Scrivo per chiedervi qual è la vostra opinione in merito all’assistenza sessuale per disabili. L’appagamento degli impulsi sessuali può essere considerato un bisogno primario? Se si, in quali casi si può parlare di necessità e diritto all’assistenza?
Car* Anto,
l’appagamento dei bisogni sessuali è una delle tappe fondamentali nel percorso di raggiungimento del benessere psicofisico ed emotivo e può, quindi, figurare tra i bisogni primari (come affermato da A. Maslow nel 1954). Tuttavia, spesso questo non è preso in considerazione dalle realtà che si prendono cura di persone con disabilità, promuovendo un’idea di disabilità come una caratteristica che preclude alla persona la percezione di impulsi e desideri sessuo-affettivi.
Negli ultimi anni (anche) in Italia si è cominciato a guardare all’importanza rivestita dalla sfera sessuo-amorosa nella vita della persona disabile, analizzando i problemi che impediscono alle persone con disabilità fisico-motorie e/o psichico-cognitive di raggiungere uno sviluppo sessuale ed emotivo sano. Vivere difficoltà ed esigenze connesse con una particolare storia autobiografica o con un corpo più lontano dal modello estetico proposto senza avere gli strumenti adeguati genera spesso uno stato di sofferenza e disagio personale (e talvolta famigliare).
Come un affamato davanti a del cibo che non può mangiare, la persona si trova spesso a percepire intensi stimoli che non riesce a soddisfare autonomamente e talvolta a comprendere. Ed è qui che emerge la necessità di un percorso di educazione sessuo-affettiva. Il supporto da parte di operatori qualificati e adeguatamente formati (dal punto di vista psicologico, sessuologico e medico) può essere opportuno in tutti quei casi in cui la persona non disponga degli strumenti necessari per gestire e rispondere adeguatamente ai propri impulsi fisiologici.
Gli assistenti sessuali aiutano le persone in stato di ridotta autosufficienza e/o con conformazioni somatiche particolari a vivere esperienze sessuali e sperimentare una più consapevole percezione del proprio corpo, offrendo loro un supporto nel vivere e nel gestire la propria emotività e la sessualità. Avendo nuove prospettive e provando esperienze altrimenti difficili da sperimentare, sarà anche possibile ridurre il disagio e l’imbarazzo vissuto (e altrimenti goffamente gestito).
Sebbene le modalità ed i limiti attraverso cui gli operatori lavorano siano previsti dal disegno di legge del Paese di riferimento, emerge comunque l’estrema delicatezza con cui è opportuno gestire i confini all’interno del rapporto tra operatore e utente, soprattutto in vista del possibile sviluppo di un rapporto di dipendenza o di una confusa percezione di sentimenti romantici verso l’assistente.
Irene Lisa Gargano
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La rubrica fluIDsex è un progetto della Sigmund Freud University Milano.