri siano meno accurati per l’identificazione del Disturbo di Asperger o soggetti autistici cognitivamente abili.

Anche altre ricerche hanno riscontrato che usando i criteri del DSM-5 uscirebbero dalla diagnosi di disturbi dello spettro autistico una percentuale minore di casi, ma pur sempre significativa: del 32% in Worley e Matson (2012), 12% in Frazier et al. (2012), 9% in Huerta et al. (2012), 7% in Mazefsky et al. (2013), 37% in Taheri e Perry (2012), 22% in Wilson et al. (2013) e 23% in Gibbs et al. (2012).

 

Lo studio

Anche nel nostro studio abbiamo messo a confronto i criteri utilizzati dal DSM-IV e, rispettivamente, dal DSM-5, su un gruppo di soggetti autistici seguiti dal Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione (Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università degli Studi di Trento).
Il gruppo in oggetto è composto in totale da 135 soggetti diagnosticati con DSM-IV suddivisi in 82 soggetti con Disturbo Autistico, 24 con Disturbo di Asperger e 29 con Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato.

Per effettuare le diagnosi oltre all’osservazione del clinico sono stati utilizzati i test ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) e ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised).
Per ogni soggetto sono stati presi in considerazione i dati in cartella per verificare se i sintomi presenti sarebbero stati sufficienti per soddisfare anche i criteri del DSM-5.

Risultati

tabella

 

Osservando la Tabella 1, si nota innanzitutto che nel passaggio tra DSM-IV e DSM-5, 33 soggetti (il 24.4% del totale) vengono esclusi dalla diagnosi di disturbi dello spettro autistico. Gli altri 102 soggetti (il 75.6% del totale) permangono invece nella diagnosi di disturbi dello spettro autistico anche con i nuovi criteri del DSM-5.

Nello specifico, la Tabella 1 evidenzia che, applicando il nuovo manuale:
● tra gli 82 soggetti del gruppo che presentavano una diagnosi di Autismo, 7 soggetti (l’8.5 %) non rientrano più nel disturbo;
● tra i 24 Asperger, 4 di loro (il 16.7%) perdono la diagnosi;
● su 29 soggetti DPS NAS, ben 22 di loro (il 75.9%) non rientrano più nei criteri per diagnosticare un ASD. Quest’ultimo è quindi un dato particolarmente significativo, che indica come la categoria che più risente del passaggio tra DSM-IV e DSM-5 sia quella dei NAS, per la maggior parte dei quali non vi è la conferma della diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico.

Analizzando i criteri diagnostici assunti dal DSM-5 per ognuna delle categorie di disturbo, emerge come il più selettivo dei nuovi criteri sia il criterio B: infatti, fra i 33 soggetti esclusi dalla diagnosi dal DSM-5, in tutti gli autistici, in tutti gli Asperger e in quasi tutti i NAS il criterio A risulta sempre soddisfatto, al contrario del criterio B, che risulta invece determinante per la mancata conferma del disturbo.

Ne consegue che i risultati della ricerca condotta presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento sembrano essere in linea con le conclusioni degli studi descritti in letteratura (come sopra sintetizzati), nel senso che i criteri DSM-5 sembrano presentare una specificità maggiore rispetto al DSM-IV, ma una più bassa sensibilità, che porta ad escludere dalla diagnosi soprattutto i soggetti con Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato.

 

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