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I pattern cerebrali posso predire la velocità di apprendimento di una nuova lingua

Uno studio ha indagato la relazione tra l’attività a riposo del cervello e la predisposizione ad acquisire una lingua straniera.

Di Claudio Nuzzo

Pubblicato il 31 Mag. 2016

Secondo una recente ricerca, pubblicata su Brain and Language e condotta all’Università di Washington, registrando per 5 minuti l’attività cerebrale a riposo per mezzo dell’elettroencefalogramma (EEG) è possibile predire quanto velocemente un adulto possa imparare una seconda lingua.

 

Introduzione

Lo studio è stato finanziato dal U.S. Office of Naval Research, che ha fondato il programma chiamato Operational Language and Cultural Training System (OLCTS), nel tentativo di rendere il personale militare capace di comunicare in una lingua straniera dopo appena 20 ore di lezione.
Per capire come è stato possibile rintracciare questa correlazione, è bene spiegare prima la metodologia impiegata dai ricercatori.

Avvalendosi dell’analisi quantitativa dell’elettroencefalogramma (qEE), è possibile convertire la registrazione elettrofisiologica dal dominio del tempo (time domain) al dominio delle frequenze (frequency domain). Così facendo, si ottengono delle bande di frequenza, corrispondenti all’attività cerebrale cognitivamente rilevante per il compito che prendiamo in esame. Sebbene sia chiaro che le differenti bande partecipano alle funzioni di un unico network cerebrale, il ruolo di ognuna all’interno di un complesso compito cognitivo (ad es., esprimersi in una lingua straniera) rimane un’area di ricerca aperta. Riguardo i compiti linguistici, alcuni studi hanno evidenziato il ruolo del ritmo della banda beta (13-30 Hz) e della banda theta (4-8 Hz); ciò non stupisce se si comprende che entrambe le bande sono implicate nella codifica e nel recupero mnestico.

 

Lo studio

Scopo di questo studio era quindi indagare la relazione tra l’attività a riposo del cervello, evidenziata dalle bande di frequenza dell’EEG, e la predisposizione ad acquisire più o meno velocemente una lingua straniera.

L’esperimento in questione ha coinvolto 19 adulti con età compresa tra 18 e 31 anni, senza alcuna precedente nozione di lingua francese, e prevedeva che essi sedessero con gli occhi chiusi e venisse registrata per 5 minuti l’attività cerebrale a riposo per mezzo di una cuffia EEG. Precedenti ricerche, infatti, avevano rintracciato come l’efficienza e la sincronizzazione cerebrale fossero caratteristiche stabili presenti nei soggetti più dotati nell’acquisire nuove lingue; gli indici qEEG sono infatti altamente ereditabili e predittivi della performance ad una grande varietà di test cognitivi. Sulla base di tali premesse, i soggetti partecipavano ad un corso virtuale ed intensivo di francese di 30 minuti a seduta erogato due volte la settimana presso il laboratorio dell’università, per un periodo complessivo di 8 settimane.

Esso si componeva di una serie di scene e storie in aggiunta ad un software di riconoscimento vocale in grado di correggere la pronuncia del soggetto. Per assicurarsi che i partecipanti mantenessero l’attenzione sul corso, i ricercatori impiegavano dei quiz tra una lezione e l’altra, che permettevano al soggetto di accedere alla lezione successiva a patto di aver totalizzato un determinato punteggio al test precedente. Al termine delle 8 settimane, ogni soggetto svolgeva una verifica sulla base delle lezioni completate.

L’articolo prosegue dopo il video:

I risultati

Le registrazioni EEG hanno rivelato che i pattern di attività cerebrale correlati ai processi linguistici erano fortemente relati al ritmo di apprendimento dei partecipanti. Tuttavia la predisposizione ad acquisire una nuova lingua non è così indispensabile, afferma la dott.ssa Chantel Prat, ricercatrice presso l’Institute of Learning & Brain Sciences. Infatti, la varianza spiegata dall’attività cerebrale risultava pari al 60%, valore che lascia perfettamente spazio ai fattori ambientali, modificabili dall’individuo stesso.

Per tale motivo, variabili come la motivazione dell’individuo risultano determinanti nell’acquisire una nuova lingua. In aggiunta, Prat sottolinea che l’attività a riposo del cervello è influenzabile da svariati training di neurofeedback – i cui effetti sono oggi oggetto di studio presso il laboratorio dell’Università di Washington. Infatti, ad oggi la specificità di tali training sulle capacità di apprendimento linguistico è bassa; l’obiettivo del team della dott.ssa Prat è quindi indagare quelle differenze individuali che maggiormente influenzano l’apprendimento di una nuova lingua, al fine di sviluppare training più efficaci.

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